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Gli inglesi vanno matti per i nuovi test prenatali. Letali per i bimbi Down

Nel Regno Unito il numero dei nati con anomalie cromosomiche è diminuito del 30 per cento. Coi Nipt test (presto gratis anche in Italia) vengono scartati subito

Caterina Giojelli
12/12/2019 - 2:00
Esteri
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Nel Regno Unito il numero di bimbi nati con la sindrome di Down è diminuito del 30 per cento. “Merito” del debutto dei Nipt test (Not Invasive Prenatal test), i nuovi screening delle principali anomalie cromosomiche fetali in gravidanza introdotti a partire dal 2013 in alcune strutture del servizio sanitario nazionale. I dati, resi noti da 26 trust ospedalieri inglesi (circa un quinto di quelli che offrono servizi di maternità) e pubblicati dal Times, si riferiscono al periodo 2013-2017, anno in cui i bambini nati con la sindrome di down sono stati 1 su 1.368, cioè lo 0,07 per cento. Prima dell’avvento dei Nipt test – che il governo puntava ad introdurre a livello nazionale fin dall’autunno del 2018, salvo poi rinviare la pianificazione – erano 1 su 956 nascite, lo 0,11 per cento.

BAMBINI GESTITI COME ROSPI

Non erano infondati i timori di padri e madri come Lynn Murray, mamma di Rachel, diciannovenne con la sindrome di Down, che da anni protestano contro la diffusione di screening utilizzati «per selezionare i bambini» («Si sente parlare in tutti i modi di uguaglianza e di non discriminazione – aveva spiegato Murray a Tempi.it – ma chi parla della discriminazione dei disabili e chi difende i loro diritti?»). Anche l’attrice Sally Phillips, mamma di Olly, si era scagliata contro la nuova industria dei test non invasivi e le pressioni esercitate dal servizio sanitario per abortire bimbi difettosi, «se il fatto di fare soldi con degli screening che nella maggior parte dei casi portano le donne a interrompere le gravidanze non si chiama eugenetica allora non so come si chiami. Quando il dottore mi ha detto che Olly aveva la sindrome di Down, ha esclamato “mi dispiace”, l’infermiera ha pianto, e questo è successo 11 anni fa» mentre oggi «il servizio sanitario nazionale tratta le persone con la sindrome di Down come se dovesse gestire una popolazione di rospi», aveva spiegato, dopo aver realizzato il documentario A World Without Down’s Syndrome.

«NON DOVRESTI AVERE FIGLI»

Quanto alla pelosa attenzione verso i disabili, la campionessa paralimpica Tanni Gray-Thompson, che pure ha sempre difeso il diritto alla scelta delle donne, non si ricorda nemmeno il numero di persone che le hanno chiesto perché era rimasta incinta nonostante avesse la spina bifida e dei medici che le avevano consigliato di abortire perché, le era stato detto, le persone come lei «non dovrebbero avere figli». E riporta spesso un dialogo avuto con la madre quando era ancora molto giovane «quando sono nata non era possibile diagnosticare la spina bifida. Mi ha detto che se l’avesse saputo probabilmente avrebbe abortito». La campionessa ha partorito sua figlia Carys nel 2002.

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LA ROUTINE DI SOPPRIMERE IL MALATO

In mancanza di una valutazione dell’impatto dei Nipt sul numero di aborti ma anche sull’atteggiamento di medici e professionisti e sulla società stessa già orientata a scartare i disabili (nel Regno Unito il 90 per cento delle gravidanze di un bambino a cui viene diagnosticata la sindrome di Down vengono interrotte, dati in linea col resto dell’Europa e Italia, dove a parità di nascite, di due bambini Down che nascevano fino a trent’anni fa ne nasce meno di uno), novecento persone con la sindrome di Down e i loro famigliari hanno firmato e consegnato al governo una petizione per chiedere di rinviare, in attesa di un serio monitoraggio, l’introduzione dei test a livello nazionale: «Queste cifre – ha spiegato Lynn Murray, oggi portavoce della campagna Don’t Screen Us Out – mostrano che fornire i test negli ospedali del Ssn sta portando a una forte riduzione delle nascite di bambini con sindrome di Down. È assolutamente immorale e discriminatorio proseguire con la diffusione dei test dal momento che stanno portando alla riduzione di persone appartenenti a una specifica comunità». Lo afferma anche l’International Bioethics Committe dell’Unesco: i Nipt test, eseguibili già alla decima settimana, presentano lo “svantaggio etico” di rendere routine e istituzionalizzare la scelta di non dare alla luce un bambino malato o disabile.

LIBERAL CONTRO L’ABORTO. PURCHÉ SIA FEMMINA

Quanto alle comunità a rischio, le argomentazioni dei “pro life” non sono affatto diverse da quelle utilizzate dai laburisti britannici lo scorso anno, quando chiesero al governo di vietare l’uso dello screening precoce per comunicare alle donne in gravidanza quale fosse il sesso del nascituro. I Nipt, spiegavano gli indignati liberal, avrebbero potuto spianare la strada all’aborto selettivo (come già aveva dimostrato un rapporto uscito a marzo 2017 del Nuffield Council on Bioethics, un think tank finanziato dal governo) fornendo alle donne di «certe comunità culturali», in particolare modo quelle di origine asiatica, informazioni in base alle quali avrebbero potuto scegliere di abortire, o subire pressioni per abortire, nel caso in cui il nascituro si fosse rivelato femmina. Formalmente l’aborto selettivo è vietato nel Regno Unito, così come tecnicamente i Nipt test non potrebbero essere utilizzati dai medici del servizio sanitario nazionale per individuare il sesso del bambino, ma è possibile avere queste informazioni eseguendoli a pagamento. Per i disabili, invece, nessun allarme.

NIPT TEST IN EMILIA-ROMAGNA

Ancora una volta il Regno Unito ci dimostra che per qualcuno l’aborto è più aborto che per gli altri. Ricordiamocelo oggi che l’Emilia Romagna annuncia trionfante l’arrivo dei Nipt test: sarà infatti la prima Regione in Italia ad introdurli gratuitamente per tutte le donne indipendentemente dall’età e dalla presenza di fattori di rischio. A gennaio, a Bologna, si potrà già quindi effettuare lo screening «con una sensibilità e una specificità che arrivano all’incirca al 100 per cento nell’individuazione del rischio di sindrome di Down e di trisomia 13, e poco inferiori nella trisomia 18». Screening che viene presentato «innovativo, non invasivo (un semplice prelievo di sangue) e sicuro per donna e feto». Sicuro per il feto?

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Tags: Abortoemilia romagnasindrome di down
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