«L’unità tra cristiani e musulmani è nata dall’ecumenismo del sangue»
Chi l’avrebbe detto che dal male della guerra in Siria – che soprattutto ad Aleppo ha seminato morte, distruzione e ferite che sembra impossibile sanare – sarebbe potuta nascere una «unità» insperata tra cristiani e musulmani? Chi avrebbe mai detto che il Muftì di Aleppo,
Mahmoud Akkam, avrebbe pronunciato queste parole al Meeting in videoconferenza dal centro dei francescani della città siriana: «Siamo tutti cittadini, cristiani e musulmani, abbiamo gli stessi diritti e doveri a prescindere dalla religione. Dobbiamo combattere l’estremismo e ai musulmani che ora vivono in Italia o in Francia dico: rispettate le vostre nuove patrie, rispettate le leggi, siate fedeli alla Costituzione, siate giusti e moderati».
«ABBIAMO RISCHIATO»
All’incontro di ieri dal titolo “Aleppo: un nome e un futuro”, introdotto dal giornalista Andrea Avveduto, responsabile della comunicazione di Pro Terra Sancta, è stato presentato il progetto messo in piedi dai francescani e dai musulmani per aiutare 5.000 bambini e le loro madri. Si tratta dei figli dei foreign fighters, rimasti orfani dopo la guerra, che non sono registrati ufficialmente all’anagrafe, non hanno un nome nella società siriana e non possono accedere a sanità e istruzione.
I francescani, come ricordato da fra Firas Lutfi, hanno dovuto «rischiare per andare incontro al loro bisogno», perché queste persone si trovano tutte ad Aleppo Est, la zona che durante la guerra era controllata dai jihadisti, e sono tutte di fede musulmana. «Potevamo rinchiuderci nel nostro mondo e pensare ai nostri problemi, che sono già tanti», ha spiegato il francescano. «Invece abbiamo rischiato, agendo come il buon samaritano del Vangelo».
«CRISTIANI, NON VE NE ANDATE»
Se ora centinaia di bambini e di donne vengono accolti in quattro centri che forniscono assistenza legale per la registrazione all’anagrafe, istruzione, cure mediche e psicologiche, è grazie alla collaborazione feconda tra monsignor George Abou Khazen, vicario apostolico di Aleppo, e il Muftì. «I jihadisti hanno fatto molto male sia ai cristiani che all’islam moderato», esordisce il prelato, «e con i musulmani ci siamo ritrovati uniti dall’ecumenismo del sangue. Tutto è nato durante la guerra da una richiesta di aiuto da parte loro ad accogliere nelle nostre strutture orfani, anziani e handicappati che sostenevano in locali minacciati dalle bombe, poi è nato un rapporto che è andato oltre il protocollo. È nata una amicizia».
Ad Aleppo Est, dove la popolazione è musulmana, «diamo la nostra testimonianza cristiana, senza fare proselitismo. Il bello è che i musulmani hanno scoperto chi siamo e in tanti ci dicono: “Ora che vi conosciamo, capiamo che abbiamo tante cose in comune. Non ci lasciate, non partite, restate con noi”. Questa è una cosa molto bella, un dialogo non dogmatico, che sarebbe impossibile, ma fondato sulla vita. Questo rapporto incoraggia i cristiani a rimanere in Siria, a non andarsene all’estero». Ricordo, continua monsignor Abou Khazen, «che durante una cena dal governatore, il Muftì ha detto davanti a tutti: “Fratelli, siamo nel mese di Ramadan e i cristiani digiunano con noi, pregano e fanno carità più di noi. La loro presenza rende migliore questo momento”. Solo questo dialogo, rimanendo saldi nella propria identità, può portare alla pace e alla riconciliazione».
LA GOCCIA CHE CAMBIA L’OCEANO
In ciascuno dei quattro centri del progetto “Un nome, un futuro”, vengono aiutati 400 donne, 250 bambini dai 3 ai 6 anni, 800 tra i 6 e i 18 anni e 800 disabili. Molti bambini, che hanno conosciuto solo la guerra nella loro vita, giocano per la prima volta e si divertono, imparano, studiano. Allo stesso tempo, come spiegato dalla psicologa musulmana Binan Kayyali, che coordina il progetto, «curiamo le loro ferite spirituali e psicologiche, che sono enormi. Sono diffusi suicidi, ansia e depressione infantile. I bambini disegnano fucili e armi. Grazie al centro francescano di Aleppo noi cerchiamo di ricostruire l’uomo e incoraggiare la coesistenza pacifica».
Come sintetizzato dal giornalista Avveduto, «si tratta di una goccia nell’oceano dei bisogni siriani, ma se non ci fosse questa goccia l’oceano sarebbe diverso». E per capire la portata dell’incontro tra cristiani e musulmani ad Aleppo, basta riascoltare le parole del Muftì: «Ringrazio i miei amici e fratelli Abou Khazen e Firas Lutfi e ringrazio il Meeting: spero che da questa conferenza parta la ricostruzione dell’uomo alla luce della pietà, della compassione e dei valori trasmessi dal cielo. Organizziamo altri incontri come questo».
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