«La rinascita di Al Qaeda in Iraq è frustrante. Obama ha fatto errori colossali». Intervista al colonnello Mansoor

Di Leone Grotti
17 Gennaio 2014
La città di Falluja è stata riconquistata da Al Qaeda. L'ex braccio destro di Petraeus, protagonista del "surge iracheno" del 2007, dice a tempi.it: «I terroristi saranno sconfitti. Ma Obama ha deciso di "comandare dalle seconde linee"»

Mansoor«Per chi tra noi ha combattuto in Iraq e ha visto amici e commilitoni morire nello sforzo di sconfiggere Al Qaeda, la recente rinascita dei terroristi in Iraq è profondamente frustrante». A fare questa confidenza a tempi.it non è un osservatore o un soldato americano qualunque ma il colonnello Peter R. Mansoor, braccio destro del generale delle forze internazionali David Petraeus (insieme nella foto, ndr) durante il cosiddetto “surge iracheno”, cioè lo schieramento da parte di George W. Bush nel 2007 di altre 20 mila truppe in Iraq che hanno ottenuto l’incredibile risultato di ridurre le violenze e gli attentati nel paese del 90 per cento.
Il colonnello Mansoor, che ha appena pubblicato il libro The Surge: My Journey With General David Petraeus and the Remaking of the Iraq War, oggi insegna Storia all’università dell’Ohio ed è rimasto «profondamente deluso» dalla conquista da parte dell’Isil della città di Falluja, dove gli americani nel 2004 combatterono «una delle battaglie più sanguinose dai tempi del Vietnam». Dieci anni dopo quella città è tornata nelle mani di Al Qaeda e per Mansoor la colpa è anche del presidente Barack Obama.

surge-iraq-peter-mansoorObama ha ripetuto per due anni: «Ho concluso la guerra in Iraq». Ora Falluja è caduta nelle mani di Al Qaeda. Chi dice che Obama ha sprecato i vantaggi ottenuti dai soldati americani sotto Bush ha ragione?
Con il ritiro delle forze americane dall’Iraq alla fine del 2011 gli Stati Uniti hanno perso la maggior parte dell’influenza politica che una volta avevano quando incontravano il governo iracheno vis-a-vis. Anche se l’intransigenza irachena è il principale responsabile per il fallimento dei negoziati, è un fatto che il presidente Obama non abbia mai scommesso niente del suo capitale politico per sforzarsi di mantenere le forze americane in Iraq. Se fossero rimaste, i diplomatici americani e i leader militari sarebbero stati in grado di trattenere il presidente Al Maliki dall’usare le forze di sicurezza irachene e lo corti per attaccare i suoi avversari politici.

La rinascita di Al Qaeda in Iraq è una sconfitta per gli Stati Uniti e Obama?
La rinascita di Al Qaeda è il risultato della politica settaria del primo ministro Nouri Al Maliki, della mancanza di volontà dell’amministrazione Obama di restare impegnati in Iraq a lungo e della guerra civile che perdura in Siria. Non la chiamerei ancora una sconfitta, dal momento che le tribù sunnite vedono ancora Al Qaeda come un acerrimo e odiato nemico. È ancora lunga la storia che deve essere scritta in questo conflitto.

Cosa significa per un colonnello e un soldato come lei, protagonista del surge americano del 2007 in Iraq, la caduta di Falluja?
Per chi tra noi ha combattuto in Iraq e ha visto amici e commilitoni morire nello sforzo di sconfiggere Al Qaeda, la recente rinascita dei terroristi in Iraq è profondamente frustrante e deludente. Ma è altamente improbabile che la presa di Falluja da parte di Al Qaeda sia permanente: l’organizzazione sarà sconfitta a tempo debito.

Gli Stati Uniti dovrebbero tornare a Baghdad?
Nel bene nel male, le forze americane oggi sono fuori dall’Iraq e il popolo americano non vuole che tornino indietro.

