tratto dall’Osservatore Romano – È «la fine del falso stato dell’Is». Lo ha detto il primo ministro iracheno Haidar Al Abadi salutando la riconquista da parte delle truppe di Baghdad delle rovine della moschea Al Nuri, nel cuore di Mosul. Anche se il sedicente stato islamico (Is) continua a controllare vasti territori sia in Iraq sia in Siria, secondo gli osservatori l’evento di queste ore riveste un’importanza simbolica fondamentale. Fu proprio da questa moschea, infatti, che nel luglio del 2014 Abu Bakr Al Baghdadi proclamò la rinascita del califfato dopo che le sue milizie si erano impossessate in pochi giorni di Mosul, Tikrit e gran parte della regione occidentale di Al Anbar, arrivando a una cinquantina di chilometri da Baghdad.
Le forze anti-terrorismo «hanno preso il controllo della storica moschea di Al Nuri, del minareto di Hadba e dell’area commerciale di Serchkhana nella città vecchia di Mosul», ha annunciato a metà giornata il generale Abdul Amir Yarallah, comandante dell’offensiva lanciata nell’ottobre dell’anno scorso dall’esercito, appoggiato da milizie sunnite e curde, per strappare all’Is quella che era considerata la “capitale” del sedicente stato islamico in Iraq. L’operazione è ormai conclusa, con le forze lealiste che si sono aperte la strada a fatica, edificio dopo edificio, in un tessuto urbano fatto di stretti vicoli e ancora densamente popolato.
In questa situazione, è diventata difficilissima la vita delle decine di migliaia di civili intrappolati per mesi nella città vecchia, ridotti alla fame e senza riparo, mentre centinaia di jihadisti continuavano a opporre resistenza. Altri 850.000 civili sono fuggiti dalla città negli otto mesi dell’offensiva. Quasi 400 chilometri a ovest altri 100.000 residenti, secondo le stime delle Nazioni Unite, sono bloccati a Raqqa, il principale centro siriano dell’Is, dove le milizie curde sostenute dai bombardamenti della coalizione internazionale a guida statunitense cercano di avanzare verso il centro.
A fare le spese della crisi sono spesso le fasce meno protette della popolazione. L’Unicef ha denunciato che i bambini di Mosul hanno affrontato e affrontano ancora «diverse minacce alla loro vita». Alcuni «si nascondono nei seminterrati, timorosi di un prossimo attacco; altri che cercano di fuggire rischiano di essere colpiti o feriti. Ci sono notizie di centinaia di civili che sono già stati uccisi e utilizzati come scudi umani». I ragazzi e le ragazze che sono riusciti a fuggire, aggiunge un comunicato, «mostrano segni di malnutrizione e portano con loro ferite psicologiche dovute al conflitto, come conseguenza di ciò che hanno passato».
La scorsa settimana inoltre la moschea Al Nuri, risalente al XII secolo, e il suo tipico minareto pendente detto Al Hadba, sono stati distrutti mentre già infuriavano i combattimenti nell’area. Il governo iracheno ha affermato che a farli saltare in aria è stato l’Is. Ma il cosiddetto stato islamico, che ha quasi sempre rivendicato atti di devastazione di questo tipo di monumenti e siti archeologici, ha negato ogni responsabilità affermando che moschea e minareto sono stati distrutti in un bombardamento della coalizione internazionale. La coalizione ha smentito. In Iraq i jihadisti controllano ancora una vasta enclave di 100 chilometri per 50 a ovest di Kirkuk e una larga fascia di territorio lungo circa 400 chilometri di frontiera con la Siria. «Non ci fermeremo — ha affermato il premier Abadi — continueremo a combattere Daesh fino a quando l’ultimo di loro sarà stato ucciso o portato davanti alla giustizia».
Foto Ansa/Ap