Avverto la circolazione dell’entusiasmo calcistico in questo agosto declinante. Leggo che sono in aumento gli abbonamenti non tanto a Sky o Mediaset, quanto ai posti nei decrepiti (salvo qualche eccezione) stadi nostrani, con inversione di tendenza in atto. La campagna acquisti delle squadre italiane ha entusiasmato il popolo.
Certo, è finita l’epoca dei Grandi Arrivi, i transatlantici approdano altrove, ma qualcosa si è mosso e poi, soprattutto i tifosi di Inter e Milan, che vengono dalla grande depressione, sentono che la carestia sta per finire, qualcosa si acchiapperà, finalmente, non fosse altro che una resistenza maggiore all’inevitabile, cioè alla prevalenza della Juventus e in secondo ordine della Roma.
Insomma, eppur si muove, dico il calcio italiano. Forse, finalmente, la terza squadra di Champions non finirà eliminata nel preliminare, forse dopo la finale della Juventus e le semifinali di Napoli e Fiorentina diremo la nostra in Europa. Forse. C’è effervescenza nell’aria, quel senso di attesa che precede l’avverarsi di qualcosa, come una specie di natale calcistico.
E allora perché mi sento estraneo a questo formicolio di massa, perché anche questo Titanic mi pare indirizzato verso il solito iceberg? Sarà il mio pessimismo cosmico, sarà il mio solito cinismo, sarà, probabilmente, la vecchiaia. Io, ahimè, ero abituato a Van Basten e Matthaeus, sorry ma per Bacca e Kondogbia, con tutto l’affetto, la stima e la considerazione, stento a farmi salire l’eccitazione.
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