La preghiera del mattino

La Meloni non solo è fascista, orbanista, addirittura laziale: ora è pure draghiana

Giorgia Meloni
Giorgia Meloni nell’Aula di Montecitorio (foto Ansa)

Su Formiche Francesco Bechis scrive: «Negli ultimi tempi i conservatori hanno iniziato a marciare allineati alle istituzioni Ue. Di questa manovra la massima espressione è stata l’elezione, facilitata dai voti della Meloni e osteggiata dai leghisti, della popolare Roberta Metsola alla guida del Parlamento europeo. Un’operazione in cui un ruolo chiave ha giocato il capo del gruppo conservatore a Bruxelles, l’ex governatore della Puglia Raffaele Fitto, assurto a consigliere fidato per la politica estera della Meloni e considerato un protagonista del centrodestra che verrà. In poche parole, i canali tra Fdi e Ue sono aperti, anzi apertissimi. A oliare gli ingranaggi in caso di un governo di centrodestra ci penserebbe poi Forza Italia, che sul piano europeo si muove assai meglio che su quello atlantico. Complice il contributo di Antonio Tajani, ex presidente dell’Europarlamento, tenuto in altissima considerazione dai vertici del Ppe e in ottima con il nuovo leader dei popolari, il bavarese Manfred Weber».

Bechis ci offre un punto di vista particolarmente intelligente: nell’Unione Europea si sta delineando una nuova dialettica politica dentro la quale Giorgia Meloni è ben inserita. Nei fatti si sta squagliando la cosiddetta maggioranza Ursula (quella appoggiata da Giuseppe Conte) che Emmanuel Macron e Angela Merkel misero insieme per impedire l’operazione politica che il bavarese Manfred Weber stava tentando: quella di organizzare una saldatura tra moderati e conservatori. Oggi che la Merkel non è più sugli altari per i pasticci combinati con la Russia e Macron è in evidente difficoltà, Weber si sta prendendo la sua rivincita.

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Su Open Alessandro D’Amato scrive: «Oggi, spiega un retroscena di Repubblica, le cose si sono evolute. Nel corso dei contatti Draghi avrebbe tracciato il difficile scenario economico che attende il nuovo esecutivo a partire da settembre. E avrebbe anche suggerito un paio di nomi di ministri che darebbero autorevolezza al governo Meloni. Cingolani, appunto. E Panetta, che potrebbe prendere il posto di Daniele Franco al ministero dell’Economia. Il quotidiano racconta di un abboccamento tra i due alla festa di compleanno del leader Dc Gianfranco Rotondi. Un “fitto colloquio”, come viene definito. Che potrebbe portare fino a via XX Settembre».

Open riporta due notizie: la prima sulle mosse della Meloni per costruire una solida squadra di governo, la seconda sulle mosse del quotidiano diretto Maurizio Molinari per seminare divisione nel centrodestra accusando la leader di Fratelli d’Italia non solo di essere fascista, orbanista, addirittura “laziale”, ma persino draghiana.

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Su Dagospia si scrive: «Niente, malgrado gli strilli della moglie che vuole che si candidi, Renato Brunetta è irremovibile: non intende trovare rifugio in un altro partito. Sa bene che la dignità, una volta persa non torna più».

Non ci si deve scordare come Brunetta sia un intellettuale dalle grandi qualità, non una brunetta senza arte né parte che per stare ancora cinque minuti sulla ribalta, ne fa di ogni.

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Sul sito del Tgcom si scrive: «Lo sforzo del leader dem di rafforzare una coalizione “larga e plurale”, che sia competitiva per cercare di “battere la destra sovranista”, si sta rivelando impegnativo, ma a piccoli passi procede anche per tenere a bordo Luigi Di Maio. Non è ancora fissata una nuova riunione con il ministro degli Esteri, che però ha mandato un chiaro messaggio, chiedendo “pari dignità” per il suo Impegno civico».

A proposito di dignità, ecco un termine che se fossi il nostro Talleyrand alle vongole, Luigi Di Maio, cercherei di non usare, punterei piuttosto sul riconoscimento di una poltrona di cittadinanza per politici scappati da casa.

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