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Padre? Madre? Genitore 1? Genitore 2? Ma chissenefrega, tanto ormai «i figli sono di tutti noi»

La delegata antidiscriminazione del Comune di Venezia, Camilla Seibezzi, scrive una lettera "filosofico-poetica" al Corriere. Dimenticando di spiegare la sua "riforma" dei moduli per l'iscrizione dei figli all'asilo

Correttore di Bozze
20/09/2013 - 16:16
Interni
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Stamane il Correttore di bozze 1 aveva appena finito di fare il solito giro della città con la sua sottomessissima moglie, anche detta Correttore di bozze 2, per accompagnare nei vari asili i piccoli Correttore di bozze A, Correttore di bozze B, C, D, E, F, G, H eccetera, quand’ecco che, sfogliando come sempre il Corriere della Sera, meglio noto come Quotidiano 1, si è imbattuto nell’eccezionale lettera di Camilla Seibezzi, delegata Diritti civili e Politiche contro le discriminazioni del Comune Venezia. La Delegata#.

Avendo il Correttore di bozze 1 e il Correttore di bozze 2 molto apprezzato la proposta della Seibezzi medesima di sostituire nei moduli per l’iscrizione dei figli agli asili veneziani le parole “padre” e “madre” con i più corretti “genitore 1” e “genitore 2”, essi, i Correttori di bozze, nel senso di 1 e 2, in totale 3, si sono tuffati ben volentieri nella lettura di codesta missiva, sperando di trovarvi bene argomentati i motivi di quella idea tanto moderna e cosmopolita da risultare gradita perfino al Ministro 5, Kyenge dottor Kashetu, alias Cécile. Purtroppo per loro invece – loro cioè il Correttore di bozze 1 e il Correttore di bozze 2 – nella lettera la Delegataß divaga. Filosofeggia. Metaforizza. Versifica. Su mamme e babbi cancellati dalla faccia della terra neanche un accenno. Di moduli con genitori cifrati manco una traccia. Zero. Genitori 0. In compenso, però, molti, moltissimi momenti di pura poesia. Momenti che il Correttore di bozze 1 intende qui rivivere con tutti i suoi lettori: Lettore 1, Lettore 2, Lettore 3 e Lettore 4.

«Milioni di genitori stanno compilando i moduli di iscrizione scolastica per il loro figli», esordisce la Delegata* gettandoci subito in medias res. E continua: «Quali tra questi siano genitori eterosessuali o omosessuali, adottivi o affidatari, famiglie ricomposte, donne single o padri vedovi è del tutto irrilevante, perché ciò che li accomuna è infinitamente più forte di quanto li differenzi». E cos’è che accomuna tutti, ma proprio tutti questi genitori, 1, 2 o 3 che essi siano, dalle mamme barbute ai ragazzi padri? Ecco cosa li rende assolutamente indistinguibili (fatto salvo il numerino): «I loro figli giocheranno insieme negli stessi parchi, si scambieranno i dvd di Peppa Pig, vorranno tutti la stessa cartella e un mare di matite colorate». Capito? Là fuori c’è una montagna di matitoni arcobaleno. Una pioggia di lapislazzuli variopinti. Un oceano di gelato multigusto. Una festa di smarties. E voi ancora lì a questionare su parolacce grigie e monotone tipo papà e mammà? Vuoi mettere con Genitore tot?

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Al che un correttore di bozze dice: ora la delegata antidiscriminazione introdurrà la sua trovata. Invece no. Arriva un’altra metafora: i Genitori 1 e 2, coniugi o single non importa, troveranno ad attenderli «all’uscita dalle scuole un esercito di monopattini, fuori delle elementari i manubri sono più alti e alle medie i sogni sono più ambiziosi». Altro che “madre” e “padre”: a Venezia si parla di sogni e manubri. E non è finita. Perché non solo i genitori sono tutti uguali, ma anche i figli. Di più, scrive la Delegata§: «Sono i nostri figli, i figli di tutti noi». Ok Camilla, adesso però non ti allargare.

Ci siamo finalmente? Veniamo ai moduli e ai genitori un-due-tre? Macché. Prima la Delegata$ deve menare un attimino il torrone su alcuni bambini sfortunati che, pur essendo uguali a tutti e pur essendo «di tutti noi», purtroppo «non godono delle stesse tutele di altri», giacché il paese civile, i legami affettivi, i diritti umani, e ce lo chiede l’Europa, e l’empatia, e la comprensione dell’altro, e bla bla bla. Vabbè, ma adesso che abbiamo «il cuore in mano. Il cuore di tutti. Tutti i bambini del mondo», può dirci due paroline sulla famosa proposta? Col piffero.

Al Correttore di bozze 1 tocca prima un predicozzo sulla trasparenza. «Avrei potuto chiedere la correzione della modulistica del Comune di Venezia senza comunicarlo alla stampa», nota la Delegata©. «Ma è proprio questo che non va nel nostro Paese, questo vizio di trasparenza, questo non vergognarsi delle peggiori cose salvo poi chiedere a chi più subisce di non riscattarsi mai. Le leggi votate d’estate quando la gente è in vacanza, gli accordi nelle segrete stanze, i cavilli in cui si arrestano i processi di sviluppo del Paese». Scusi Delegata∑, ma che cazzo c’entrano «le leggi votate d’estate» con i moduli del Comune? Cazzo si può dire? Meglio Gonade 1?

Adesso basta, sbotta la Delgata™, ormai travolta dal vorticoso saltar di frasca 1 in frasca 2. «Io non ci sto, voglio togliere questi tappi troppo stretti su colli di bottiglia ben più larghi». Eh? «Corpi che si assottigliano e si dilatano in orizzonti troppo limitati da una società sempre meno civile». Ma chi sei? Vendola? «I cassetti pieni di pastiglie per controllare l’ansia e quelli vuoti, vuoti di sogni fino in fondo». Pure con le pastiglie ce l’ha! «Figli di stranieri nati in Italia o cresciuti nel nostro Paese per decenni aspettano lo “Ius soli” per smettere finalmente di girare per le loro città con un consunto permesso di soggiorno in tasca». Ammazza, ma questa doveva fare la presidente della Camera. «Sono i figli degli operai e della classe media a spostare i mattoni del nostro Paese» eppure «siamo tra gli ultimi Paesi europei per mobilità sociale e a nulla valgono gli studi e il merito».

D’accordo. Sistemato anche il diritto allo studio, vogliamo parlare di iscrizioni all’asilo? Adesso sì. Mancano due righe alla fine della lettera della Delegata√. Eccole: «I territori dal basso possono adottare delle buone prassi [buone prassi, ripeto: buone prassi], possono stimolare il legislatore a normare la realtà [la realtà, ripeto: la realtà] in tempo utile». Embè? Tutto qui? No. C’è ancora il gran finale: «I diritti dei bambini di tutti vengono prima di tutto». Anche prima di “padre” e “madre”. Dopo di che, c’è Peppa Pig.

@Correttoredibox

Tags: asilicamilla seibezziCécile Kyengecomune veneziaCorriere della SeradiscriminazioneFamigliafigligenitore 1 e 2genitore 1 genitore 2kyengemamma papàOmofobiapadre madrepeppa pigscuole infanziavendolavenezia
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