Monti e il ministro Fornero presentano «una riforma storica per il mercato del lavoro»
«Vi mostro i contenuti del decreto…ho detto decreto? Volevo dire disegno di legge». Inizia con una gaffe che ha gelato la sala stampa l’intervento del Ministro Elsa Fornero volto a spiegare i contenuti della riforma del lavoro, ora in mano al Presidente della Repubblica. Il Presidente del Consiglio ha definito il lavoro svolto in questi giorni tra le parti sociali e i segretari di partito Alfano, Bersani e Casini, come «una riforma storica». Il ministro ha subito premesso che «la riforma è scritta per gli anni futuri e non in una logica di breve termine» e ha poi ammesso che, se fosse stata scritta in un momento migliore per l’economia italiana, sarebbe stato meglio. Ma in tempi più sereni non si sarebbe mai portato a compimento un tale cambiamento: «nella difficoltà bisogna trovare la forza di cambiare».
La prima parte dell’intervento ha riguardato i contratti: la modalità tipica dei rapporti tra datore e dipendente viene confermata nella forma di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Ci sono due fasi per garantire la stabilità. La prima fase riguarda l’apprendistato, predisposto per garantire delle modalità flessibili d’ingresso nel mercato, e una seconda fase dove si viene introdotti all’assunzione senza limiti temporali di collaborazione, ma con una flessibilità in uscita. «Nel passato – ha spiegato il Ministro – la flessibilità non è stata ben impiegata e si è sviluppato un mercato del lavoro duale: da una parte un eccesso di garanzie dall’altra una completa mancanza». Sul contratto a tempo determinato, Elsa Fornero ha affermato che «non sempre è così negativo e va liberato dal cosiddetto causalone», ma nello stesso tempo ha ribadito che «il lavoro temporaneo è un fattore produttivo e si paga, quindi costerà di più».
Capitolo art. 18, o meglio detto della flessibilità in uscita. Per Elsa Fornero la rigidità dei flussi in entrata e in uscita nel contesto lavorativo favorisce la fuga delle aziende italiane verso l’estero e minaccia l’investimento estero nel nostro paese: «L’articolo 18 è stata una grande conquista, ma il mondo nel frattempo è cambiato». Ribadita la possibilità per il datore di lavoro di licenziare non solo per giusta causa, ma anche per motivi economici, nel disegno di legge ritorna la possibilità per il lavoratore di essere reintegrato a discrezione del giudice che valuterà, nel caso d’insussistenza delle motivazione, la possibilità del reintegro o di un indennizzo tra le 12 e le 24 mensilità. Un passo indietro quello del Governo, che nella versione originale prevedeva solo la possibilità delle pene pecuniarie comprese tra le 15 e le 27 mensilità. Confermata la sostituzione degli ammortizzatori sociali con l’Aspi: un’assicurazione con criteri più flessibili per coloro che perderanno il posto di lavoro. «L’Aspi sarà per tutti e avrà una durata inferiore perché bisognerà lavorare sul reinserimento occupazionale e non sull’abbandono a sè stessi dei lavoratori in cambio di un’indennità protratta magari per anni».
Twitter: @giardser
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