Enti pubblici disastrati, soldi finiti, recessione rampante: l’Italia ha altre vie d’uscita oltre al fallimento?

Di A cura di Massimo Giardina
14 Dicembre 2013
Anche se le riforme necessarie (tagli e privatizzazioni) sembrano impossibili, un manager e un docente indicano come il paese può rianimarsi

Riceviamo, pubblichiamo e volentieri apriamo la disputa.

Caro direttore, apro un quotidiano a caso, in un giorno a caso, e resto impressionato per la situazione descritta di fallimento economico e amministrativo del nostro paese. Cito saltando da un articolo a un altro, giusto a titolo di esempio: Regioni che, anziché strumenti di alleggerimento dirigenziale, diventano centri di burocrazia e malaffare; autorevoli osservatori esteri che ridicolizzano le ricette anti-crisi del governo Letta; a Genova hanno vinto i sindacati e dunque salta la privatizzazione dell’azienda dei trasporti locali; il Comune di Roma ha un buco da 1 miliardo di euro e il sindaco Marino deve chiedere aiuto allo Stato per evitare il fallimento. Eccetera.

In questo scenario c’è da ritenere che tutti gli enti locali, uno dopo l’altro, capitoleranno verso il default, per una semplice ragione: lo Stato, che deve destinare molti soldi a pagare gli interessi del debito ed evitare l’aumento del deficit, continua a tagliare gli stanziamenti a Regioni, Province, Comuni, i quali faranno sempre più fatica a fronteggiare i propri (spropositati) costi di struttura. E dal momento che il giochino di aumentare le tasse locali non basterà a coprire le mancate entrate dei trasferimenti dal governo centrale, prima o poi resteranno senza alternative: dovranno privatizzare i servizi e licenziare personale. Già adesso il paese non è più in grado di finanziare l’inefficienza della sua pubblica amministrazione, ma – come insegnano Roma e Genova – nessuno è disposto a fare i conti con questa realtà. Ecco perché il fallimento appare inesorabile. Per evitare il default di Stato si condannano al default gli enti locali.

Lo scenario è molto pericoloso a livello sociale, sia che miracolosamente si riesca a riformare (tagli e privatizzazioni) sia che non ci si riesca (default centrale o locale). Pessimismo troppo radicale? Lo spero. Fatto sta che i soldi non ci sono più. E la crescita, cioè la possibilità di recuperarne un po’, è un miraggio, non solo per l’Italia ma per tutto l’Occidente: basti pensare che il Pil degli Stati Uniti – il paese che se la cava meglio – cresce appena al 2,5 per cento… e tutti ormai si aspettano che la Fed smetta di iniettare denaro. Il nostro benessere (buoni stipendi e buon welfare) ha “saturato” la nostra produttività (costo del lavoro e costo dei servizi), quindi il sistema collassa. E per l’Italia il conto sarà più salato perché aggravato da debiti insostenibili. Quindi: o la politica si interroga su come alleggerire lo Stato, oppure “there will be blood”, direbbero gli americani.
Raffaele Giani (manager pubblico).
Ps. A proposito di America: la municipalità di San Francisco, che pochi anni fa era clamorosamente fallita, oggi ha un avanzo di gestione di alcuni milioni di dollari. Già, ma quello è un altro mondo…

Chi ci ha preceduto fuori dal tunnel
Il sistema italiano attraversa una fase di recessione. La buona notizia è che il nostro paese non rappresenta il primo caso che si realizza nella storia, già altre nazioni hanno subìto situazioni analoghe. Trovare le soluzioni, necessita trovare le cause che hanno portato il sistema a tali anomalie; ci vengono incontro alcuni economisti che analizzarono e studiarono diversi declini economici. Fra i contributi più significati troviamo William Baumol, che elaborò una teoria in grado di dimostrare che la crescita del Pil attraverso i valori di produttività più bassi come il settore pubblico porta alla malattia del paese. La Svezia, sempre considerata come esempio di nazione con una forte presenza del comparto pubblico, registrava un’incidenza dei costi di Stato sul prodotto interno del 67 per cento e si trovò a un certo punto in una fase di recessione che riuscì a superare grazie alla riduzione di 18 punti dei costi pubblici, generando indubbi benefici. Ricordiamo inoltre l’esempio della Germania di inizi Duemila: i tedeschi a seguito dell’unificazione si trovarono di fronte a una difficile situazione, superata con la famosa agenda 2010 del governo Schröder che riformò radicalmente il mercato del lavoro rendendolo più flessibile e più incentrato sulla contrattazione locale. Infine un sistema paese deve risultare appetibile per gli investitori esteri, il nostro manca di attrattiva e il dato è verificabile nei 35 miliardi che mancano di capitali dall’estero nella comparazione con le vicine Francia e Germania.
Carlo Scognamiglio (professore di Economia industriale alla Luiss, già presidente del Senato e ministro della Difesa)

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3 commenti

  1. Cisco

    Negli USA gli enti locali possono fallire, mentre in Italia no. Per questo negli USA si posso riprendere dopo una crisi, mentre in Italia non c’è alcuna responsabilizzazione, quindi si sconfinerà nella rivolta sociale. Come quella del pane di manzoniana memoria di cui i forconi sono l’anticamera.

