Caro direttore, la settimana scorsa ti ho scritto per sottolineare il pericolo che l’articolo 21 della Costituzione (quello relativo alla libertà di pensiero) venga violato, ad opera delle incessanti iniziative del “pensiero unico”.
C’è un altro articolo della stessa Costituzione, che, invece, viene oramai pacificamente violato, senza che nessuno, soprattutto nelle più alte cariche dello Stato, protesti o, quantomeno, cerchi di frenare l’attuale andazzo. Si tratta dell’articolo 27, il quale, al primo comma, afferma che “la responsabilità penale e personale”, mentre, al secondo comma, dichiara, in modo inequivocabile, che «l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva».
Ripeto che è sotto gli occhi e le orecchie di tutti come questo articolo venga sistematicamente violato, grazie anche al malefico rapporto costituitosi tra certe Procure e la maggior parte della stampa e dei Tg.
La legge penale, proprio per garantire la possibilità di difesa dell’imputato, ha previsto l’istituto della “informazione di garanzia”, detto volgarmente “avviso di garanzia”: esso, paradossalmente, era stato concepito come un “diritto” dell’imputato, il quale, dopo avere ricevuto l’informazione, ha il diritto di nominare un difensore che possa assisterlo nei passaggi principali della procedura in atto. Tale informazione deve essere spedita all’imputato dalla procura a mezzo di raccomandata, il che significa, se vogliamo essere onesti, che detta informazione dovrebbe avere i caratteri della segretezza, proprio perché essa dovrebbe costituire una “garanzia” per l’imputato.
Invece, anche a causa di quel micidiale legame tra stampa e procure, l’avviso di garanzia (che spesso arriva alla stampa prima che al povero imputato) sta divenendo, oramai, una sorta di condanna anticipata, che viene brandita, molto spesso, per distruggere un avversario economico o politico. Spesso, l’avviso di garanzia è stato usato, a partire dal 1992 (con la complicità dell’allora Presidente della Repubblica: il peggiore) per abbattere giunte comunali, giunte regionali, governi nazionali (di tutti i colori), grandi e piccole attività industriali. Questo modo di procedere ha indotto anche in gran parte della popolazione un atteggiamento giustizialista, che ha messo alla gogna centinaia e centinaia di personaggi, molti dei quali, alla fine dei processi, sono stati dichiarati innocenti. Ma oramai era troppo tardi: molte persone pubbliche e private sono state definitivamente rovinate, non dalla sentenza finale, ma dal primo avviso di garanzia. Tutto ciò ha contribuito anche al peggioramento dell’intera economia italiana, sia per le distruzioni operate (esempio: scomparsa l’industria chimica), sia per i ritardi verificatesi in tante attività, sia per la perdita di importanti commesse pubbliche all’estero. Ma tutto ciò ha avuto anche conseguenze politiche, che hanno dato vita ad un partito di giustizialisti per principio, il M5s, che, tra l’altro, fa coincidere l’avviso di garanzia con una condanna (tranne che per i propri sindaci: vedasi Roma e Torino). Giggino è tutto contento quando qualcuno va in galera e ciò non gli fa certo onore.
Ma tutto questo perché è sbagliato e non è civile (anzi è intriso di quello spirito giacobino, che mandava persone alla ghigliottina anche senza processo o con processi finti)? È sbagliato perché l’articolo 27 della Costituzione afferma il civilissimo principio della presunzione di innocenza di chiunque, fino a prova contraria e fino alla termine definitivo del processo penale. Il che significa che spetta alle procure l’onere di produrre prove della colpevolezza dell’imputato, mentre spetta alla difesa dimostrare l’inconsistenza di tali prove. La prassi di questi ultimi decenni ha invertito l’ordine di questi fattori: l’avviso di garanzia (mai parola più abusata di “garanzia”), oggi, pone l’imputato nella situazione pubblica di dovere dimostrare la propria innocenza, perché si dà per scontata la sua colpevolezza. In questo senso, abbiamo fatto enormi passi indietro nella nostra civiltà giuridica, nella direzione di un potere giustizialista tirannico, con tanti saluti alla vera democrazia da cui è nata, nelle intenzioni, la nostra Costituzione.
Anche circa l’articolo 27, mi pongo due domande.
Perché i grandi custodi dello spirito della nostra Costituzione tacciono su questo punto?
Perché anche la Chiesa italiana tace, visto che il problema la riguarda direttamente, dato che il malefico intreccio di cui sopra ha costretto (ma perché costretto?) il vescovo di Carpi a dimettersi? Con l’aria che tira in tema di pedofilia, non teme la Chiesa di finire anch’essa nell’infernale vortice del giustizialismo imperante?
Peppino Zola
Foto Ansa