Il governo Wilders-Rutte mette ancora più in imbarazzo Macron
Martedì scorso Geert Wilders aveva annunciato che dopo sette mesi di negoziati era stato raggiunto un accordo di governo quadripartito, venerdì è stata diffusa la lista dei 15 ministri che comporranno il nuovo esecutivo olandese (mentre restano da definire i viceministri). Sta così per prendere forma un doppio evento storico per l’Olanda e per l’Europa: non solo il nuovo governo olandese avrà una maggioranza di ministri di un partito di estrema destra, il Partito per la Libertà (Pvv) che occuperà cinque posti ministeriali, ma la compagine governativa sarà integrata da quattro ministri del partito liberale, cioè il Partito popolare per la libertà e la democrazia (Vvd) del premier uscente Mark Rutte.
Il possibile sorpasso dei conservatori a Strasburgo
Da qui un grosso grattacapo per i liberali europei, riuniti nel gruppo Renew Europe al Parlamento europeo, già afflitti per la sonora sconfitta alle recenti elezioni europee, dove sono stati il gruppo che ha perso più eurodeputati, ben 23 sui 102 che aveva, scendendo così a 79. Secondo la statuto del gruppo, di cui è presidente Valerie Hayer, eurodeputata francese appartenente al partito del presidente Emmanuele Macron, nessun partito affiliato a Renew può partecipare o sostenere governi che comprendono forze politiche di estrema destra.
Se la Hayer procedesse all’espulsione dei 4 deputati olandesi eletti nella lista del Vvd, Renew scenderebbe a 75 deputati e cederebbe il suo attuale terzo posto nell’Europarlamento a Ecr, cioè a Conservatori e riformisti europei di cui è presidente Giorgia Meloni, che ha totalizzato 76 eletti (7 in più della volta scorsa).
La linea di Wilders e quella del nuovo governo
Il Pvv di Wilders, che ha conquistato 6 seggi alle elezioni europee, è molto più a destra dei partiti di Ecr: fa infatti parte di Identità e Democrazia, il gruppo sovranista che fino alla vigilia delle elezioni ospitava Alternativa per la Germania (Afd), la formazione tedesca sospettata di tendenze neonaziste e per questo sospesa. Nel suo programma originario il Pvv proponeva la messa la bando del Corano in Olanda, la chiusura delle moschee e delle scuole coraniche la proibizione della macellazione halal, l’uscita dall’Unione Europea, la menzione dell’origine etnica degli olandesi nei documenti, l’abbandono dell’euro, eccetera.
Naturalmente tutti questi punti non figurano nell’agenda del nuovo governo, al quale non partecipa direttamente Wilders, e che sarà presieduto da un tecnico: il 67enne ex dirigente dei servizi segreti Dick Schoof, che è stato direttore capo del servizio di immigrazione e naturalizzazione, coordinatore nazionale per la sicurezza e l’antiterrorismo (Nctv) e direttore generale del servizio di intelligence e sicurezza (Aivd).
Pesi elettorali e poltrone
La coalizione di governo quadripartita oltre al Pvv, vincitore delle elezioni del novembre scorso, e al Vvd di Mark Rutte comprende il Movimento civico-contadino (Bbb) di Caroline van der Plas che ha vinto a sorpresa le elezioni provinciali del marzo 2023 con un programma di opposizione alle politiche “verdi” insostenibili per il mondo rurale, e il Nuovo contratto sociale (Nsc) di Pieter Omtzigt, compagine di fuoriusciti dello storico Cda (Appello cristiano-democratico), il partito democristiano olandese che in passato raccoglieva percentuali superiori a un terzo dell’elettorato, e che alle ultime elezioni si è dovuto accontentare del 3,3 per cento.
I partiti hanno ottenuto ministri in forza del loro score elettorale alle elezioni del novembre scorso: 5 per il Pvv, 4 ciascuno Vvd e Nsc, 2 il Bbb. Al Pvv toccano il ministero per le richieste di asilo e i migranti, la sanità, le infrastrutture, gli affari economici, il commercio estero e gli aiuto allo sviluppo.
Stretta sui migranti e meno green
Pur avendo poco a che fare col manifesto del Pvv, il programma del nuovo governo presenta notevoli discontinuità rispetto a quelli degli esecutivi Rutte. Le domande di asilo saranno sottoposte a «un regime più stretto» in base a una «legge d’emergenza» che permetterà di sospendere la trattazione delle richieste di asilo per due anni. La distribuzione dei richiedenti asilo in tutti i comuni olandesi, decisa dal precedente governo Rutte, è annullata, e i richiedenti resteranno nei centri di accoglienza. Il budget degli aiuti internazionali allo sviluppo, che era di 3,6 miliardi di euro nel 2023, dovrà essere ridotto di 2,4 miliardi di euro nel corso della legislatura. Le risorse così liberate serviranno a risolvere la crisi degli alloggi, il cui prezzo è diventato insostenibile ed è stato uno dei cavalli di battaglia del Bbb, al quale è assegnato il ministero della Casa, nella persona di Mona Keijzer.
Al Bbb anche il ministero dell’Agricoltura, della sicurezza alimentare e della natura, con l’obiettivo di alleggerire o invertire le politiche del precedente governo, che intendeva ridurre il numero dei capi di bestiame e le superfici coltivate in Olanda per ridurre le emissioni di CO2. Le Finanze invece spetteranno a un liberale, Eelco Heinen del Vvd: sarà lui a tenere a freno le tendenze a un eccesso di spesa pubblica che potrebbero manifestarsi da parte dei partiti della coalizione.
Espellere il prossimo segretario della Nato?
Dopo avere minacciato l’espulsione del Vvd per tutta la durata della campagna elettorale per le elezioni europee, all’indomani dello scrutinio la presidente di Renew Europe Valerie Hayer ha improvvisamente frenato, probabilmente dietro indicazione di Emmanuel Macron. «Questa è una discussione che si svolge a livello confidenziale. La decisione sarà presa nelle prossime settimane».
Nelle prossime settimane si decidono le cariche nella nuova Commissione europea e nel nuovo Parlamento, ma si decide anche il nuovo segretario della Nato, che si riunisce a Washington fra il 9 e l’11 luglio. Il candidato favorito alla successione di Jens Stoltenberg è l’olandese Mark Rutte, che la Francia non ha osato fino ad oggi ostacolare e anzi ufficiosamente sostiene. Sarebbe curioso che il partito dei liberali olandesi venisse espulso da un raggruppamento politico transnazionale liberale nel momento stesso in cui il suo più importante leader degli ultimi due decenni diventa segretario della Nato.
Ma sarebbe altrettanto curioso che Macron e Renew si impegnassero a ostacolare la partecipazione di Ecr alla governance dell’Unione Europea perché troppo di destra, mentre rinunciano a espellere dai loro ranghi un partito che governa insieme a una destra decisamente più estrema di quella di Giorgia Meloni.
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