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La ridicola ossessione dei radicali per l’eutanasia benedetta dalla Chiesa

Depositate le firme per il referendum, Cappato esalta un sacerdote che predica il suicidio assistito. Invece di correre dietro ai preti, basterebbe ascoltare i no dei medici laici

Caterina Giojelli
12/10/2021 - 6:00
Salute e bioetica
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don Ettore Cannavera durante il suo intervento al Congresso dell’associazione Luca Coscioni

Fate qualcosa per Marco Cappato e questa ossessione per l’eutanasia benedetta dalla Chiesa, dal Vangelo, da Cristo che in Croce non ci voleva salire. Depositate in Cassazione oltre 1 milione e 200 mila firme per chiedere il referendum, «sull’eutanasia è ora di aprire un dibattito anche teologico all’interno della Chiesa cattolica, intesa non semplicemente come gerarchie vaticane ma come comunità dei credenti. Ringrazio don Ettore Cannavera perché il suo intervento al Congresso dell’associazione Luca Coscioni aiuta ad aprire finalmente quel dibattito all’interno della chiesa cattolica, a far emergere quello scisma». L’intemerata è di Cappato, ma chi è don Ettore Cannavera?

Chi è il prete idolo dei radicali

Sacerdote cagliaritano, fondatore della comunità La Collina e insignito nel 2018 dell’onorificenza di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana da Mattarella, sono anni che il prelato attivissimo nel sociale rivendica una sua «visione». Bene espressa al Manifesto durante la raccolta firme per il referendum, ribadita al suo vescovo e poi dal palco del Congresso Nazionale dell’Associazione Luca Coscioni: «Anche io ho firmato il referendum per l’eutanasia legale, ho già organizzato due incontri con docenti universitari, sono stato intervistato dai giornali, per questo sono stato richiamato dal Vescovo di Cagliari per chiarire le mie idee».

E cosa ha detto il vescovo? Mistero, ma ai radicali è piaciuta eccome la teologia del ribattezzato “prete proeutanasia”: «Nasciamo in un gesto d’amore e moriremo in un gesto d’amore. Il suicidio, assistito? Io direi “condiviso”!». «Non esiste l’inferno, non esiste la dannazione, se Dio è amore perché lo vuoi far soffrire? Qui potrei allungarmi tanto… Gesù Cristo non è andato sulla croce sorridendo, ce hanno messo per forza, ma lui è per l’amore!». «A chi appartiene la nostra vita, non al singolo, ma alla comunità, alla nostra famiglia, a tutti. Non è un bene dell’individuo ma un bene comunitario. Se a fronte di atroci sofferenze la decisione migliore per qualcuno è interrompere la vita allora io gli dico… fallo serenamente, sarai benedetto dal Padreterno».

Facciamo parlare i laici

Mancava solo questo ai caroselli sul rispetto della vita (ricordiamolo ancora una volta, il referendum sull’eutanasia non punta a rispettare la vita del prossimo bensì a non finire in carcere se lo ammazzi, liberalizzando «ogni forma di omicidio del consenziente» anche se completamente sano), la spruzzatina di acqua santa.

Quanto ai battiti arrestati dai dibattiti, qui trovate un breve riassunto di cosa accade nei molto progressivamente aggiornati paesi in cui si condividono idee analoghe a quelle di don Cannavera su quel “bene comunitario” chiamato vita, e dove le campane suonano stabilmente a morto per depressi, disabili, dementi, perfino ragazzini. Perché far concionare di eutanasia i preti sardi proprio come paranoiche beghine quando esistono fior fior di laici (non era Cappato quello dell’opzione «Stato laico»?) a raccontartela meglio di ogni tonaca?

Boom di richieste anche per casi “normali”

«Supply will create demand, la disponibilità creerà la domanda. Se in Italia verrà approvata una legge eutanasica, non dovete chiedervi se questo creerà un boom di richieste, ma quando ciò avverrà, e avverrà in poco tempo»: così Theo Boer, docente di Etica della cura sanitaria dell’università teologica di Kampen, uno così convinto che fosse tollerabile (come la più importante Chiesa protestante calvinista del paese aveva deliberato già nel 1985) offrire la possibilità di porre fine alla vita come soluzione eccezionale, da partecipare per nove anni ai lavori della commissione nazionale per l’approvazione delle richieste di eutanasia, dopo che l’Olanda è diventata il primo paese al mondo ad averla legalizzata nel 2002.

