Caro direttore, a volte i giornali regalano delle perle di umorismo che è bene evidenziare. Ieri sul Corriere veniva proposta un’intervista a Giacomo Zattini, portavoce dei Fridays for future Italia, che appoggia la “protesta dei trattori”. Già qui c’è un cortocircuito: com’è possibile che gli iper-ambientalisti stiano dalla parte di chi chiede un freno alle mattane green, come Matteo Salvini? Nessun problema, risponde Zattini, bisogna «entrare meglio nella questione». Ed, entrandoci, il ragazzo prende le distanze dall’orco Salvini dicendo che il leghista è il «portavoce degli interessi dei grandi gruppi» e poi, con sommo realismo e contraddicendo tutto quello per cui i FFF hanno sempre rotto le scatole, dichiara: «Non esiste una transizione ecologica che non veda protagonisti i lavoratori. Questo processo di cambiamento epocale va governato. Il che non vuol dire che non ci possa e non ci debba essere conflitto sociale. Sarebbe bello dire: da domani basta gasolio, ma sappiamo tutti che non è possibile». Risate.
Maurizio Ercoli email
Beata gioventù, quanta confusione gli abbiamo messo in testa.
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Caro direttore, con spirito da bastian contrario quale sono, le scrivo provocatoriamente questo: meno male che non hanno permesso a Giuliano Amato di fare il suo incontro a San Vittore, a quei poveri detenuti sarebbe stata inflitta una pena aggiuntiva.
Omar Schiavi email
Capisco l’ironia, ma le cose sono andate diversamente come ha ben spiegato Ermes Antonucci sul Foglio: non c’è stata nessuna «censura» (come ha detto l’ex garante dei detenuti Mauro Palma), nessun attacco alla Costituzione (come paventato dal presidente emerito della Consulta, Giovanni Maria Flick), nessun «caso grave» (Debora Serracchiani, Pd). Niente di niente, nonostante il grande sdegno di Repubblica e Stampa (che ancora ieri titolava “Vietare il libro di Amato è un attacco alla Costituzione”). È tutto molto più semplice: la richiesta è stata presentata tardi e il Dap ha chiesto di riprogrammare l’iniziativa in altra data.
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Plaudo alla decisione della Corte d’Appello di Milano che ha dichiarato illegittime le trascrizioni degli atti di nascita di bambini nati con fecondazione assistita eterologa all’estero. Mi pare che, finalmente, si chiarisca che non può essere un tribunale a decidere se questa cosa sia lecita o no, ma che, come dice la sentenza, «serve un intervento del legislatore».
Marco Sensini email
La penso un po’ diversamente. Nel senso che è giusto chiarire il fatto che non spetta a un giudice “fare” un legge se questa manca (o, come successo per la legge 40 sulla pma, abbatterla e svuotarla), ma diffido molto anche di questo continuo richiamo alla “necessità” di “richiamare” il legislatore a intervenire, quasi fosse un suo obbligo. Soprattutto perché, come si capisce bene leggendo certi giornali, la legge desiderata dovrebbe giustificare la pratica della fecondazione assistita eterologa. Esempio: ieri sul Corriere della Sera c’era un commento di Beppe Severgnini, che sin da titolo (“Parlamento latitante, serve una legge”), chiariva a cosa mirino coloro che chiedono “urgentemente” un intervento del legislatore. In sostanza, scriveva il nostro: c’è confusione, i tribunali dicono una cosa e poi l’altra, intervenga il parlamento, cosa aspetta?, e faccia una norma che una volta per tutte – attenzione alle parola – riconosca «l’amore». Perché, argomentava Severgnini, «chi conosce coppie femminili sa quanto amino i propri figli: né più né meno di ogni altra coppia». La Stampa è arrivata a titolare a tutta pagina: “La mamma cancellata” (che, poi, a dirla tutta, qui a essere cancellato è il donatore, cioè il padre), insistendo ancora sul punto: «Serve l’intervento del legislatore». Chiaro no? Quando i tribunali, come a Perugia, riconoscono – in modo creativo – quel che vogliono loro, allora tutto bene; quando dicono il contrario, allora è colpa dei politici che non approvano le leggi. La verità è che le norme esistono (l’eterologa è vietata in Italia; le coppie possono procedere all’adozione, ad esempio), ma a loro non stanno bene. Occhio, insomma, a non farsi ingannare: perché mai un parlamento dovrebbe fare una legge e, soprattutto, una legge come la vogliono loro?
