Nel suo film “Il terzo uomo”, ambientato fra le rovine insieme fisiche e morali della Vienna del dopoguerra, Graham Greene mette in scena un eroe, Rollo Martins, costretto, per sfuggire alla polizia, a fingersi Benjamin Dexter, scrittore atteso al locale British Council per presiedere una conferenza sui suoi romanzi. Qui, per la gran confusione del Direttore dell’istituto, Mr. Crabbin, e del pubblico austriaco, desideroso di venir “de-nazificato”, Martin comincia a parlare dell’unico romanziere che egli abbia mai letto: lo scrittore dell’Old West americano Zane Grey. La battaglia per i “cuori e le menti” del nemico comune di quel tempo viene sottolineata nel film dal particolare delle jeep della polizia dove, nella Vienna divisa fra i Quattro Poteri, c’erano sempre quattro poliziotti: un britannico, un americano, un francese e un russo.
Tony Blair vuole “Menti aperte”. Contro il nichilismo di bin Laden
Oggi, nella ricostruzione culturale che è la sfida da affrontare dopo il nihilismo di Osama bin Laden (anziché quello di Hitler), fra le rovine di un Afghanistan dove il team dei poliziotti “nelle jeep” è sempre quello, al British Council è stato assegnato un ruolo forse ancora più importante. A parte l’aberrazione del nazismo, la cultura tedesca aveva radici storiche e culturali comuni con i propri nemici. Il “popolo del Libro”, come Maometto chiamò i suoi discepoli, insieme ai cristiani e agli ebrei, condivide l’origine del proprio monoteismo, nato nello stesso arido deserto percorso da un’Arca dell’Alleanza vuota e da un’invisibile Onnipotenza, ma sembrerebbe che il mondo musulmano sia sprofondato in quel pozzo d’ignoranza, d’incomprensione e d’odio, abilmente sfruttato da bin Laden. Tony Blair ha perciò affidato al British Council il compito di colmare questo vuoto con un progetto chiamato “Menti aperte”. Il British Council ha uffici e istituti sparsi sull’intero pianeta. Accredita scuole d’inglese e insegnanti, dispone esami, assegna borse di studio, apre biblioteche e organizza opere teatrali, concerti ed esibizioni. Il suo costo di gestione è di circa 50 milioni di sterline l’anno, con un ritorno pari a 350 milioni nel settore turistico e ancor più in quello scolastico. Dal 1997 si fa ambasciatore di una Gran Bretagna multiculturale e moderna piuttosto che della tradizione del Paese di Shakespeare, cui forse gli anglofili all’estero vorrebbero venisse dato maggior risalto. Con 24 milioni di sterline da spendere ogni anno nel progetto “Menti aperte”, sarà quest’istituto a far conoscere la realtà dei musulmani che vivono in una Gran Bretagna patria di fedi diverse ad un mondo islamico monoculturale, cercando d’aprire un dialogo tra l’islam e l’Occidente “satanico”.
Così il British Council iscrive i mullah al corso di “dialogo culturale”
In Albania, Algeria, Azerbaigian, Bahrain, Bangladesh, Bosnia, Brunei, Egitto, India (che con 150 milioni di musulmani è il secondo Paese per presenza islamica dopo l’Indonesia), Indonesia, Iran, Giordania, Kazakhstan, Kosovo, Kuwait, Libano, Libia, Macedonia, Malaysia, Marocco, Nigeria, Oman, Pakistan, Territori palestinesi, Qatar, Arabia Saudita, Sudan, Tunisia, Turchia, Emirati Arabi Uniti, Uzbekistan e Yemen, sono 43mila gli studenti del British Council che, a parte l’apprendimento della lingua inglese, vengono coinvolti in esperienze di democrazia partecipativa, progetti di riforma del sistema sanitario ed educativo, iniziative tese a sviluppare la reciproca comprensione. Una priorità è stata data a Pakistan, Egitto, Indonesia, Arabia Saudita, Territori palestinesi, Nigeria, Bangladesh, Turchia, Malaysia e Iran. Sul loro territorio, grazie a 20 “Centri di Conoscenza e Insegnamento”, 140mila giovani potranno mettere in comune la propria esperienza con quella dei ragazzi musulmani che vivono in Gran Bretagna, on-line o attraverso video-conferenze. Attualmente, hanno avviato la propria attività i Centri del Cairo e d’Islamabad (quelli di Kuala Lumpur e Giakarta apriranno fra 2003 e 2004), e sono in programma scambi tra giovani inglesi e loro coetanei islamici. Inoltre, in tutto il mondo islamico, il British Council è impegnato in progetti d’educazione del cittadino sui temi del multiculturalismo, corsi d’introduzione alla giustizia per giovani avvocati, di tirocinio per giovani giornalisti e di sviluppo delle capacità manageriali delle donne. L’istituto appoggia la creazione di un’alleanza cristiano-islamica a Kaduna, nella Nigeria del Nord, sostiene il corso di “dialogo culturale” per i mullah nel Pakistan nord-occidentale e, come parte del progetto “Menti aperte”, sta svolgendo un sondaggio d’opinione nei paesi musulmani utile a definire la strategia di futuri progetti educativi e culturali.
La nuova “diplomazia a tu per tu”
È questo il principio della “diplomazia a tu per tu”, dov’è importante innanzitutto moltiplicare le occasioni di dialogo e sottolineare gli interessi comuni tra i giovani e la futura classe dirigente. Dreams and Teams è il nome di un progetto sportivo che ha gemellato squadre sportive della Gran Bretagna con altre, ad esempio, della Malaysia o dell’Egitto. Montage è il sito Internet del British Council che ospita il progetto Experience Pakistan, rivolto a giovani di 14-15 anni residenti in Gran Bretagna, con l’obiettivo di rendere loro più familiare la cultura e i costumi del Pakistan. Il 27% degli 8 milioni di abitanti di Londra è parte di una minoranza etnica, mentre Leicester sta per dare il benvenuto alla prima “minoranza etnica” divenuta maggioranza. Nelle comunità indù e musulmana, il 43% dei membri sono laureati in Lettere e appartengono alla classe media dei liberi professionisti o dei manager. È la Gran Bretagna multiculturale che rappresenta un modello per il “villaggio globale” con una lingua che è il risultato di una molteplicità di fonti etniche. Il progetto “Menti aperte” è imperialismo culturale? Yousef Bhaiklok, segretario generale del Consiglio musulmano della Gran Bretagna, pensa di no. «Come cittadini britannici musulmani, assicuriamo il nostro appoggio alle iniziative del British Council che promuovono la tolleranza e una società aperta fondata sulla giustizia, sull’equità e sulla pace. Dobbiamo conoscerci meglio l’un l’altro per fare della Gran Bretagna un paese multiculturale e sicuro per tutti i suoi cittadini. E vogliamo giocare un ruolo attivo nella sua costruzione».