Tedros e Oms attaccano la Cina, ma hanno già perso la faccia

Di Leone Grotti
13 Maggio 2022
Definire «insostenibile» il lockdown di Shanghai e la strategia "zero Covid" è giusto, ma il direttore generale dell'Oms ha dimenticato che per due anni non ha fatto altro che inginocchiarsi a baciare la pantofola di Xi Jinping?
Tedros Adhanom Ghebreyesus, a capo dell'Oms, incontra in Cina il presidente Xi Jinping
Tedros Adhanom Ghebreyesus, a capo dell'Oms, incontra in Cina il presidente Xi Jinping (Ansa)

Tedros Adhanom Ghebreyesus dovrebbe pensarci due volte prima di parlare della gestione del Covid-19 in Cina e, nel dubbio, stare zitto. È questa, tradotta in linguaggio corrente, la risposta ruvida che il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Zhao Lijian, ha dato al direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che si era permesso di criticare la strategia “zero Covid” del governo di Xi Jinping.

L’Oms attacca la Cina

Dopo un mese e mezzo di lockdown durissimo e disumano a Shanghai, il direttore dell’Oms ha trovato il coraggio di prendere la parola e dichiarare: «Considerate le nostre conoscenze del coronavirus e quello che possiamo prevedere per il futuro, la politica “zero Covid” della Cina è insostenibile».

Michael Ryan, direttore esecutivo del programma di emergenze sanitarie dell’Oms, ha poi rincarato la dose. Senza citare esplicitamente le persone murate vive in casa, gli interi quartieri chiusi da cancelli e recinti, gli abitanti rimasti senza cibo e cure mediche, quelli che hanno tentato il suicidio, i genitori separati dai figli e i sani gettati in malandati centri della quarantena insieme ai malati, il funzionario dell’Oms ha aggiunto: «È logico che il governo intervenga» per fermare il virus ma «tutte queste azioni, come abbiamo ripetuto dall’inizio, devono essere intraprese nel rispetto delle persone e dei diritti umani».

Quando Tedros elogiava il regime di Pechino

La Cina non ha preso bene questo attacco frontale dell’Oms e non a caso lo ha subito censurato sui social media. Soprattutto non se lo aspettava da Tedros, che negli ultimi due anni si è rivelato un alleato di ferro del regime comunista (come giustamente denunciato da Donald Trump). Come dimenticare infatti il primo intervento (tardivo) del direttore dell’Oms, ex ministro della Sanità e degli Esteri dell’Etiopia, quando il 30 gennaio 2020 elogiò Pechino per «la velocità impressionante con cui ha rilevato l’epidemia, isolato il virus, sequenziato il genoma e condiviso» le informazioni con l’Oms?

Parole sconcertanti, soprattutto alla luce dei ritardi inanellati dal regime nel comunicare al mondo l’esistenza del virus. Per non irritare Pechino, Tedros tardò fino all’11 marzo per pronunciare la parola «pandemia» e nonostante il terribile lockdown imposto a Wuhan arrivò a dire che «la Cina sta definendo un nuovo standard per la risposta alle epidemie. Non è un’esagerazione».

Lo «standard cinese» non piace più

Ora pare che al direttore dell’Oms il «nuovo standard» per la gestione della pandemia non piaccia più (chissà se ci arriverà anche Walter Ricciardi, che non parla più del «modello cinese» da un po’). Eppure quanto sta avvenendo a Shanghai non è affatto diverso da quanto avvenuto due anni fa a Wuhan e in altre province cinesi. Semplicemente, il governo non riesce più a oscurare e censurare il malcontento della popolazione, che si è riversata online per denunciare le folli pratiche di contenimento del virus.

L’organizzazione guidata da Tedros è anche responsabile per l’utilizzo politico del termine neutro “Covid-19”, inventato per oscurare l’origine cinese del virus. Per mettere al riparo il governo di Xi Jinping da ogni critica e da indagini indipendenti sull’origine del virus ha parlato per oltre un anno di «infodemia» e fake news, senza mai includere tra queste le teorie del regime secondo le quali la pandemia era originariamente scoppiata in Italia (o in America) e solo dopo portata in Cina.

Verità e fake news

Insomma non è un caso se l’allora viceprimo ministro giapponese, Taro Aso, aveva ribattezzato l’Oms “Chinese Health Organization”. Nonostante il Partito comunista abbia zittito e punito Ai Fen, la direttrice del pronto soccorso dell’ospedale Centrale di Wuhan che aveva rilevato il virus in Cina già a dicembre 2019, perseguitato Li Wenliang, l’oftalmologo costretto a non «diffondere notizie» e poi deceduto per Covid, arrestato i medici che avevano osato farlo, oltre ai giornalisti che cercarono di parlare di cosa accadeva a Wuhan (Zhang Zhan rischia di morire in carcere), Tedros si è prima affrettato a incontrare Xi Jinping per elogiarlo e poi ha avuto il coraggio di dichiarare che «la Cina ha permesso al mondo di guadagnare tempo».

Quando senza alcuna prova scientifica, il governo cinese disse che il Covid non si poteva trasmettere da persona a persona, l’Oms sottoscrisse così quella “verità” (a proposito di fake news): «Indagini preliminari condotte dalle autorità cinesi non hanno trovato chiare prove di trasmissione fra esseri umani». Dopo una settimana, l’Oms cambiò idea.

S’incrina l’alleanza tra Tedros e Cina?

Inutile ricordare poi che la Cina è stata un’importante alleata di Tedros nella sua elezione a direttore generale dell’Oms il 23 maggio 2017. Alcuni mesi prima della sua nomina, Tedros fu invitato a parlare all’Università di Pechino, dove auspicò una più intensa cooperazione fra la Cina e i paesi del Sud del mondo in materia sanitaria. Il giorno dopo la sua elezione, Tedros ricambiò confermando ai media statali cinesi che lui e l’Oms avrebbero continuato a mettere in pratica il principio dell’«unica Cina», che esclude Taiwan da rapporti diretti con l’Oms.

Tedros dovrebbe essere rieletto per altri cinque anni alla guida dell’Oms questo mese. Non è chiaro se con le sue dichiarazioni invise a Pechino voglia lavarsi la coscienza per gli errori compiuti in passato o voglia piuttosto inviare un messaggio politica alla Cina, ricordandole che deve continuare a sostenerlo. Di sicuro dichiarando «insostenibile» il lockdown di Shanghai ci ha visto giusto, ma se Tedros spera di cancellare con un colpo di spugna oltre due anni di salamelecchi e inchini al regime comunista si sbaglia di grosso.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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