Ucraina, Grecia, Libia, e ora (di nuovo) i Balcani. L’Europa non è mai stata così divisa da quando è unita

Di Rodolfo Casadei
23 Febbraio 2015
La crisi ucraina, la Grecia a rischio default, la Spagna e la Gran Bretagna. L’immigrazione scaricata sulle spalle dell’Italia e il Califfato alle porte. Tutte i dossier che rischiano di mandare l'Europa in cocci

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Non per menar gramo, ma la prima grande espansione islamica fuori dalla penisola arabica, quella che ebbe luogo fra il 632 e il 661, fu resa possibile da una congiuntura storica molto particolare: la crisi contemporanea dei due grandi imperi dell’area, quello bizantino e quello persiano, esausti dopo un secolo di guerre combattute fra di loro. I fino ad allora militarmente insignificanti predoni beduini divennero un’armata di conquistatori inarrestabili grazie al combinato disposto della loro integrazione politica, religiosa e militare nell’islam e del dissanguamento finanziario e militare di persiani e bizantini. Vedere oggi la Nato e la Russia agitarsi sul ciglio del burrone ucraino, esposte alla mossa falsa che potrebbe trascinarle in una guerra rovinosa, mentre sull’altra sponda del Mediterraneo appaiono le prime bandiere nere fedeli al Califfato proclamato otto mesi fa in Iraq, qualche brivido lo fa venire. Sembra la ripetizione della coincidenza storica che quattordici secoli fa favorì l’ascesa del Califfato, quello vero. Sembra.

ucraina-putin-merkel-hollande-shutterstock_224224402Il logoramento reciproco fra imperi stanchi che apre le porte all’imprevisto storico di un nuovo sistema politico, religioso e militare barbaro – a quel tempo la barbarie fu solo iniziale, seguì una fiorente civiltà; cosa succederebbe oggi è meglio non pensarci – può essere un’illusione ottica o una suggestione giornalistica. Invece l’ennesima dinamica di dis-integrazione europea che l’azzardo ucraino ha messo in moto è un’evidenza sotto gli occhi di tutti. Non è colpa della Mogherini o di Donald Tusk se le massime cariche dell’Unione Europea sono state completamente ignorate da Angela Merkel quando settimana scorsa la cancelliera tedesca ha preso in mano le redini della gestione della crisi ucraina e ha incontrato gli attori decisivi del conflitto a Kiev, Mosca e Washington, condizione inevitabile di una mediazione che portasse al cessate il fuoco. Per salvare le apparenze di una certa qual solidarietà e leadership collettiva europea si è portata dietro (a Mosca ma non a Washington) François Hollande, imbarazzato nel ruolo della spalla francese del primattore tedesco. Ma stavolta nessuno può accusare la Germania di arroganza: solo il paese guida dell’Unione poteva prendere l’iniziativa, perché a Bruxelles non c’è affatto unanimità sulla linea da seguire.

Tutti e 28 i paesi a suo tempo incoraggiarono l’accordo di associazione con l’Ucraina e ignorarono i mal di pancia russi. Ma adesso che l’accordo è firmato ed è già costato la secessione di una regione (la Crimea), un’insurrezione separatista in altre due (il Donbass) e il coinvolgimento delle forze armate russe nella crisi, l’Unione Europea si spacca come una mela sul da farsi. Si ripropone, con pochi cambiamenti di allineamento, il dualismo fra paesi della Vecchia Europa e paesi della Nuova Europa che tormentò l’Unione al tempo dell’intervento anglo-americano in Iraq. Ci sono i falchi che vorrebbero armare l’esercito ucraino e magari inviare reparti Nato sul posto per fermare quella che definiscono un’aggressione russa; e ci sono le colombe che vorrebbero fare concessioni alla Russia per mettere fine alla crisi il prima possibile. Nel primo elenco compaiono Polonia, i tre paesi baltici, Finlandia, Svezia, Norvegia (che non è Ue ma è Nato), Danimarca, Olanda, Regno Unito e Romania; nel secondo Germania, Francia, Italia, Spagna, Ungheria, Austria, Slovacchia, Repubblica Ceca, Grecia, Cipro e Bulgaria.

vertice-nato-ucraina-merkel-obama-hollande-renzi-shutterstock_216141940Il giochetto di russi e americani
Dividere gli europei e giocarli gli uni contro gli altri è sempre stato lo sport preferito di americani e russi (e sovietici prima di loro); Washington e Mosca amano l’Europa unita solo nella misura in cui quell’unità può essere usata per relativizzare la potenza del rispettivo avversario egemonico. Ma al di là delle logiche delle superpotenze (o ex superpotenze) c’è il dato di fatto che la crisi ucraina ha rivelato una linea di faglia obiettiva all’interno dell’Unione Europea per quanto riguarda i rapporti con la Russia: per le grandi economie dell’Europa centro-occidentale (Germania, Francia, Italia, Spagna) Mosca rappresenta una grande opportunità di sviluppo economico nell’ottica dello scambio energia-prodotti industriali finiti, e di riequilibrio strategico del rapporto di dipendenza dagli Stati Uniti; per Polonia, Finlandia, paesi baltici, Ucraina e Romania, invece, la Russia semplicemente non dovrebbe esistere come centro politico e militare, perché questa sarebbe l’unica vera garanzia di esistenza duratura dei loro paesi nella forma dello Stato nazione indipendente. Che governino gli zar, i bolscevichi oppure Putin, non cambia nulla: per loro la Russia è il paese che prima o poi cercherà di espandere la propria schiacciante influenza o i propri confini dentro ai loro territori. La Storia è lì a giustificare questa convinzione.

Il dramma dell’Unione Europa è che la dinamica di disintegrazione messa in moto dalla questione del rapporto con la Russia va ad aggiungersi ad altre dinamiche di disintegrazione che potrebbero toccare il loro acme tutte nel corso del 2015: la disintegrazione finanziaria (vedi la Grecia a rischio di default e di uscita dall’euro), la disintegrazione politica (vedi l’indizione di un referendum per l’uscita del Regno Unito da Bruxelles nel 2017 se il governo conservatore uscente di David Cameron vincerà le elezioni politiche quest’anno) e la disintegrazione militare (vedi l’uscita della Spagna dalla Nato se Podemos vincerà le elezioni del prossimo novembre). Gli ottimisti dichiarano che, anche nella peggiore delle ipotesi (cioè il contemporaneo avverarsi di Grexit, preludio del Brexit e vittoria di Podemos in Spagna), il nucleo restante di Unione Europea uscirebbe rafforzato dalla cura di dimagrimento, perché «risulterebbe meno arduo porre in essere politiche comuni», come ha scritto Giuseppe Sacco su Limes dell’ottobre scorso. Ma con la svalutazione dello yuan cinese alle porte, il braccio di ferro con Mosca in corso, l’Isis affacciato sulla sponda sud del Mediterraneo è molto più facile che disintegrazione produca altra disintegrazione.

tsipras-shutterstock_245710222Tsipras non ha minacciato l’uscita della Grecia dalla Nato come fa Pablo Iglesias in Spagna, ma il primo ambasciatore straniero che ha incontrato dopo la vittoria elettorale è stato quello russo, ha manifestato la contrarietà greca a nuove sanzioni contro Mosca (e il voto contrario di Atene corrisponderebbe a un veto) e il suo ministro degli Esteri è volato nella capitale russa per farsi fotografare con Lavrov, mentre quello della Difesa (Panos Kammenos, il leader della destra nella coalizione rosso-nera) spiega che la Grecia, snobbata da Bruxelles, può ancora scegliere se chiedere prestiti agli Usa, alla Russia o alla Cina.

