La preghiera del mattino

Se questo è autoritarismo

Di Lodovico Festa
12 Giugno 2023
Rassegna ragionata dal web su: il governo Meloni raccontato dai nostri giornali come assetato di potere e promosso nella realtà dall’area draghiana, da Confindustria, dai sindacati, perfino dai democrat americani
Giorgia Meloni e Joe Biden
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni con il presidente americano Joe Biden durante il G7 di Hiroshima, 20 maggio 2023 (foto Ansa)

Su Huffington Post Italia Pietro Salvatori scrive: «Intorno a Bruno Vespa si fonda la riorganizzazione della mappa di comando in viale Mazzini. A palazzo Chigi MantovanoFazzolari guidano tutte le mosse e agli alleati resta uno strapuntino. La geografia delle partecipate il capolavoro di equilibrio della strategia meloniana».

Uno legge il titolo dell’articolo di Salvatori, “Tutto il potere a Giorgia”, e inizia a preoccuparsi di una Meloni che si è messa in testa di comandare da sola. Poi dà un’occhiata ai nomi citati da Salvatori, che testimonierebbero la voglia autocratica di Palazzo Chigi, e trova – oltre al già citato ultra lettiano (tendenza Gianni) Vespa – Claudio Descalzi, Roberto Cingolani, e alla polizia e alla guardia di finanza fratelli e amichetti dell’uomo del Bureau in Italia, Gianni De Gennaro. Ed è inoltre quasi sicuro che la comandante-da-sola presto completerà la sua efferata impresa autoritaria mettendo Fabio Panetta alla Banca d’Italia. Il fatto è, e bisognerà che chi scrive della politica italiana se ne faccia una ragione, che la Meloni, ben lungi dal voler comandare da sola, ha quasi incorporato nella sua maggioranza, a fianco di Forza Italia e Lega, oltre a un’ala di cattolici moderati-conservatori, una strutturata corrente draghian-americana.

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Su Formiche Duccio Fioretti scrive: «“La stampa americana ci aveva dato aspettative molto basse nei confronti del nuovo governo,” ammette in un’intervista al Giornale il deputato democratico Jimmy Panetta, erede di quel Leon Panetta che durante le amministrazioni democratiche di Clinton e Obama ha svolto i ruoli fondamentali di capo dello staff della Casa Bianca, direttore della Cia e capo del Pentagono, “ma dopo aver parlato con i nostri ambasciatori in Italia e in Vaticano, e alla luce dei nostri colloqui con gli italiani, vi posso dire che l’operato di questo governo sta superando tutte le aspettative”».

Come si diceva…

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Su Dagospia si riprende un articolo dell’Ansa dove si scrive: «“Io mi aspetto che l’inflazione di fondo rifletta la riduzione del costo dell’energia. La politica monetaria è sicuramente quella corretta in questo momento anche se forse io avrei spinto per una gradualità maggiore”. Lo ha detto il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, al Festival dell’Economia di Torino».

Molti osservatori si sono concentrati sulle frasi del governatore di Bankitalia che riguardavano il salario minimo o il Mes, ma il punto fondamentale del suo intervento è la critica – naturalmente fatta nel necessario stile felpato, inevitabile nei confronti tra banchieri centrali italiani ed europei – alle concessioni che Christine Lagarde fa (in un ambiguo rapporto con Parigi) ai sostenitori di una nuova austerità europea.

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Su Startmag Carlo Terzano scrive: «“La Ue ha puntato ad essere i primi in sostenibilità e poi ha detto arrangiatevi. Non funziona così”. E, ancora: “Abbiamo tutte le condizioni per fare bene. Abbiamo le risorse finanziarie, molto probabilmente avremo stabilità di governo e questo ci dà la garanzia di provvedimenti che guardano al medio-lungo periodo”. Non sono virgolettati tratti da un esponente dell’esecutivo, magari d’area meloniana, ma di Carlo Bonomi, numero 1 di Confindustria, raccolti dal Sole 24 Ore».

Cina, Bce, Mes, cecità verso le esigenze di rilancio dello sviluppo stanno facendo uscire Confindustria dal suo tiepido non schierarsi tra destra e sinistra. E così succederà anche con altre organizzazioni datoriali (ad applaudire la Meloni al convegno organizzato da Bruno Vespa nella sua masseria, c’era pure Fabrizio Palenzona) e persino con parte di un movimento sindacale consapevole che c’è bisogno di sviluppo, non di propaganda. L’atmosfera pare essere quella della prima fase del governo di Boris Johnson: una società che nel suo complesso sceglie la destra piuttosto che la vuota propaganda della sinistra. Naturalmente, poi, anche le Meloni come i Johnson possono combinare pasticci e perdere il “momento”: però intanto il “momento” gioca a favore del governo in carica.

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