
Crolla l’insegna Generali? Il colpevole c’è già: è il caldo

Bere molta acqua, mangiare tanta frutta, non uscire di casa a mezzogiorno e non camminare vicino ai grattacieli. Il prontuario per affrontare il caldo d’estate va aggiornato, perché da quando il 30 giugno, alle 6.30 del mattino, è collassata a Milano una delle due insegne di Generali, che svettano a 192 metri di altezza in cima alla spettacolare Torre Hadid nel famoso quartiere di CityLife, abbiamo scoperto dai giornali che il cambiamento climatico avrebbe fatto un’altra vittima, oltre al buon senso: lo “Storto”.
L’«estate» abbatte l’insegna di Generali
La Procura ha aperto un fascicolo per «crollo colposo» e ha fatto partire le indagini, ma per molti giornali è fatica sprecata, il colpevole c’è già: è il caldo. L’insegna di Generali è ancorata al cuore di cemento armato della torre attraverso un reticolo metallico di tubi di acciaio. Uno si è spezzato, causando il cedimento e per i teorici dell’Apocalisse in servizio permanente la responsabilità non può che essere della canicola. Ovviamente “anomala”.
Fanpage non ha dubbi e attribuisce il collasso alle «alte temperature», evocate anche dal Corriere. Repubblica accusa il «caldo anomalo». Domani esagera, titolando in prima pagina: «L’estate che scioglie le insegne». Se fosse così, Dubai o Abu Dhabi dovrebbero essere già un letto di macerie, eppure pare che siano ancora miracolosamente in piedi.
«Strano che sia colpa del caldo»
Per fortuna, c’è anche chi parla con cognizione di causa. Mario Cucinella, l’architetto che ha progettato la Torre Unipol di Porta Nuova, nonostante l’incalzare di Repubblica, ammette: «Mi sembra strano che possa essere stato il caldo. Le cause possono essere diverse ad altezze così elevate: corrosione, troppa pressione, cedimento strutturale».
Lo stesso Corriere riconosce che in passato l’insegna sulla Torre Hadid «era stata esposta a forze della natura decisamente maggiori di quelle di ieri». E Marco Grampella, ingegnere dirigente dei vigili del fuoco di Milano, cita il caldo al massimo come una «concausa», da associare a eventuali vizi progettuali o manutentivi.
Nel dubbio, sempre accusare il clima
Quella di accusare il clima di ogni sciagura è una moda molto conveniente: spinge a puntare il dito contro il fato avverso, e magari contro i “potenti” che non vogliono tagliare le emissioni per “salvare il Pianeta”, e non a indagare su chi realizza le opere, su chi deve tenere conto in fase di progettazione della presenza di eventi atmosferici, più o meno estremi, e su chi dovrebbe controllare che tutto ciò venga fatto.
Affrettarsi a dare la colpa al cambiamento climatico, però, può rivelarsi anche un boomerang e tutti coloro che hanno incolpato le temperature per il clamoroso blackout che ha fermato Spagna e Portogallo il 28 aprile ne sanno qualcosa.

L’uomo ha causato il blackout in Spagna
Quando i due paesi sono rimasti senza elettricità per quasi 24 ore, la colpa inizialmente è stata data a «oscillazioni anomale» nelle linee ad altissima tensione (400 kV), provocate da un fenomeno noto come «vibrazione atmosferica indotta» generato da estreme variazioni di temperatura all’interno della Spagna.
Dare la colpa al cambiamento climatico è parsa al giornalista collettivo una spiegazione al contempo utile a una certa narrazione catastrofista ed esaustiva, anche se le temperature rientravano perfettamente nella norma.
Poi è uscito il primo rapporto del governo spagnolo sull’incidente e in tanti sono rimasti delusi: si è scoperto che il blackout era tutto da attribuire a errori umani.
La vera vittima del caldo
Ora la storia si ripete a Milano. Sul banco degli imputati per il cedimento della struttura che sorreggeva l’insegna di Generali non c’è un fenomeno dal nome poco conosciuto, come la «vibrazione atmosferica indotta», ma l’«estate» tout court.
Solo il tempo e le indagini diranno se uno dei tiranti di acciaio che teneva in piedi l’insegna si è rotto per un errore o una leggerezza in fase di progettazione, costruzione o manutenzione o se, come scrive Domani, la responsabilità è dell’assenza di foreste urbane e rifugi climatici.
Sapremo così chi è la vera vittima del colpo di sole: la Torre Hadid o le redazioni di certi giornali.
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!