L’afflusso di immigrati clandestini attraverso il Mediterraneo non è mai stato un argomento che abbia favorito l’integrazione europea, anzi: l’Italia e Bruxelles da sempre tirano a fregarsi, la seconda trattando il fenomeno come un affare principalmente italiano in ragione del dettato della convenzione di Dublino, la prima lasciando passare sul suo territorio senza controlli centinaia di migliaia di stranieri che hanno per meta finale non il Belpaese ma le aree nordiche. Il peggioramento della situazione in Libia non farà che acuire le tensioni, gli appelli alla solidarietà continentale di fronte alla minaccia del consolidamento delle posizioni dello Stato islamico sulle coste libiche gioveranno a poco. Minaccia che in realtà è sbarcata da tempo sul suolo europeo. Non solo sotto forma di terroristi isolati che colpiscono dalla Francia alla Danimarca (più quelli coinvolti negli attacchi sventati in una mezza dozzina di paesi), ma di controllo del territorio: è di dieci giorni fa la notizia delle bandiere dell’Isis issate sopra le case del villaggio di Gornja Maoca, nel nord-est della Bosnia.

Bosnia significa Balcani. Ed è qui – e non nella regione dei paesi baltici, come tanti, compresa la Nato, pronosticano – che dobbiamo aspettarci l’avvio di nuovi processi di disintegrazione favoriti dalla Russia per ritorsione all’accordo di associazione dell’Ucraina all’Unione Europea. Lo hanno capito bene i tedeschi, i più interessati all’integrazione dei Balcani nell’Unione. Ha spiegato Elmar Brock, l’europarlamentare della Cdu presidente della Commissione affari Esteri: «Lo scopo di Putin è di esercitare sugli stati balcanici una pressione sufficiente a farli rinunciare all’adesione a Bruxelles, oppure a far sì che, una volta membri, influenzino le risoluzioni europee in senso pro-russo».

Serbia, Bosnia e Montenegro, candidati all’accesso all’Unione, sono al centro delle attenzioni di Mosca che le corteggia con un misto di retorica panslavista, memoria storica antinazista e investimenti imprenditoriali e infrastrutturali. Questi ultimi significano che un terzo delle imprese del Montenegro è di proprietà di soggetti russi e che in Serbia l’ammodernamento del sistema ferroviario, la gestione delle stazioni di servizio del carburante per autoveicoli e le forniture di gas sono in mani russe. Ma soprattutto lo sono i cuori e le menti: nell’ottobre scorso a Belgrado le celebrazioni per la liberazione dall’occupazione nazista sono state anticipate di quattro giorni per farle coincidere con la visita di Stato di Vladimir Putin, il quale è stato insignito della più alta onorificenza dello stato. Tutto ciò all’indomani dell’annessione della Crimea alla Russia, che la Serbia ha formalmente condannato e per la quale approva il regime di sanzioni europee contro Mosca.

La pazienza strategica
Infine c’è il cavallo di Troia della Russia nell’Unione Europea: la Bulgaria. Il paese dipende da Mosca per l’85 per cento delle sue forniture di gas e per il totale di quelle di energia nucleare; la Lukoil possiede l’unica raffineria del paese e 300 mila russi hanno acquistato proprietà immobiliari nel paese negli ultimi anni. Se Sofia pone il veto, politiche energetiche europee volte a ridurre la dipendenza europea dal gas russo restano al palo.

Di fronte alle sfide attuali la politica promossa dalla Germania coincide con la «pazienza strategica» recentemente predicata da Obama: l’Europa deve convincere greci e britannici, spagnoli e balcanici, che l’integrazione europea resta la scelta migliore per difendere il loro interesse nazionale. E in Ucraina deve congelare il conflitto e puntare sullo sviluppo economico e istituzionale di Kiev per mostrare ai separatisti del Donbass che la loro scelta filo-russa è sbagliata. Resta il fatto che la crisi ucraina vede la responsabilità di Berlino in primo piano: sono stati i tedeschi, e non gli americani, ad accelerare il processo di associazione dell’Ucraina all’Unione, per potersi accaparrare quel mercato sottraendolo a Mosca. Ancora una volta l’egoismo nazionale tedesco ha danneggiato l’integrazione europea.

@RodolfoCasadei

Foto vertice Putin-Poroshenko, foto vertice Nato e foto Tsipras da Shutterstock

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33 commenti

  1. Leonardo

    Un eventuale abbandono del dollaro come moneta di riserva internazionale avrebbe conseguenze catastrofiche sull’economia statunitense, anzi minerebbe l’esistenza stessa dell’Unione, per cui gli USA sono impegnati a fermare con ogni mezzo (sanzioni, ritorsioni, guerra economica, fino ad arrivare a bombardamenti ed invasioni) tutti coloro che cercano di superare l’uso del dollaro (5). E’ questa la política che stanno portando avanti anche contro la Russia.
    La Russia, però non è l’iraq di Suddam Hussein o la Libia di Geddafi, paesi di pochi milioni di abitanti, che bombardati ed invasi sono stati prontamente sottomessi, o per essere più esatti gli USA ed i media occidentali presumono o diffondono l’idea di averli sottomessi.
    La Russia non è facile da sottomettere, anzi sta reagendo e Il tentativo degli occidentali (statunitensi ed europei) di isolare la Russia determinerà un boomerang, ossia alla fine a rimetterci saranno europei e statunitensi.
    La stipula di contratti commerciali in cui si utilizzano monete nazionali, l’estensione del Blue Stream alla Turchia, l’oleodotto che porterà gas ai paesi dell’Europa meridionale e dei balcani, l’aumento delle riserve in oro, evidentemente per sostenere la propia moneta e la riduzione dei titoli del debito USA in dollari dimostra che la Russia si sta allontanando sempre più dal dollaro.

    1. Raider

      Il complottista si getta dall’alto di un Piano un altro per sentirsi sospeso nell’aria fritta, con esercizi spericolati, del tipo:
      – la guerra in corso sarebbe unilaterale anche in un mondo multipolare, la mente bipolare dei complottisti mescola le cose quando non può confonderle deliberatamente e così, non è chiaro se a combattere siano solo gli americani e gli altri, russi cinesi arabi, stiano a guardare, visto che, per es., se l’Occidente fa tanto di interviene contro l’Isis in Libia, magari, per interposto Egitto, allora, no e guai agli occidentali: ma se – se e solo se – la Russia si allea con l’Egitto, allora, sì, va bene: e tutti cristianamente contro la ‘triade’, non solo contro gli U.S.A.;
      – non è chiaro ai complottisti chi ha vinto e chi ha perso in Iraq e neppure chi combatta colà: i ‘resistenti’ iracheni non si capisce né chi siano né al soldo di chi guerreggino;
      – l’Isis non è ‘resistente’ e non è Islam, ma gli islamici resistenti al governo iracheno non lo combattono: ma non fa niente, ai complottisti non interessa, l’importante è spargere fumo dall’alto delle moschee internettiane e chinati sempre verso La Mecca.
      Queste acrobazie ginnico-retoriche a tasto libero e meningi imbrigliate mostrano che il complottista e i suoi compari & compagni farebbero bene a tenere occupati i polpastrelli su ‘copia’ & ‘incolla’, lasciando che siano le loro fonti di rifornimento di paranoie, IRB e rete Voltaire – in attesa di una Rete Charlie Hebdo tutta per i complottisti e mistificatori -, Giulio Blondet e Maurizio Chiesa, chè, tanto, il risulato è lo stesso e falsare anche solo per il gusto e l’abitudine a falsare i propri nickname e spacciarsi per qualche altro, a queste personalità doppie vittime della sindrome paranoide non costa nulla – e comunque, prego, pagamento in oro, non in dollari, grazie.

