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Omicidio Khashoggi. Riyad non è Mosca: l’Occidente non «punirà» mai i sauditi

L'Arabia Saudita ha attirato il giornalista Jamal Khashoggi nel suo consolato a Istanbul il 2 ottobre, l'ha assassinato, smembrato e portato via a pezzi o sciolto nell'acido

Leone Grotti
17/10/2018 - 2:00
Esteri
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Il consolato saudita a Istanbul

L’Arabia Saudita ha attirato Jamal Khashoggi, giornalista saudita dissidente, nel suo consolato a Istanbul il 2 ottobre, l’ha assassinato, smembrato e portato via a pezzi o sciolto nell’acido. Secondo le indiscrezioni pubblicate dal New York Times, il regno ultraconservatore islamico, che fino a oggi ha sempre negato di aver compiuto l’omicidio, sarebbe pronto ad ammettere tutto, a patto che venga salvata la reputazione dell’erede al trono, Mohammed bin Salman (che secondo intercettazioni Usa avrebbe ordinato l’operazione).

ESTREMA CAUTELA

La storia che infiamma da due settimane i giornali di tutto il mondo fa capire bene i rapporti di forza geopolitici. Se Riyad riconoscerà le proprie responsabilità, ammetterà di fatto che i suoi uomini non hanno paura di uccidere giornalisti, senza curarsi delle telecamere, in un paese della Nato. Ci si aspetterebbero reazioni di fuoco da parte degli alleati della Turchia. Eppure sia gli Stati Uniti sia i più importanti Stati europei (Gran Bretagna, Francia e Germania in testa, mentre l’Italia come sempre è non pervenuta) usano estrema cautela, chiedono «indagini indipendenti», certo, ma non prendono nessuna iniziativa forte per condannare un episodio con pochi precedenti.
Ci si accontenta di qualche comunicato. Per il resto solo un silenzio imbarazzato. Anzi, Donald Trump e il segretario di Stato americano Mike Pompeo parlano con il re saudita Salman e lo vanno a incontrare per cercare una strada condivisa per non far fare al principe Mohammed bin Salman una figuraccia (che in ogni caso ha già fatto). Improvvisamente le potenze occidentali diventano insomma accomodanti e mansuete.

RIYAD NON È MOSCA

Una bella differenza rispetto a quanto avvenuto a marzo. Pochi giorni dopo l’avvelenamento dell’ex spia Sergei Skripal (e di sua figlia) a Salisbury, infatti, le potenze occidentali si erano comportate in modo ben diverso. Pur non avendo prove del coinvolgimento di Mosca, 150 diplomatici russi sono stati espulsi immediatamente da Stati Uniti, Unione Europea e altri paesi della Nato. Un provvedimento che l’ex ambasciatore italiano presso Nato e Mosca, Sergio Romano, definì «esagerato», visto che si trattava più che altro di un regolamento di conti nella «decennale guerra fra i servizi britannici e russi, una concorrenza che ha visto in passato colpi bassi da una parte e dall’altra».

EUROPA TIMIDA

Trump ha perlomeno dichiarato che l’Arabia Saudita subirà una «severa punizione» se verrà riconosciuta colpevole dell’assassinio, ma ha anche aggiunto che non ci saranno sanzioni che possano mettere in discussione i ricchi contratti economici firmati tra i due paesi perché «non vogliamo mettere a rischio posti di lavoro negli Stati Uniti». Resta da vedere, dunque, quali punizioni infliggerà ai sauditi.
I paesi europei non hanno detto neanche questo, né si sono azzardati a ipotizzare espulsioni di diplomatici. Il portavoce della cancelliera Angela Merkel, ad esempio, ha dichiarato che l’export tedesco verso Riyad e l’uccisione di Khashoggi sono «due cose non correlate». Il ministro degli Esteri britannico, Jeremy Hunt, ha spiegato che Londra «reagirà in modo appropriato» contro i sauditi, ma solo se verrà dimostrata la loro responsabilità. Che apprezzabile garantismo. La Francia è il secondo esportatore di armi europei in Arabia Saudita e non si è neanche espressa sul tema.

Il segretario di Stato americano Pompeo scherza con il principe ereditario saudita MbS

PECUNIA NON OLET

Pare che il detto “pecunia non olet” risalga ai tempi dell’imperatore Vespasiano, quindi non c’è da stupirsi se gli Stati occidentali preferiscono rimanere in silenzio mentre l’Arabia Saudita, primo esportatore di petrolio al mondo, commette omicidi extragiudiziali nei territori della Nato. L’utilizzo di due pesi e due misure rispetto al comportamento adottato nei confronti della Russia, però, salta agli occhi di tutti.

ARABIA SAUDITA PERICOLOSA

Soprattutto perché Riyad non è meno pericolosa di Mosca quando si tratta di minacciare gli interessi dei paesi occidentali. L’Arabia Saudita, infatti, oltre a essere un regime dittatoriale che non rispetta in alcun modo i diritti umani, ha favorito l’espansione dell’Isis in Iraq e Siria, finanziando i terroristi che combattono contro il regime di Bashar al-Assad; ha destabilizzato la Siria provocando una crisi migratoria senza precedenti, che rischia di dissolvere l’Unione Europea; ha favorito la nascita del terrorismo islamico in Europa finanziando la costruzione di moschee e centri islamici tutt’altro che moderati e ha causato la più grande crisi umanitaria al mondo con una campagna di bombardamenti in Yemen che va avanti dal marzo 2015.

BUSINESS AS USUAL

Ora Riyad sta per ammettere che non disdegna di compiere omicidi mirati di dissidenti in paesi della Nato, ma che la colpa non è dei vertici della casata degli Al-Saud ma di qualche agente segreto troppo zelante. L’Occidente non ha intenzione di rivedere le sue alleanze nella regione mediorientale né di rinunciare all’esportazione di armi e altri beni nel Regno. Ecco perché con tutta probabilità non accadrà nulla e le «punizioni» saranno «severe» solo in apparenza. MbS salverà la faccia, i paesi occidentali faranno finta di aver difeso l’onore e i diritti umani con qualche interventino di facciata. Poi sarà business as usual.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

Tags: arabia sauditaFranciaGermaniagran bretagnakhashoggimohammed bin salmannatoriyadtrumpTurchiaUSA
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