Poche idee e (Tobin Tax) confuse
Ma di cosa stanno parlando gli antigiottini (e i Ds) che chiedono l’introduzione della Tobin Tax, la tassa sulle transazioni finanziarie internazionali? Purtroppo, anche se l’attrattiva etica della proposta è di grande suggestione, è inapplicabile. È una notizia nuova? No, si sa da più di vent’anni. Lo dicono i cattivissimi G8? No, lo ricorda l’economista che la escogitò agli inizi degli anni ’70, James Tobin, 83enne, Premio Nobel ’81, che spiega (cfr. La Stampa, 12 luglio): «la mia proposta è stata usata per più ampie campagne, che vanno oltre le sue ragioni originarie, che erano di ridurre la volatilità dei tassi di cambio» nella fase di instabilità seguita alla rottura del rapporto oro-dollaro. All’Ocse rincarano la dose: «È stato un grande equivoco. Allora Tobin temeva che l’instabilità valutaria danneggiasse i commerci. Oggi quel pericolo non esiste più». Grande è la disinformazione sotto il cielo. Al punto che, nota divertita l’economista torinese Elsa Fornero, «perfino da suore di clausura ne ho sentito parlare. Ma mi pare assurdo che si sostenga una proposta irrealizzabile, tanto per dire che si fa qualcosa per andare incontro alle proteste contro la globalizzazione».
E il ministro gridò: «forza G8!»
Ma di cosa stanno parlando gli antigiottini in lotta contro “i padroni del mondo?” Prendete il ministro degli esteri tedesco Joschka Fischer, rosso-verde d’antan e un pedigree da grande antagonista. Intervistato dal Corriere della Sera (12 luglio, p. 8) si domanda: «Cos’è la globalizzazione? Cosa rimane della protesta quando togliamo il tentativo di mettere in scena l’ennesima, grande opera anticapitalistica? E poi, cos’ha a che fare un vertice dei capi di Stato e di governo europei come quello di giugno a Göteborg con la globalizzazione? Cosa c’entra il G8 con la globalizzazione? Il G8, che allora si chiamava in un altro modo, esisteva già ai tempi di Helmlut Schmidt e Giscard d’Estaing, quando la globalizzazione non era ancora neppure una parola. Il debito dei paesi poveri? Certo, proprio sul debito il G8 ha lanciato un’iniziativa molto sensata, quella di una parziale cancellazione. In realtà, bisognerebbe fare manifestazioni di giubilo e chiedere di proseguire su questa strada».
Lo “Scudo”di Sofri
Tutti conoscono Adriano Sofri, forse la più illuminata delle intelligenze della sinistra. Sta in galera e non ha fatto sconti a nessuno, neppure a se stesso. Ha qualche osservazione per la demagogia e non si entusiasma per gli antagonisti dalle Tute Bianche, «se queste sono divise». Nella sua rubrica su Panorama (19 luglio) manda a dire agli antiglobalizzatori una delle tante contraddizioni che li perseguitano: «Ci sono diverse e bizzarre ragioni che spingono persone e movimenti dissenzienti a un insolito attaccamento agli stati nazionali e alla loro sovranità. Succede per esempio in qualche parte degli oppositori della “globalizzazione”, che denunciano l’onnipotenza e la strafottenza delle imprese multinazionali nei confronti di qualunque frontiera statale e legislazione relativa (magari esagerandosi la portata di questo fenomeno: in realtà anche le grandi multinazionali conservano un forte radicamento territoriale e un fortissimo uso del legame con gli stati originari) e dunque difendono la dimensione statale come una garanzia di resistenza del diritto. Strano, dico, perché si tratta spesso di posizioni che vedevano tradizionalmente nello Stato l’istituzione più odiosa e avversa». E a Sofri gli vogliamo pure dare dello sporco yankee o del “neofita al Gran Mercato del Mondo”, lui che su Panorama (19 luglio, p. 226) scrive del rinato progetto di Difesa missilistica lanciato dal presidente statunitense George Bush jr., dopo gli affossamenti dell’era Clinton: «Lo scudo stellare è molto più che un, sia pur enorme, congegno tecnico. È piuttosto una filosofia della sicurezza internazionale e un’iniziativa trainante e determinante dal punto di vista della nuova economia. Non sarà facile sbarazzarsene semplicemente dicendo di no».
“Non conformatevi”. Novak sottoscrive e spiega
Il teologo americano Michael Novak sottoscrive il documento “Non conformatevi”, di dissenso al dissenso anti G8 (gentilmente ospitato in www.tempi.it e firmato tra gli altri anche da Eugenio Corti, Premio nazionale cultura cattolica, Cesare Cavalleri, direttore di Studi Cattolici, Padre Robert A.Sirico, presidente dell’Acton Institute for the study of Religion and Liberty, mons. Andrea Gemma, vescovo di Isernia Venafro) e al Sole 24 Ore (13 luglio) ha spiegato perché: «Sono convinto che non esista modo migliore per sollevare dai poveri del mondo il loro fardello di privazioni che includerli nel cerchio dello scambio. Così è scritto nell’enciclica Centesimus Annus. Le popolazioni fuori dal cerchio sono le più povere in assoluto. Nel 1945, Giappone, Taiwan, Singapore, Hong Kong, erano nazioni molto più povere di quelle più povere dell’Europa e dell’America Latina; oggi sono più ricche di molti Paesi americani o europei. Perché? Perché sono state incluse nel cerchio. Ai cattolici che si esprimono contro la globalizzazione vorrei dire che la Chiesa è stata il primo vero movimento globale della storia».