
Lapidazione per gay e adulteri: la sharia diventa legge in Brunei

Lapidazione a morte per gli omosessuali e gli adulteri, taglio della mano destra e del piede sinistro per i ladri, multe e carcere per chi concepisce figli fuori dal matrimonio e per chi non partecipa in moschea alla preghiera del venerdì. Sono le nuove leggi che entreranno in vigore in Brunei insieme alla sharia a partire dal 3 aprile.
Il nuovo codice penale, che recepisce alcune indicazioni contenute nella legge islamica, è stato approvato nel 2014 ma la sua applicazione è stata rimandata a causa delle proteste delle organizzazioni per i diritti umani. Il ministro della Giustizia ha annunciato l’entrata in vigore della nuova legge a dicembre sul sito del ministero, ma la notizia è trapelata soltanto oggi.
LAPIDAZIONI E FLAGELLAZIONI
Il Brunei è un piccolo sultanato islamico ricco di petrolio di 400 mila abitanti situato sull’isola del Borneo, nel sud-est asiatico. A capo della monarchia assoluta dal 1967 c’è il sultano Hassanal Bolkiah, che possiede un patrimonio personale di 20 miliardi di dollari.
Il Brunei è sempre stato estremamente conservatore per quanto riguarda l’osservanza dell’islam: è infatti già vietata la vendita dell’alcol e anche l’omosessualità è già punita con una pena che può arrivare fino a 10 anni di prigione. Per crimini legati all’immigrazione clandestina, inoltre, prevede già una punizione a base di bastonate.
Dal 3 aprile, secondo i dettami della sharia, i musulmani colpevoli di adulterio, sodomia e stupro saranno puniti con la lapidazione a morte o con la flagellazione (il numero di frustate è imprecisato). Ai ladri verrà tagliata la mano destra e, in caso di reiterazione del reato, anche il piede sinistro. Come annunciato dal sultano, l’obiettivo è diffondere nel sultanato l’islam e la sua legge più di quanto non sia già diffusa.
«PENE CRUDELI E DISUMANE»
Amnesty International ha denunciato la volontà di «legalizzare queste pene crudeli e disumane. È sconvolgente: il Brunei deve immediatamente bloccarle e rivedere il suo codice penale nel rispetto dei diritti umani. Sta imitando gli Stati arabi più conservatori».
Come spesso accade sotto i regimi religiosi la legge vale per tutti tranne che per la famiglia al potere. Il fratello del sultano, Jefri, ha infatti rubato allo Stato 15 miliardi negli anni 90 mentre era ministro delle Finanze. Anche se lo rifacesse oggi, difficilmente gli verrebbe tagliata la mano. Allo stesso modo, nessuno lo ha accusato per oscenità quando ha dato un nome a dir poco curioso al suo lussuosissimo yacht: «Tette».
Foto Ansa
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