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Ma che gli è saltato in mente al governatore della Liguria Giovanni Toti di far votare al consiglio regionale la legge sul fine vita? Prima Zaia, adesso lui. Che delusione questi amministratori di centrodestra!
Carlotta Zerli email
Concordo. Toti ha giustificato la sua scelta dicendo di essere «un liberale di educazione cattolica» e di non volere «che altri decidano per mio conto su temi etici cruciali». Ma “altri” chi? Qui gli unici che vogliono decidere sono i radicali che cercano di far surrettiziamente passare per via regionale ciò che non riescono a ottenere per via nazionale. L’abbiamo già spiegato per il caso del Veneto (con la presa di posizione dell’Avvocatura generale dello Stato) e non staremo a ripeterci. In Liguria, per ben due volte, l’Ufficio di presidenza del Consiglio ha bocciato l’ammissibilità della raccolta firme promossa dai radicali, finché la sinistra non l’ha riproposta e ora Toti la sposa con un’altra giustificazione lunare: «Qui da noi è difficile che passi, ma altrove potrebbe essere accolta: si costringerà il Parlamento a intervenire, per evitare il caos della transumanza da una regione all’altra di chi ha bisogno». Cioè, promuovono loro il “regionalismo della morte” e poi chiedono al Parlamento di porvi rimedio? Assurdo.
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Caro direttore, i giornali che antipatizzano con la protesta degli agricoltori scrivono che l’agricoltura costa all’Europa oltre 350 miliardi di euro, cioè un terzo del bilancio Ue, ed è pari alla metà del Next Generation EU. I nostri lettori potrebbero pensare che abbiamo preso un abbaglio quando l’1 febbraio abbiamo scritto che i coltivatori ricevono sussidi per circa 50 miliardi di euro ma esportano fuori dai confini della Ue ogni anno prodotti agro-zootecnici per 230 miliardi di euro. E invece no: noi abbiamo scritto giusto, mentre i giornali che scrivono dei 350 miliardi trasmettono un’impressione sbagliata. I miliardi non sono 350 bensì 386, ma non sono la voce di un bilancio annuale: sono la voce di un bilancio settennale, che copre gli anni 2021-2027 e che ammonta in tutto a 1.214 miliardi di euro. Dunque i 386 miliardi vanno divisi per sette annualità, mentre i 230 miliardi di export agro-alimentare riguardano il solo anno 2022, in aumento rispetto al 2021 quando erano stati 200. In quell’anno l’agricoltura aveva ricevuto sussidi per 55,6 miliardi di euro, di cui 40,3 sotto forma di sovvenzioni dirette ai produttori e 15,3 come misure per lo sviluppo rurale.
Naturalmente i paesi Ue importano prodotti agroalimentari dall’esterno: per 171,8 miliardi di euro nel 2022, l’anno prima erano stati 130,2 miliardi. Attualmente la bilancia commerciale è positiva per i paesi Ue, ma fatalmente diventerà pesantemente negativa se le politiche previste nel Green Deal, dalla Nature Restoration Law e dalla Farm to Fork Strategy verranno applicate alla lettera.
Rodolfo Casadei email
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Caro direttore, faccio i complimenti all’amico Rodolfo Casadei per le riflessioni sul meccanismo “ideologico” e “mediatico” del Festival di Sanremo (e non solo), e il finale su popolo e consumatori lo condivido in toto. Era quello il senso della “provocazione” della mia mail. Probabilmente per necessità di sintesi non mi sono spiegato bene. A tutti voi buona giornata e grazie per il vostro lavoro quotidiano di comunicazione.
Carlo Candiani email
Dagli agricoltori a Sanremo, Casadei non sbaglia un colpo.
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Complimenti a Caterina Giojelli. Il suo scritto sull’antifascismo militante mi ricorda il compianto Giovanni Guareschi grazie al quale mi sono scompisciato dal ridere per quaranta anni. Grazie di cuore. Buon lavoro.
Alfredo Morello email
E per i prossimi quarant’anni lo farà con gli articoli della nostra Cate.
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Ottima idea la newsletter sui libri. Grazie.
Sergio Galli Como
Ci stiamo lavorando, grazie.