  2. Reinvio_anche_qui

    Appassionante discorso di Victoria Shilova, membro del Consiglio Municipale di Dnepopetrovsk, di denuncia della guerra fratricida voluta da Poroshenko. Per questo discorso, dell’agosto 2014, la signora Shilova è attualmente sotto processo e rischia fino a 8 anni di reclusione.

    https://www.youtube.com/watch?v=e5yGsslfTXc

  3. Sascha

    @il Giurista
    Sono idee giusta ma bisogna ammettere una scomoda verità che tutti fingono di ignorare: anche la Russia si trova in Europa, fa parte della nostra civiltà, nel bene e nel male. Quindi non si può continuare ad escluderla dall’Ue. Inoltre l’Europa ha bisogno di materie prime oltre a gas e petrolio anche minerali e la Russia essendo ricca di ciò ci permetterebbe di emanciparci dalla dipendenza dal Medio Oriente.
    Si può immaginare un’integrazione costituita da più cerchi concentrici: un cerchio interno che l’Europa propriamente detta, Ue, Russia, Ucraina e gli altri stati europei. Uno più esterno costituito dalle civiltà cristiane situate fuori dall’Europa ma figlie della civiltà europea come le Americhe, Australia, Filippine, Stati africani cristiani. Infine un anello più esterno: l’Occidente, costituito dai paesi che pur non essendo stati cristianizzati ed europeizzati hanno assunto molti dei valori laici concepiti dalla civiltà eurocristiana come i diritti umani e la democrazia è che vogliono essere amici della civiltà Cristiana: Giappone, Corea, Israele, Tailandia, stati arabi laici eventualmente Turchia e India.
    Cina, Stato Islamico, Nordcorea, Iran e forse India dall’altra parte.

    1. giurista

      @Alpenjager

      Putin ha proposto aiuti alla Grecia, non credo per carità cristiana quanto per farne un suo satellite. La Russia vuole OGGI come ieri un’Europa non vincolata dall’alleanza militare( NATO) agli USA. Ma DOMANI un ‘Europa non protetta dalla NATO né dotata di un proprio apparato militare autonomo sarebbe sicuramente esposta ai rigurgiti panslavisti russi. Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio.

      @Sascha e Geppo

      LA POLITICA ESTERA NON SI FA CON LA RELIGIONE MA AVENDO IL COLTELLO DALLA PARTE DEL MANICO, fuor di metafora la politica estera si basa su rapporti di forza sul piano economico e militare. E’ sempre andata così. Le osservazioni di Sascha sono corrette. Il punto però è che la Merkel prima di decidere cosa fare con la Grecia ha aspettato i risultati elettorali di non so quale Lander. Detto in sintesi non abbiamo statisti che guardano a come il mondo sarà fra 50 anni ma politicanti che inseguono il consenso elettorale. Dici bene bene quando parli di divisioni sulle strategie energetiche e militari, ma il punto è proprio questo: l’egoismo miope di oggi ci porterà alla catastrofe domani. A che ci serve avere una costituzione europea che parli di radici giudaico-cristiane quando non appena facciamo un passo rischiamo di restare senza gas o senza petrolio? Come ci difendiamo senza un esercito? La Russia fa certamente parte della civiltà europea ma il punto non è questo. Il punto è che dobbiamo metterci nelle condizioni di poter parlare da pari a pari con le potenze mondiali e dobbiamo farlo con una voce sola. Il che implica avere statisti che governino i processi storici avendo di mira gli ostacoli concreti che abbiamo per raggiungere questo obiettivo.

  4. Sascha

    @il Giurista
    Sono idee giusta ma bisogna ammettere una scomoda verità che tutti fingono di ignorare: anche la Russia si trova in Europa, fa parte della nostra civiltà, nel bene e nel male. Quindi non si può continuare ad escluderla dall’Ue. Inoltre l’Europa ha bisogno di materie prime oltre a gas e petrolio anche minerali e la Russia essendo ricca di ciò ci permetterebbe di emanciparci dalla dipendenza dal Medio Oriente.
    Si può immaginare un’integrazione costituita da più cerchi concentrici: un cerchio interno che l’Europa propriamente detta, Ue, Russia, Ucraina e gli altri stati europei. Uno più esterno costituito dalle civiltà cristiane situate fuori dall’Europa ma figlie della civiltà europea come le Americhe, Australia, Filippine, Stati africani cristiani. Infine un anello più esterno: l’Occidente, costituito dai paesi che pur non essendo stati cristianizzati ed europeizzati hanno assunto molti dei valori laici concepiti dalla civiltà eurocristiana come i diritti umani e la democrazia è che vogliono essere amici della civiltà Cristiana: Giappone, Corea, Israele, Tailandia, stati arabi laici eventualmente Turchia e India.
    Cina, Stato Islamico, Nordcorea, Iran e forse India dall’altra parte.

  5. Alpenjäger

    @Giurista

    Scusa, ma la paura di essere colonizzati da qualcuno dei BRICS mentre siamo colonizzati da 70 anni dagli Stati Uniti, la cui politica è ed è sempre stata disseminare instabilità per il pianeta ai fini del suo dominio globale mi sembra non cogliere l’opportunità che l’Europa (ma sarebbe meglio dire la UE) ha ottusamente rigettato : l’alleanza con la Russia (che vede con favore un’Europa unita, diversa dall’attuale, non egemonizzata dagli Stati Uniti, ma sovrana. La politica dei BRICS sta emergendo come una politica multipolare, che lo si voglia o no, e che si contrappone alla “eccezionalità” di cui gli Stati Uniti si sono auto-investiti.

    1. giurista

      L’Europa è stata, come tutti sappiamo, spaccata in due a causa della guerra fredda. Quindi sicuramente siamo stati “colonizzati” da USA e URSS. La Russia tuttavia non vuole altro che quello che vogliono gli USA, cioè un’UE da controllare. Dalla crisi nell’ ex Jugoslavia in poi abbiamo sempre avuto gli stessi problemi:
      1)dipendenza energetica( petrolio nel caso di crisi mediorientali, gas oggi con l’Ucraina)
      2)dipendenza militare( NATO nel caso del Kosovo ed oggi per l’Ucraina, ONU nel caso dell’Afghanistan, USA nel caso dell’Iraq ).
      L’UE deve emanciparsi tanto dagli USA quanto dalla Russia e per farlo deve risolvere i due problemi strutturai che ha in fatto di politica estera( autonomia energetica e militare). Poi secondo le circostanze potremo trovare accordi con gli uni o con gli altri, ma avendo riguardo ai nostri interessi. Né la Russia né gli USA , né l’ONU , né la NATO sono affidabili. Abbiamo bisogno di muoverci uniti, poi sulle alleanze con USA o Russia o Cina etc..si vedrà secondo le nostre convenienze. Quindi multipolarismo è il futuro, molto probabilmente sì, ma la partita gli europei dovrebbero giocarla in modo autonomo risolvendo i profili di fragilità che hanno sul piano dell’azione geopolitica.

