Amministrative. Centrodestra e centrosinistra hanno lo stesso problema

Di Emanuele Boffi
14 Giugno 2022
Va meglio il centrodestra, ma è una magra consolazione. Il vero tema è l'allontanamento del cittadino dalla politica. Che fare?
I giornalisti nella sede del PD prima della conferenza stampa per discutere i risultati delle amministrative a Roma, 13 giugno 2022
I giornalisti nella sede del PD prima della conferenza stampa per discutere i risultati delle amministrative a Roma, 13 giugno 2022

I giornalisti nella sede del PD prima della conferenza stampa per discutere i risultati delle amministrative a Roma, 13 giugno 2022

Ma com’è la storia che questo centrodestra smandruppato e disastrato, alla fin fine, la pellaccia alle amministrative l’ha portata a casa? In generale, queste elezioni sono andate meglio al terzetto Salvini-Meloni-Berlusconi che alla coppia Letta-Conte. Bene nelle tre maggiori città (Genova – Palermo – L’Aquila) e nella quarta (Verona) si andrà al ballottaggio, con buone probabilità – a meno di harakiri – di successo.

I 10 del calcetto del M5s

I dati macroscopici del voto confermano la vecchia regola: il centrodestra vince se si presenta unito, perde dove è diviso. La regola sembra non funzionare a sinistra dove, per dirla in fine politichese, il M5s porta rogna al Pd (infatti, dove vanno divisi, il Pd se la cava bene come a Parma).

Sui grillini di Conte ci sarebbe da scrivere un articolo a parte per raccontarne la parabola. Ma bastano i numeri: il M5s è in crisi e si nasconde, si è presentato solo in 67 Comuni e, come ha notato Enrica Sabatini di Rousseau, «in piena e convinta gestione contiana, da 224 sono diventati solo 10 i candidati sindaco del Movimento. Una diminuzione del 95,5%. Un numero di persone sufficienti a malapena per una partita di calcetto ha deciso di metterci la faccia».

Non fare peggio

Diciamo le cose come stanno: il centrodestra non è in una fase luccicante, anzi. Idee forti e brillanti ce ne sono poche, si percepisce una certa stanchezza, resta un’opzione convincente laddove ha amministratori seri, non fanfaroni e pragmatici (Bucci a Genova su tutti). La sua fortuna è una sola: la sinistra è peggio.

Quindi anche quando la stragrande maggioranza della stampa passa il tempo a informarci del rapporto litigarello tra Salvini e Meloni, le gaffe di Berlusconi, gli intrallazzi dei candidati di centrodestra coi mafiosi a Palermo, i viaggi spericolati del leader leghista a Mosca, alla fine – come si diceva all’inizio – il centrodestra riesce a fare meglio del centrosinistra. O, appunto, riesce a non fare peggio del centrosinistra.

Avrà la mano mozzata

Magra consolazione. Soprattutto a vedere il dato più importante di tutti e cioè la progressiva disaffezione dei cittadini per la politica, sentita sempre più distante, inutile e criptica (si pensi al referendum sulla giustizia) e ai numeri dell’affluenza in costante calo. A questo ci hanno portato trent’anni di “onestà onestà” e “rivoluzione morale”: all’indifferenza.

Un immortale verso del poeta Czeslaw Milosz aveva messo in guardia l’uomo comune dalle lusinghe e dalle distrazioni messe in atto dal potere per circuirlo: «Pensi a bere il caffè e a dare la caccia alle farfalle. Chi ama la res publica avrà la mano mozzata». Ma oggi non c’è più bisogno di mozzare mani. Ormai servono solo a coprire la bocca dagli sbadigli.

Corpi intermedi massacrati

C’è un problema di fondo che è comune al centrodestra e al centrosinistra ed è lo scollamento tra chi fa politica e la comunità di riferimento. Chi oggi entra in un consiglio comunale o in parlamento non è più portatore dei sani interessi – o, vogliamo dire una parole di più importante? – degli ideali di un gruppo di riferimento, ma al massimo un ripetitore di slogan (i famosi “portavoce” grillini). Solo che una politica siffatta, ridotta a tweet e post sui social, ha un problema di usura piuttosto serio: stufa velocemente. A questo aggiungete il generale discredito che regna su chi osa gettarsi nell’agone (“sono tutti ladri”) e la disaffezione è presto spiegata.

C’è molto lavoro da fare. Soprattutto c’è da capire che il primo ambito da rivitalizzare non è la politica stessa, ma quelle comunità (quei corpi intermedi, si diceva una volta) di cui i politici dovrebbero essere espressione e che, invece, negli ultimi trent’anni sono stati soffocati, svuotati, massacrati. È da lì che bisogna partire.

Foto Ansa

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