Dalle 1.883 richieste di allora si è passati a 6.938 nel 2020, la metà delle quali sono richieste per demenza senile, malattie psichiatriche, cecità, autismo, «l’eutanasia non ha a che fare col dolore, ma con la disperazione e la mancanza di senso» e ha portato a una impennata di suicidi. Proprio così: i sostenitori dell’eutanasia hanno spesso detto che la sua legalizzazione avrebbe umanizzato il fenomeno dei suicidi a cui ricorrevano molti malati gravemente sofferenti, i numeri dimostrano invece che nel giro di dieci anni dall’approvazione della legge, le domande di eutanasia sono aumentate del 150 per cento e il numero dei suicidi è aumentato del 35 per cento.

Intervistato più volte da Tempi, il professor Boer descrive oggi l’eutanasia come «omicidio di una persona», parla di un’Olanda «in cui la carità è scomparsa» e di una «legge che ha effetti su tutta la società», spiegando perché i suoi avversari avevano ragione «quando dicevano che l’Olanda si sarebbe trovata su un piano inclinato pericoloso».

Il piano inclinato dell’eutanasia

Anche le riviste internazionali di medicina iniziano ad accorgersi che il “piano inclinato” è reale e nessun paletto tiene (lo mandino a memoria i teorici dei paletti della Consulta) quando si parla di eutanasia. Il 7 dicembre la geriatra Diane Meier, docente presso la Icahn School of Medicine di New York, ha pubblicato sul prestigioso Jama Internal Medicine un articolo per denunciare che se nel 2002 la legge permetteva di essere uccisi solo in pochi casi, oggi persino chi non è più in grado di intendere e di volere viene soppresso:

«Sono stati rimossi requisiti di prognosi, eliminata l’esclusione per i casi psichiatrici, la sofferenza insopportabile definita in modo amplissimo e ridotti i requisiti per compilare i rapporti (…) Un accesso sempre più permissivo all’eutanasia in questo contesto sociale assomiglia molto alla ratifica del pensiero da parte della società, sostenuta dalle leggi, secondo il quale alcune vite non valgono la spesa necessaria a preservarle. Il pensiero implicito è che sia l’individuo sia la società starebbero meglio se il paziente fosse morto».

E questo, prosegue la geriatra, «è esattamente il modo di pensare che portò i medici tedeschi ad appoggiare e a partecipare alla campagna di sterilizzazioni eugenetiche nei primi anni Trenta e infine alla campagna di eutanasia per coloro che “non sono degni di vivere” – ovvero bambini con disabilità nel 1939, anziani e adulti con disabilità nel 1940».

C’è chi inizia a tirarsi indietro

Per anni sono state le parole scelta, dignità, compassione a incarnare la santa trinità dell’eutanasia (chiedere a Claire Freeman con che risultati sui pazienti: «Loro mi hanno dato la possibilità di scegliere, è vero, e nello stesso istante in cui mi hanno offerto questa possibilità hanno svalutato la mia vita. Ritenevano infatti una vita disabile non degna di essere vissuta»), ora dal Belgio al Canada i medici iniziano a farsi delle domande. O almeno a tirarsi indietro (qui la rivolta degli psichiatri in Canada).

Certi, come i radicali d’antan, che al prete proeutanasia i cattolici preferiscano una scienza più interessata alla ragione che a far da predellino ai clericalismo laicista, ci si chiede se ora che le firme sono state depositate verrà almeno fischiato l’intervallo tra una predica del prete al vescovo e il mascheramento di questo nuovo bigottismo con le trombonesche tirate sul dibattito teologico.

Tags: ChiesaEutanasiaMarco Cappatoradicalireferendum eutanasiasuicidio assistito olanda
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