    2. giurista

      L’Europa è stata spaccata in due a causa della guerra fredda. Quindi siamo stati “colonizzati” da USA e URSS. La Russia vuole un’UE diversa, non soggiogata dagli USA? Certamente sì. Vuole un’UE sovrana? Assolutamente no. Il futuro , come dicevi tu, è multipolare e nessuno(Russia, USA, Cina etc..) vuole un polo europeo. Meno poli ci sono e meglio è…per loro! L’UE è terra di conquista per gli uni e per gli altri(vedasi l’offerta di aiuto di Putin alla Grecia ed i finanziamenti a partiti antieuropeisti come il Fronte Nazionale e la Lega). L’UE è in grande quello che l’Ucraina è in piccolo: terra di conquista!
      L’UE ha mostrato sempre gli sessi problemi quando sono scoppiate crisi internazionali:
      1) dipendenza energetica ( petrolio per le crisi mediorientali e gas oggi per l’Ucraina).
      2) dipendenza militare ( ONU al tempo dell’Afghanistan, NATO al tempo del Kossovo ed oggi in Ucraina, USA al tempo dell’Iraq).
      Quindi ( e rispondo anche a Geppo) la politica estera non si fa con la religione ma si fa avendo il coltello dalla parte del manico, cioè con l’autonomia energetico-militare.
      Un’alleanza con la Russia? La Russia è circondata. Ad ovest l’UE, a sud islam, India e Cina, ad est Canada USA e Giappone. rasserenare la Russia sul fronte occidentale in cambio di un aiuto in funzione anti-islamica ci tornerebbe sicuramente utile. In conclusione gli europei devono fare i propri interessi senza fare troppo affidamento su NESSUNO, né Russia né USA né ONU né NATO e per fare i propri interessi devono risolvere i problemi 1) e 2) detti sopra. Fatto questo potremo muoverci autonomamente senza farci dettare l’agenda internazionale da nessuno.

      1. Alpenjäger

        @Giurista

        Mi puoi indicare qualche evidenza oggettiva per cui la Russia dimostra non volere una Europa (non una UE, cosa assai diversa) sovrana ed in generale meno poli ?

      2. Sascha

        Finora l’unificazione europea si è sempre basata sul metodo che tu proponi: è un metodo che funziona bene finché c’è da guadagnare e tutto va bene quando poi si tratta di sacrificare i propri interessi ecco che tutto si blocca. Caso emblematico l’euro. Inoltre tu dici cose non scontate per esempio che tutti i paesi vogliano fare la stessa politica energetica oppure che paesi neutrali come l’Austria vogliano una politica militare.
        La mancanza dell’elemento spirituale, storico, culturale nella costruzione europea l’ha inaridita fino a trasformarne le istituzioni in un monstrum agli occhi degli europei. Alla Germania importa qualcosa della fine dei greci? No insiste sulle proprie posizioni ad oltranza per fare i propri interessi. Eppure costò molto alla RFT risollevare l’ex Ddr perché non fa altrettanto con la Grecia? Perché i greci non sono tedeschi e il fatto che siano la culla dell’Europa, un popolo di stirpe indoeuropea e cristiani non conta niente agli occhi dell’Europa proprio perché è stato deciso che tutto ciò non deve contare nulla. Intanto si elargiscono contributi agli agricoltori del Libano, si pagano gli stipendi ai palestinesi e si spende per formare gli avvocati in Tunisia, certo se siamo tutti uguali perché spendere per gli europei? In effetti mi chiedo perché l’Ue non si sia ancora fusa con l’ONU e insista a chiamarsi Unione Europea. Tra l’altro non si sa ancora che confini avrebbe questa unione (proprio perché si fonda su cose artificiali, i vantaggi strategici e il proprio tornaconto) la Turchia? La Georgia? L’Azerbaijan? Qualcuno vuole far entrare anche Israele e il Marocco.
        Ma d’altra parte va riconosciuto che la civiltà europea si sta disfacendo da sola per cui è assurdo fare questi discorsi per l’Ue mentre scompaiono Francia, Regno Unito, Germania ecc
        . Questo si realizza attraverso l’immigrazione di massa che ha alterato equilibri culturali risalenti ad almeno un millennio fa. Così per non escludere nessuno si è proceduto a negare se stessi e a creare un contenitore in cui tenere dentro estremisti islamici con buddhisti indiani, zingari ungheresi con pescatori norvegesi e avanti così. Ma allora che può restare se non il denaro (il dio euro sul cui altare si sacrifica la vita di milioni di persone), il consumismo (con i suoi templi moderni, i centri commerciali, in cui si riversa la gente) e l’edonismo nelle sue varie declinazioni. Questo complesso di valori può anche stare in piedi finché tutto va bene ma nel momento in cui c’è da fare sacrifici tutti si girano dall’altra parte.

        1. Geppo

          Sono d’accordo , le unioni che funzionano si basano su ideali non su interessi… La Ue così com’è e’ una tragica barzelletta, che ha al suo interno uno “strano” personaggio : la Gb , sempre pronta se gli serve a chiamare il fratellone oltreoceano …

    3. Raider

      Per non farci colonizzare per 70 anni dagli U.S.A. cosa dovevamo fare, riscrivere il trattato di Yalta come si conviene a una super-potenza? Dovevamo farci colonizzare dall’U.R.S.S., come è accaduto a Paesi non molto contenti dell’idea, che oggi vorrebbero sganciarsi dall’influenza dell’ex “Paese (grande) Fratello e non lo possono fare perchè la Russia non è d’accordo? Gli U.S.A. e la N.A.T.O. ci consideravano importanti per la nostra posizione geografica: ma non si sono mai davvero fidati di noi, con un Partito comunista che aveva un ruolo egemonico nella società politica e civile e una DC che si ritagliava spazi di manovra nel Mediterraneo. La ‘politica araba’ democristiana ha garantito una certa autonomia al nostrro Paese, a costo di porsi in contrasto con le scelte americane: per es., abbiamo negoziato andreottianamente sottobanco il quieto vivere con i terroristi di Arafat: che non erano neppure nostri alleati e non hanno certo usato le buone maniere per condizionarci: e oggi che abbiamo sospesa sul capo la spada di Damocle di un’immigrazione potenzialmente in grado di costituire una minaccia di fronte a crisi politiche serie col mondo arabo-musulmano, vediamo bene quanto quella “colonizzazione” abbia funzionato
      Per tornare a settant’anni di grandeur italica soffocata dagli americani, i nostri interessi di decima potenza industriale povera di risorse energetiche si conciliavano, forse, più naturalmente e politicamente con quelli dei Paesi comunisti e dell’U.R.S.S., con un sistema che non riusciva a far affluire petrolio e gas dalla Siberia a Mosca e a San Pietroburgo/Leningrado? E oggi, si conciliano con quelli di Paesi energenti che ci sottraggono quote di mercato e di energia, con cui non possiamo competere a livello di costi di produzione, di bassi salari e un livello di diritti che non è molto superiore al costo del lavoro?
      E cosa si può opporre all’americanizzazione nell’éra della globalizzazione, se non quelle identità nazionali che vengono demonizzate proprio dai sostenitori del multiculturalismo come versione glamour e post-moderna dell’internazionalismo? E che c’è da sperare dai BRICS, per cui dovremmo allearci con una Russia le cui tradizioni storico-politiche, dimensioni geografiche e proiezioni geo-strategiche non coincidono con quelle dell’Ue?
      E come facciamo a autoinvestirsi di un ruolo internazionale che non ci compete? L’Italia cede/perde sovranità politica nei confronti dell’Ue, sovranità territoriale di fronte agli immigrati, vede smantellate le proprie strutture produttive, è sempre più immiserita dalla globalizzazione, dipende sempre più dalle risorse energetiche russe e arabe: abbiamo ben poco di che temere la colonizzazione americana più de nostro Stato di crescente irrilevanza sugli scenari attuali.