Il Financial Times ha scritto che gli Stati Uniti sono stati umiliati. È d’accordo?
Gli eventi di Falluja gettano ombra sul primo ministro Al Maliki e sulla sua amministrazione, che non sono riusciti a trarre vantaggio dall’evidente successo del surge delle forze americane in Iraq nel 2007-2008 e del conseguente declino delle violenze etnico-settarie nel paese.

La politica estera americana è cambiata molto con Obama, specialmente in Medio Oriente. In meglio o in peggio?
Nonostante la sua potenza, non c’è molto che l’America possa fare per influenzare quello che succede in Medio Oriente. Penso che l’amministrazione di Obama abbia fatto un errore colossale a non trovare un accordo sullo status delle forze americane che sarebbero dovute rimanere in Iraq dopo il 2011. Un altro errore di Obama è stato quello di non appoggiare l’opposizione nei primi giorni della rivolta contro Bashar Al Assad, prima che l’influsso dei jihadisti cambiasse il panorama della guerra civile siriana. L’amministrazione Obama ha deciso, per usare un eufemismo, di “comandare dalle seconde linee”.

Che cosa significa?
Significa che ha lasciato comandare altri e lui è andato a ruota. E cosa ha ottenuto? L’America ha meno influenza in Medio Oriente e la situazione nella maggior parte della regione è peggiorata.

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@LeoneGrotti

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3 commenti

  1. luigi lupo

    Milionesimo articolo di Tempi in cui si parla male di Obama. Se una persona dovesse farsi una opinione, su Obama, solo leggendo gli articoli di Tempi si farebbe la convinzione che la sua amministrazione abbia collezionato solo insuccessi e gli americani sono un popolo di stupidi in quanto lo hanno pure rieletto.
    Lo stesso intervistato deve ammettere che “Nel bene nel male, le forze americane oggi sono fuori dall’Iraq e il popolo americano non vuole che tornino indietro.” Quindi Obama ha pure la colpa di aver seguito il volere della sua gente, proprio una bella colpa.
    Perchè il popolo non vuole che tornino indietro? per il “semplice” motivo che in Iraq sono morti migliaia di giovani americani e che il vero scopo della presenza americana era mettere le mani sul petrolio iracheno.
    I giovani del popolo sono morti per gli sporchi interessi di Bush e dei suoi amici.

  2. Romano Bergamaschi

    Militarmente è facile parlare di vittoria e di sconfitta, ma un paese è abitato da cittadini e da famiglie che devono vivere e per questo vincere – loro si – ciò che impedisce di vivere cioè di lavorare e tener famiglia. Petraeus sembrava muoversi alla luce di quest’obiettivo ossia di subordinare l’azione militare a migliorare la convivenza civile, Obama al contrario sembra quasi vergognarsi o non voler ammettere che contro l’insicurezza creata dalla violenza armata bisogna assolutamente e decisamente contrapporre la presenza (non i droni) di forze armate che ristabiliscano la sicurezza. Inutile poi parlare di democrazia a gente e popoli e addirittura civiltà che da che mondo è mondo hanno conosciuto solo ed esclusivamente la legge e il tallone del più forte. Già Nixon, nel suo libro intitolato la terza guerra mondiale alludendo alla guerra fredda all’epoca dei blocchi divisi dalla cortina di ferro, esordiva osservando che era inutile e ridicolo parlare di democrazia ai popoli del mondo sovietico, che dalla preistoria fino al secolo scorso avevano vissuto sempre “sotto un Capo”. Figurarsi oggi i popoli del mondo islamico, fermi e cristallizzati alla mentalità e al totalitarismo teocratico del seicento d.C., indietro di quattordici secoli di schiavitù, di impossibilità di pensare, parlare, scegliere liberamente! (Islam significa sottomissione). Comunque, più delle armi è Internet che sta cambiando velocissimamente il mondo, è lo scambio diretto e immediato delle notizie della cronaca mondiale che raggiunge ad informare tutta l’umanità vivente! Questa è la realtà veramente e globalmente nuova, di una potenza di cambiamento strepitosa, incommensurabile.-

  3. marzio

    Smettessero di finanziarli,innanzitutto.

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