![Il Deicidio di Trump](https://www.tempi.it/wp-content/uploads/2025/01/donald_trump_ordine_esecutivo_ansa-345x194.jpg)
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«Mi ha chiesto “sei mio padre? Sei mio padre!” ed è scoppiata a piangere. Piangeva così forte che non riuscivo a capire bene le sue parole, stavo piangendo anche io. Non mi sarei mai aspettato di sentirla di nuovo». Quasi sette anni: tanto era passato dall’ultima volta che Ali Maiyanga aveva sentito la voce di sua figlia Halima ed ora era lei, dall’altro capo del telefono, a piangere, a spiegargli che lo stava chiamando dal cellulare di un funzionario della sicurezza, che era al sicuro insieme ad altre ragazze assistite dai militari nigeriani.
Halima è riuscita a scappare da Boko Haram, solo questo è riuscito a capire il padre venerdì scorso, e subito una folla festante aveva raggiunto la sua famiglia, «siamo così felici, la nostra casa è colma di persone che gioiscono con noi», ha raccontato alla Cnn che ha subito contattato l’esercito nigeriano per una conferma ufficiale. Stando alla telefonata di Halima sarebbero un gruppetto, un manipolo delle 276 ragazze rapite a Chibok dai jihadisti nel 2014, riuscite a fuggire il 28 gennaio approfittando di un’offensiva dell’esercito nella boscaglia. La stessa boscaglia da cui molte sono state salvate (più di cento dietro pagamento di un riscatto e il rilascio di combattenti di Boko Haram da parte del governo) e da cui qualcuna è riuscita a scappare in questi anni, raccontando l’orrenda notte in cui i jihadisti fecero irruzione nel dormitorio della scuola travestiti da soldati, per poi caricarle a bordo di un grosso camion e condurle nella foresta Sambisa. «Halima era in lacrime. Ci ha detto che era con i soldati e aveva bisogno di vestiti perché non aveva niente», ha raccontato suo fratello Muhammad. «Non avremmo mai pensato di rivederla».
È la seconda volta che i Maiyanga ringraziano per la fine di un incubo: nel novembre del 2016 una ragazza stretta a un bambino era stata ritrovata dai soldati nella foresta; era la numero 198 nel registro delle ragazze rapite, era riuscita a fuggire col suo piccolo nato dieci mesi prima da un matrimonio forzato con un combattente jihadista. Maryam Ali, questo il suo nome, era la sorella maggiore di Halima, e in tutti questi anni non ha mai smesso di piangere per lei, ha raccontato Somiari Fubara, il terapista incaricato di prendersi cura delle ragazze di Chibok liberate in quei mesi, 21 rilasciate nel 2016 dopo i negoziati tra governo e terroristi, 82 rilasciate con uno scambio di prigionieri nel 2017.
Delle 112 ragazze ancora in cattività non si è più saputo nulla. A partire dal 2009 Boko Haram ha preso di mira le scuole, sequestrando migliaia di ragazze e ragazzi senza che il governo nigeriano sia mai riuscito a fermare l’organizzazione terroristica. L’ultimo sequestro di massa è avvenuto a dicembre a Kankara (stato nord-occidentale di Katsina) in una scuola secondaria del governo, 334 i ragazzi rapiti e poi liberati in seguito alle trattative con le autorità. Delle 111 ragazze sequestrate a Dapchi nella notte del 19 febbraio 2018 e trascinate nella foresta Sambisa non si hanno più notizie solo di Leah Sharibu, l’unica cristiana “dimenticata” dal governo nelle mani dei rapitori: la ragazzina che ha rifiutato di convertirsi oggi ha 16 anni, ha trascorso il suo terzo Natale nelle mani di Boko Haram e sarebbe stata costretta anche lei costretta a sposare un terrorista da cui ha avuto un bambino.
Oggi Halima ha 22 anni, ne aveva 15 quando venne rapita la notte prima degli esami di fine anno. Governo ed esercito non hanno rilasciato alcun commento ma sono in tanti i genitori che ora sperano che tra le fuggitive ci sia anche una figlia che si erano rassegnati a non rivedere mai più.
Foto Ansa
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