  6. maurizio

    Ma davvero c’é ancora qualcuno che sta ad ascoltare Giulietto Chiesa,nota spia al soldo del regime sovietico che fu e che ,ancora,cova sotto le ceneri?!….ma per favore,non avete altro?

  7. Andrea UDT

    A leggere l’articolo c’è da star male.

    A quando qualche buona notizia?

  8. giurista

    L’articolo e’ ineccepibile nella descrizione dei problemi che abbiamo.Ma qual e’ la lezione da apprendere ? Correggetemi se sbaglio ma mi pare che nella storia dell’umanita’ abbiamo sempre avuto superpotenze e stati medio-piccoli, questi ultimi manipolati dalle prime .Orbene io preferirei essere cittadino di una superpotenza piuttosto che di uno staterello-pedina.L’unico modo che abbiamo per raggiungere questo risultato e’ fare gli stati uniti d’Europa.da dove cominciare ? Non da discussioni sterili sull’Europa res publica christianorum ma sul piano pratico della politica estera.Questa si basa su due pilastri: energia ed esercito.gli usa sono autosufficienti per il gas, per il petrolio hanno i sauditi al loro servizio e l’esercito e’ il piu’ potente al mondo.con le dovute differenze e proporzioni lo stesso puo’ dirsi per russia e cina.invece ci ritroviamo con la germania che si bea del suo ruolo di mediatore tra usa e russia, la francia che le va dietro inseguendo una grandeur ormai tramontata, la gran bretagna sempre pronta a fare il vassallo degli usa e l’italia che aspirava al ruolo di cerniera coi paesi arabi.Il quadro internazionale e’ questo: l’onu e’ figlia della guerra fredda e quindi in mano a russia ed usa ,praticamente inservibile,la nato e’ un’alleanza militare guidata dagli usa.Dobbiamo pensare allo scenario geopolitico che vogliamo avere nei prossimi decenni.Tutti temono l’Europa unita che nonostante la crisi rimane la prima potenza economica mondiale,certamente ha la tecnologia per avere un signor esercito.Gli usa hanno sempre osteggiato i progetti di difesa militare europea,la nato sarebbe svuotata e quindi il controllo usa dell’Europa,la Russia rema contro alimentando le minoranze russofone dei paesi del Baltico e finanziando i nazionalismi antieuropeisti (lega e fronte nazionale).Abbiamo due possibili futuri: o siamo uniti nella politica estera,il che significa avere una strategia energetica ed un comando militare forte e compatto,oppure saremo colonizzati,chi dalla russia chi dagli usa chi dalla cina e fra 50 anni e’ probabile che anche india e brasile vengano in cerca di qualche stato-satellite in Europa.Spinelli e compagni guardavano al futuro,noi ci limitiamo a immaginare soluzioni-tampone per ‘oggi.Nel mondo ci saranno sempre problemi piu’ o meno gravi(balcani, medioriente,isis.iran,ucraina,libia etc…) ma noi possiamo salvarci solo come stati uniti d’Europa senza dipendere da onu nato usa russia etc…e non mi infilerei in discussioni intellettualistiche sull’identita’ cristiana dell’Europa ma sul piano pratico (autonomia energetica e unita’ militare) azioni di sicuro piu’ efficaci per fronteggiare le crisi di oggi e di domani.

    1. Geppo

      Scusi , per essere stati uniti occorrerebbe prima di tutto essere uniti… Dove vede l’unità in Europa ?

      1. giurista

        L’unita’ non c’e’.E’ questo il problema.Abbiamo un’assenza di strategia a lungo termine.Il quadro internazionale e’ questo.Nessuna nazione europea puo’ parlare da pari a pari con usa russia o cina,neppure la Germania.L’unita’ dovrebbe nascere dalla consapevolezza che un’Europa divisa diventa terra di conquista.Tuttavia oggi abbiamo Merkel e Holland ,non Spinelli o Adenauer.Ogni crisi internazionale vede l’Europa in difficolta’ sul piano energetico( petrolio in medioriente e gas in ucraina) e sul piano militare(andiamo dietro a nato ed onu).Il nostro comune intetesse su cui fondare un’unita’ ovviamente ancora lontana( ma il processo mi pare a un punto morto) dovrebbe partire dall’eliminazione di questi profili di debolezza strutturale dell’Europa(militare ed energetica).

      2. giurista

        L’unità non c’è. E’ questo il problema! Dovrebbe essere lo spirito di sopravvivenza a far capire che stiamo andando verso la catastrofe. Un’Europa divisa è terra di conquista! Ogni crisi internazionale dall’ex Jugoslavia in poi dimostra che abbiamo sempre avuto gli stessi problemi:1) condizionamenti energetici(petrolio nel caso del Medioriente, gas nel caso dell”Ucraina etc..)2) dipendenza militare( dalla NATO al tempo del Kosovo ed oggi con l’Ucraina, ONU al tempo dell’Afghanistan e USA nel caso dell’Iraq etc..).La strategia di lungo termine da adottare sarebbe dunque, secondo me, quella di elidere questi due profili di debolezza strutturale dell’Europa. Il cammino verso l’unificazione è sicuramente lungo ma cominciare da una strategia comune sul piano energetico e militare mi pare un passo importante e sicuramente molto più utile di discussioni storico-teologiche sull’identità cristiana dell’Europa, perché se anche fosse così cmq dovremmo risolvere il problema energetico-militare prima di iniziare a combattere per difendere i valori cristiani. Guardiamo alla concretezza delle relazioni internazionali ( autonomia energetica e militare)piuttosto che fare discussioni accademiche sull’identità europea.

  9. Eur_Asiatico1

    Interesante articolo di Giulietto Chiesa di oggi lunedì 23 febbraio 2015 15:56
    ——————————————————————————–

    Riassumiamo le ultime vicende della crisi est-ovest. All’improvviso Merkel e Hollande partono per Kiev-Mosca e riallacciano il negoziato con Putin, fino a poche ore prima respinto come nemico assoluto. Lo fanno senza avvertire Obama. Perché? La situazione sul campo, politicamente, economicamente, militarmente,è divenuta insostenibile per l’Europa. L’esercito di Kiev è annientato. Soldati occidentali, in parte NATO, in parte mercenari, sono chiusi nella sacca di Debaltsevo. S’intercede presso Putin, affinché convinca a fermarsi la resistenza del Donbass e eviti il massacro.