  2. Gian

    Scusate ho corretto gli errori , ma cosa c’è di offensivo nel post che vi ho mandato prima, sarò lieto di togliere le parti più scurrili Grazie

  3. Gian

    Ho letto, sono daccordo che questa è una oppurtunità per rivedere, correggere, e giustamente responsabilizzare un pò tutti. Leggendo, i giornali come ha fatto Raffaele Giani, non essendo un manager pubblico, mi sono permesso di fare come Arianna e seguire il filo della storia a ritroso e la questione passa sicuramente anche da quello che descrive il Sig. Gaiani, rinforzato dalle argomentazioni del Sig. Scognamiglio. Detto questo, il filo della storia mi conduce un po’ più indietro lasciandomi esterefatto quando incontro il pensiero di uomini che evidentemente hanno avuto anche loro delle competenze e dei ruoli su questa terra e comincio a citarne alcune cosi vediamo se la mia ricerca vi trova concordi oppure , solo con l’ultimo degli “apoftegmi “, passatemi il termine. Spero di poter essere utile, e di non essere una pietra d’inciampo, o si ? ma…. vedremo. A volte inciampare riacutizza l’attenzione, buona lettura a tutti.
    – Henry Ford ( 1863 – 1947 )
    Se solo la gente sapesse la stoltaggine del nostro sistema monetario e bancario, ci sarebbe una rivoluzione prima di domani mattina.
    – James A. Garfield (1831 – 1881 ) 20° Presidente degli U.S.A
    Chiunque controlli la massa monetaria di qualsiasi paese è il padrone assoluto dell’intera industria e del commercio.
    – James Madison ( 1751 – 1836 ) 4° Presidente degli U.S.A
    La storia testimonia che i cambiavalute hanno usato ogni sorta di inganno, macchinazione, frode e violenza possibile al fine di mantenere il controllo sui governi per gestire il denaro e la sua emissione
    – John Adams (1735 – 1826 ) 2°Presidente degli U.S.A.
    Ci sono due modi per conquistare e sottomettere una nazione ed il suo popolo. Uno è con la spada, l’altro è controllando il suo debito.
    Come stiamo constatando anche in questi giorni gli U.S.A., in accordo con le menti della banca d’inghliterra, usano entrambi i modi.
    – Giacinto Auriti ( 1923 – 2006 )
    ” Prima di discutere una politica monetaria, una riforma monetaria, o una rivoluzione monetaria dobbiamo essere ben sicuri della natura della moneta” ( Jonh Adams ).
    Il nemico è la nostra ignoranza.
    Al principio dell’ottocento Jonh Adams vedeva che i difetti e gli errori del governo americano non derivavano tanto dalla corruzione del personale ma dall’ignoranza sulla moneta, sul credito e sulla loro circolazione.
    Siamo allo stesso punto ?
    – Franco Modigliani (1918 – 2003 ) Premio Nobel per l’economia 1985
    Non è tollerabile che una banca centrale, isolata, che non ha nessuna responsabilità nè obbligo di spiegare quello che fà, possa continuare a creare disoccupazione mentre i governi stanno zitti. ( intervista a ” IL TEMPO ” 22 ottobre 2000 )
    – Ezra Pound ( 1885- 1972 )
    In qualsiasi società che abbia superato lo stato selvaggio, il monopolio fondamentale è il monopolio del denaro.
    – Napoleone Buonaparte (1769 – 1821 )
    Quando un governo dipende dai banchieri per il denaro, questi ultimi e non i capi del governo controllano la situazione, dato che la mano che dà è al di sopra della mano che riceve.
    Il denaro non ha madrepatria e i finanzieri non hanno patriottismo nè decenza; il loro unico obiettivo è il profitto
    (inciso mio , il potere di decidere sulla vita e sulla morte come Dio, ecco come si sono sostituiti a Dio )
    – Nathan Mayer Freiherr von Rothschild ( 1777 – 1836 )
    Non mi importa quale fantoccio sieda sul trono d’ Inghilterra per governare l’impero sul quale non tramonta il sole. Chi controlla il denaro britannico è colui che controlla questo impero e io sono colui che controlla questo denaro.
    – Upton Beall Sinclair ( 1978 – 1968 )
    E’ difficile far capire qualcosa ad un uomo il cui stipendio dipende dal fatto che non la capisca.
    – Marschall McLuhan ( 1911 – 1980 )
    Solo i piccoli segreti vanno protetti. Per quelli grandi…, basterà sempre l’incredulità della gente.
    – William Paterson ( 1658 – 1719 ) fondò la banca d’Inghilterra nel 1694
    Il banco trae beneficio dall’interesse su tutta la moneta che crea dal nulla.
    A mio modesto avviso è una delle manifestazioni dell’anticristo.
    Abraham Linconl ( 1809 – 1865 )
    Potrete ingannare tutti per un pò, potrete ingannare qualcuno per sempre ma non potrete ingannare tutti per sempre.
    Non è mia intenzione mettere in evidenza alcuna possibile o presunta faziosità da parte di alcuno, ma seplicemente interrogarmi con voi, sul tema proposto. Grazie

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