    Il negoziato riprende a Minsk e si arriva a un cessate il fuoco. La Merkel vola a Washington, dove l’aspettano per metterla sotto accusa. Gli USA vogliono riarmare Kiev e lanciarla di nuovo all’offensiva. Ma Kiev non ha uomini cui affidare nuove armi. E Merkel non vuole mettersi da sola sulla graticola. La divisione tra Germania-Francia (con dietro molti altri europei occidentali) e gli Stati Uniti è evidente. Ma l’Europa è divisa anche al suo interno: Polonia, e tre repubbliche baltiche spingono per il riarmo. La Nato vuole entrare in campo. Ma come? L’Ucraina non è Nato (non ancora). E la bellicosa Albione è anch’essa divisa, tra prudenza e avventura.

    Queste le premesse. Gli effetti sono in corso. E’ una specie di tempesta mediatica che investe, da giorni, tutto il mainstream occidentale. Seguendo i consigli dell’ex comandante Nato in Europa, Wesley Clark, si ri-preparano, anzi si rinfrescano, le pulsioni belliche – purtroppo appisolate – delle opinioni pubbliche occidentali. Si alzano in volo i jet della Royal Air Force per intercettare i bombardieri russi al largo di Cornovaglia (The Independent). Hanno violato lo spazio aereo britannico? Non sembra, ma sono “entrati nell’area di interesse” di Londra. Allarme!

    La BBC, la più inquieta, ripete all’infinito che “la guerra d’ombre della Russia sta mettendo a prova la pazienza e la prontezza della NATO”. Lo scrive il Toronto Star. Da Washington annunciano l’arrivo di 12 A-10 Thunderbolt, insieme a 300 aviatori, nella base USA di Spangdhalem . Sono specializzati nella “caccia ai carri armati russi”. Resteranno in zona per almeno sei mesi.

    Il Wall Street Journal scopre che “altre truppe russe”, insieme a nuove armi, stanno entrando in Ucraina, mentre la tregua “collassa” e “centinaia di soldati di Kiev stanno morendo”. Il New York Times racconta che la ritirata da Debaltsevo delle truppe di Kiev “porta l’eco del caos della guerra nella città”. Appena un attimo di silenzio ed ecco ripartire la BBC: “la Russia vuole distruggere gli accordi di Minsk”. Che fare? Non c’è tregua. Il Parlamento britannico denuncia i “catastrofici errori” dell’Europa, di fronte all'”evidente tentativo di ridisegnare i confini europei da parte della Russia” (Reuters). L’Associated Press, per non restare indietro, informa che l’Unione Europea si appresta a mandare carri blindati per “monitorare la tregua”, insieme a satelliti specializzati nell’osservazione del territorio. Lo chiede Poroshenko e tutti i media occidentali appoggiano. Il Times va oltre: “bisogna riportare in azione i Panzer per incoraggiare la NATO”, altrimenti si demoralizza. Poi si alza il coro dei baltici, fino ad ora poco citati. Comincia l’ex premier lettone Dambrowsky: la minaccia russa incombe sul Baltico. E la BBC non ha dubbio sul fatto che “esiste un pericolo reale e presente di destabilizzazione degli stati baltici di Lettonia, Lituania e Estonia”. Lo dice il segretario alla Difesa Britannico Michael Fallon. L’Independent è sicuro che gli abitanti dei paesi sul Baltico sono convinti che tra poco toccherà a loro. Come farà Putin? Sobillando alla rivolta, come ha fatto in Ucraina, le minoranze russe che abitano quei paesi. L’editoriale del Wall Street Journal, descrive un Putin onnipotente che marcia calpestando la Merkel, Hollande e anche Obama. Del quale tutti parlano male comunque, tra l’altro per “non avere capito” il ritorno di fiamma di Putin. Al Jazeera descrive sconsolatamente “il fine di partita della Nato in Ucraina”. Spegnere la luce, per favore. Mentre Wesley Clark e l’ex segretario della Nato, Anders Fog Rassmussen accendono tutte le micce a loro disposizione. Il secondo dice di vedere all’orizzonte “una nuova guerra ibrida” costruita dalla Russia contro l’Europa. Wesley Clark individua “una manovra russa non diversa da quella che Hitler usò per avviare l’attacco contro la Polonia nella seconda guerra mondiale”.

    Unica notizia in controtendenza un violento attacco dello Spiegel contro Victoria Nuland, quella del “fuck EU”, la vice ministra degli esteri di Obama, che distribuiva caramelle ai nazisti in Euromaidan. Forse è la Merkel che, per un anno abbondante, era andata anche lei a Kiev per applaudire i futuri golpisti, consigliata da Victoria e da Obama. Adesso ha capito- tardi – e, forse, si vendica. Tutti gli altri battono la grancassa dei riarmo di Kiev e della demonizzazione della Russia e di Putin. A occhio e croce possiamo dire di avere già assistito a questo circo. La qualità è scadente: non ci sono argomenti, non ci sono prove. Non c’è niente. Ma la quantità è imponente. Centinaia di articoli, di reportages, ripetono tutti la stessa cosa: Putin è l’aggressore; bisogna fargli mangiare la terra. Angela Merkel e Hollande sembra che non siano d’accordo. Ma la questione è: quanto a lungo potranno sfidare l’isteria bellicista dei cori della Nato? E quanto dovranno aspettare prima di vedersi scatenare un attentato sotto il naso, magari proprio nel Baltico? Hollande ha già dato. A chi tocca adesso?

    1. Raider

      Nulla di nuovo sotto il sole tramontato dell’avvenire per fare posto alla mezzaluna all’orizzonte dei nostalgici dell’astro defunto. Quali le novità e qual è l’interesse che presentano le opinioni di Giulietto Chiesa? Nessuno. Niente. Zero. Alcune delle cose qui copincollate come oro colato si possono leggere ovunque da gente più atendibile e qualificata di Chiesa, che il meglio di sè lo dà solo nelle turbe psichiche con cui è ancora alle prese (un bijou, quello di Hollande che “ha già dato”… Non viene voglia di chiedergli neppure a che si riferisce, ne ha spraate di più grosse delle sue Blondet) e che trovano pronta ospitalità nelle fogne internettiana e nelle teste di chi ha tanto vuoto da reipemre e più grandi sono le balle, meglio è.
      – Quello che succede in Ucraina è, in effetti, evidente: i separatisti, che hanno tutto il diritto di unirsi alla Russia, meglio se per via legale, combattono anche loro una guerra in conto terzi: e a dire il vero, la Russia ha fatto qualcosa in più e chi ha messo anche gli uomini, oltre che i mezzi.
      – Le accuse di nazismo a Kiev sono pretestuose, ma, a ogni buon conto, se a Mosca sono pronti a accogliere e a dare spazio e spago a tutte le teorie complottiste anti-semite da riciclare in chiave anti-sionista, sia quelle autoctone, riviltalizzate attingendo a un robusto filone che dall’epoca zarista passa incolume attraverso la dittatura comunista, sia quelle importate da fuori, segnatamente dal mondo arabo, c’è poco da ccusare gli altrri di nazismo. E un minimo di conoscenza storica imporrebbe di riconoscere le ragioni di ostilità e diffidenza degli Ucraini.
      – Chiesa non manca di attaccare pure i popoli baltici, che ragioni di difidenza e ostlità verso il potente vicino ne hanno: più di quante, diciamo, Chiesa ne abbia per giustificare la sua constante azione denigratoria nei confronti dei lituani, lettoni e soprattuto, estoni, con cui Chiesa ha un personale conto aperto da regolare. E deve rosicare, visto che lui stesso ammette che, al momento, per Putin non è aria.

    2. Cisco

      @Giulietto

      Giulietto chiesa evidentmente non si vergogna di continuare a sparare stupidaggini colossali, ormai la sua infatuazione per il Soviet Supremo risulta stucchevole, come quei vini da dessert un pò troppo dolci. Anche se la sua è la cinica analisi di uno che deve trovare il modo di farsi pagare lautamente le conferenze organizzate dal mondo underground del complotto nei reparti di psichiatria dei paesi aderenti alla NATO.

  10. Jens

    Deutschland über alles in der Welt, von der Maas bis an die Memel, von der Etsch bis an den Belt… vi siete mai chiesti perché i tedeschi sono così?
    Dal 1600 in poi hanno una storia molto simile a quella italiana, ma già appena formati (1870) si credevano (non del tutto a torto) superiori agli altri. Date un’occhiata alla prima strofa del loro inno.
    E questo ben prima che arrivasse Hitler che ordinasse come ufficiale il famoso Horst-Wessel-Lied.
    La verità è una sola: o diventiamo tutti tedeschi, o finiremo per essere perennemente in balia di USA, Russia, cinesi e medio-orientali… senza contare tutti gli immigrati dall’Africa.
    Personalmente, tra tutte le opzioni preferirei diventare tedesco, anche se sono fortemente antieuropeista (la mia prima scelta sarebbe trasformare la mia regione in una nazione autonoma che attira capitali da tutto il mondo trasformandosi in un paradiso fiscale e allo stesso tempo regolamenti il flusso di immigrazione dall’estero, esattamente come la Svizzera).

    1. Sascha

      Molti italiani sono anche di stirpe germanica: il nuovo e giovane mondo teutonico e il vecchio e decaduto mondo latino si fusero realizzando l’Europa romano-germanica medioevale. La Roma conquistata dai Germani era ormai sprofondata nella decadenza, corruzione e ingiustizia avendo abbandonato già da secoli il “mos maiorum” in favore dei costumi stranieri: la Roma di Scipione, Gaio Mario, Cesare non esisteva più. Con Carlo Magno Roma resuscitòin Occidente rinnovata dell’elemento germanico. Ma a permettere l’unione dei due mondi fu la Chiesa e la religione cristiana, concetti che purtroppo ora il mondo germanico rinnega o ignora.
      Mancando la solidarietà e fratellanza Cristiana alla base dell’unità europea, gli europei corrono verso l’auto distruzione contrapponendosi tra nazioni. La Germania in particolare sta imponendo sacrifici draconiani ai popoli meridionali come i greci che comportano la morte del popolo ellenico, culla dell’Europa. Si vede come manchi l’elemento spirituale (cristiano) alla base della costruzione politica europea, senza il quale tutto viene ridotto a un semplice calcolo costi/benefici sulla pelle delle altre nazioni se necessario.

    2. Sascha

      Molti italiani sono anche di stirpe germanica: il nuovo e giovane mondo teutonico e il vecchio e decaduto mondo latino si fusero realizzando l’Europa romano-germanica medioevale. La Roma conquistata dai Germani era ormai sprofondata nella decadenza, corruzione e ingiustizia avendo abbandonato già da secoli il “mos maiorum” in favore dei costumi stranieri: la Roma di Scipione, Gaio Mario, Cesare non esisteva più. Con Carlo Magno Roma resuscitòin Occidente rinnovata dell’elemento germanico. Ma a permettere l’unione dei due mondi fu la Chiesa e la religione cristiana, concetti che purtroppo ora il mondo germanico rinnega o ignora.
      Mancando la solidarietà e fratellanza Cristiana alla base dell’unità europea, gli europei corrono verso l’auto distruzione contrapponendosi tra nazioni. La Germania in particolare sta imponendo sacrifici draconiani ai popoli meridionali come i greci che comportano la morte del popolo ellenico, culla dell’Europa. Si vede come manchi l’elemento spirituale (cristiano) alla base della costruzione politica europea, senza il quale tutto viene ridotto a un semplice calcolo costi/benefici sulla pelle delle altre nazioni se necessario.

  11. Geppo

    Domande: l’Europa politica esiste ? O Deve esistere ? UK fa parte Dell’ Europa politica ?

  12. maurizio

    D’accordissimo con l’articolo(più che nel caso del precedente del medesimo)..non c’è altra strada-per rifare l’Europa che tornare allo spirito dei Padri fondatori-tutti autentici cristiani-e all’insegnamento del Papa..la Chiesa (una chiesa unita,certo)é il vero fondamento di un Europa ee di un mondo in pace ed in dialogo.Se Israele e Palestina avessero ascoltato la Chiesa(cattolica,soprattutto,in questo caso)la pace tra loro sarebbe già da parecchio casa fatta!

  13. Tommaso-daquino

    Articolo Eccelso!

  14. Filippo81

    L’attuale Ue è un club in mano a grandi banche e finanziarie, che “coccolano” i paesi del Nordeuropa e prendono a calci i cosiddetti PIIGS, nulla ormai di più lontano dallo spirito dei padri fondatori

  15. Sascha

    Articolo molto interessante e precisissimo. Vorrei aggiungere una mia personale riflessione.
    La storia si ripete: all’appuntamento con la terza ondata di jihad all’assalto del mondo dalla Nigeria alle Filippine passando per Francia, Kosovo, Cecenia, Pakistan, il mondo cristiano si presenta diviso come al tempo delle due jihad precedenti. Nel mondo ci sono un miliardo e seicento milioni di musulmani, maggioranza in qualche decina di stati: per il redivivo Stato Islamico è un bacino immenso sia demograficamente che geograficamente. I suoi domini sono in piena espansione e l’espansione in Europa è iniziata con l’annessione di quella cittadina bosniaca. Milioni di suoi sostenitori lo aspettano nei Balcani, non facciamo illusioni come decine di milioni di arabi, volenti o nolenti, rischiano di finire molto presto sotto il suo domino.
    Per contrastare questa minaccia è inutile continuare a ragionare in termini di NATO o Ue perché anche solo dal punto di vista demografico e geografico questi organismi non sono sufficienti a contrastare un eventuale califfato globale che riunisca sotto di se le terre islamiche. Il vantaggio tecnologico è solo un miraggio: il potente esercito americano non ha battuto i tenaci mujahideen in Afghanistan, Islamabad ha già l’arma atomica e a mio modesto parere anche l’Iran ormai. Pensate se il nuovo califfo mettesse le mani sull’atomica pakistana oppure pensate alle armi chimiche di Gheddafi scomparse in Libia.
    Per affrontare è necessaria una grande alleanza di potenze cristiane, europee e di derivazione europea come l’Ue, la Russia, gli Stati americani dal Canada all’Argentina, gli stati cristianizzati in Africa come l’Etiopia,le Filippine. Solo così sarà possibile contenere la pressione del nascente califfato come un tempo si contenne l’URSS.
    I massacro tra cristiani russi e ucraini nel Donbass, la nuova guerra fredda tra Washington e Mosca è la gioia dello Stato Islamico. Cosa può unire Bruxelles, Mosca, Washington, Brasilia, Addis Abeba? La fede cristiana. Per questo la Chiesa deve lavorare in maniera prioritaria a ricucire lo scisma del 1054 tra cattolici e ortodossi. Per quanto riguarda i protestanti, in Europa si stanno letteralmente estinguendo (vedere situazione in Olanda e Svezia) mentre altrove sono in crescita. Purtroppo molti di loro odiano il papà molto più del califfo tanto che lo identificano con l’anticristo. Il protestantesimo ha spezzato l’unità della Chiesa in chiese nazionali controllate dallo Stato e dal re o in mille sette diverse tutte in polemica tra loro. I protestanti disposti a unirsi in nome della comune fede cristiana a cattolici e ortodossi vanno inclusi nel progetto.

    1. Cisco

      @ Sanscha

      Lo stato islamico e’ una mandria di violenti beduini che verrà eliminata in primo luogo dai paesi sunniti alleati dell’Occidente (primi fra tutti Egitto, Arabia Saudita ed Emirati Arabi) e poi da quelli sciiti (primo fra tutti l’Iran). Ambiguo mi sembra invece il ruolo giocato finora dalla Turchia. Parlare di nuova crociata cristiana e’ impossibile per mancanza di materia prima (i cristiani, appunto). Piuttosto potenze come la Cina e l’India possono dire la loro.

      1. Sascha

        Buona sera, Cisco magari l’isis fosse solo un’accozzaglia di tagliamole: è uno stato a tutti gli effetti, lo Stato Islamico, pronto a travolgere almeno i paesi arabi dal Maghreb al Mashrek.
        Tu dici che lo fermeranno gli eserciti sunniti ma quali? La Giordania ha il califfato in casa: Ma’an e addirittura alla periferia della capitale ‘Amman sono state viste le bandiere nere e moltissimi giordani stanno con l’isil. Gli stati della penisola arabica non hanno un vero e proprio esercito, sono gli Usa a proteggerlo e per mettere in chiaro dove stanno le sensati e dell’Arabia Felix un sondaggio realizzato in Arabia Saudita ha mostrato che nonostante tutto 9 sauditi su 10 reputano lo Stato Islamico in linea con la shariah, per cui il re ha costruito un muro al confine per tenere fuori dai confini il califfo perché sa che una volta dentro sarebbe una marcia trionfale verso la Mecca. Tunisia e Marocco sono insignificanti, il Pakistan lontano, sulla Turchia si è ben capito da che parte sta, Restano: Egitto e Algeria se riusciranno a contenerlo, sono entrambe regimi dominati dai militari.
        Gli sciiti? Ha battuto l’esercito iracheno che è fuggito in disordine macchiando di disonere quello che fu il più grande esercito sotto Saddam Hussein, la Siria è in guerra civile, resta l’Iran forse l’unico paese islamico in grado e disposto a combattere lo Stato Islamico. Sempre che non faccia fronte comune con il califfo mettendo da parte la diatriba sciiti-sunniti ma è un’ipotesi remota. Ma l’Iran circondato da Ovest e da Est (Afghanistan, Pakistan con arma atomica) è destinato a crollare.
        Resta Israele forse il vero ago della bilancia in un futuro conflitto.
        La Cina se ne sta fuori il più possibile, le interessa il business con il Medio Oriente e non è un obbiettivo primario dei mujahideen (il messaggio barbarico era al “popolo della croce” non all’Impero di Mezzo. La Cina tiene sotto controllo il terrorismo attraverso gli stati ex-URSS in Asia centrale, prima il califfo deve arrivare lì, sono stati cuscinetto, noi siamo direttamente esposti.
        L’India è a rischio e non ha i mezzi per contrastare la minaccia, è l’equivalente asiatico dell’Ue: molto diviso al suo interno a rischio di implodere.
        Nessuno vuole fare “crociate” ma difendersi dall’aggressione del neonato califfato in piena espansione e di tutte le sue propaggini nel mondo. Almeno contenerlo in uno spazio geografico ristretto (attuale mondo islamico) impedendo la conquista dell’Europa, Russia e Africa. Cristiani ce ne sono in abbondanza, forse non qui in Europa.

      2. Sascha

        Buona sera, Cisco magari l’isis fosse solo un’accozzaglia di tagliamole: è uno stato a tutti gli effetti, lo Stato Islamico, pronto a travolgere almeno i paesi arabi dal Maghreb al Mashrek.
        Tu dici che lo fermeranno gli eserciti sunniti ma quali? La Giordania ha il califfato in casa: Ma’an e addirittura alla periferia della capitale ‘Amman sono state viste le bandiere nere e moltissimi giordani stanno con l’isil. Gli stati della penisola arabica non hanno un vero e proprio esercito, sono gli Usa a proteggerlo e per mettere in chiaro dove stanno le sensati e dell’Arabia Felix un sondaggio realizzato in Arabia Saudita ha mostrato che nonostante tutto 9 sauditi su 10 reputano lo Stato Islamico in linea con la shariah, per cui il re ha costruito un muro al confine per tenere fuori dai confini il califfo perché sa che una volta dentro sarebbe una marcia trionfale verso la Mecca. Tunisia e Marocco sono insignificanti, il Pakistan lontano, sulla Turchia si è ben capito da che parte sta, Restano: Egitto e Algeria se riusciranno a contenerlo, sono entrambe regimi dominati dai militari.
        Gli sciiti? Ha battuto l’esercito iracheno che è fuggito in disordine macchiando di disonere quello che fu il più grande esercito sotto Saddam Hussein, la Siria è in guerra civile, resta l’Iran forse l’unico paese islamico in grado e disposto a combattere lo Stato Islamico. Sempre che non faccia fronte comune con il califfo mettendo da parte la diatriba sciiti-sunniti ma è un’ipotesi remota. Ma l’Iran circondato da Ovest e da Est (Afghanistan, Pakistan con arma atomica) è destinato a crollare.
        Resta Israele forse il vero ago della bilancia in un futuro conflitto.
        La Cina se ne sta fuori il più possibile, le interessa il business con il Medio Oriente e non è un obbiettivo primario dei mujahideen (il messaggio barbarico era al “popolo della croce” non all’Impero di Mezzo. La Cina tiene sotto controllo il terrorismo attraverso gli stati ex-URSS in Asia centrale, prima il califfo deve arrivare lì, sono stati cuscinetto, noi siamo direttamente esposti.
        L’India è a rischio e non ha i mezzi per contrastare la minaccia, è l’equivalente asiatico dell’Ue: molto diviso al suo interno a rischio di implodere.
        Nessuno vuole fare “crociate” ma difendersi dall’aggressione del neonato califfato in piena espansione e di tutte le sue propaggini nel mondo. Almeno contenerlo in uno spazio geografico ristretto (attuale mondo islamico) impedendo la conquista dell’Europa, Russia e Africa. Cristiani ce ne sono in abbondanza, forse non qui in Europa.

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