I due strani fenomeni prodotti dallo scudetto del Milan

Di Roberto Perrone
24 Maggio 2022
La vittoria dei rossoneri è risultata più inclusiva (questa volta non è una parolaccia) di quelle di Inter e Juve, e ha costretto molti commentatori ad ammettere di non averci capito niente
Milan scudetto
Con la vittoria per 3-0 sul Sassuolo, il Milan ha vinto il suo diciannovesimo scudetto (foto Ansa)

Lo scudetto (numero 19) del Milan ha prodotto due strani fenomeni, almeno per il calcio italiano e la sua narrazione: 1) è risultato inclusivo come non sarebbe successo a quelli di Inter e Juventus, una arrivata a tanto così, una fuori dai giochi da mo’; 2) ha mostrato molti commentatori “pentiti”, cioè pronti ad ammettere di non aver dato il Milan vincente, di non aver creduto che ce la potesse fare. Quorum ego.

Il Milan è stato squadra

Essendo noi italiani incapaci di ammettere errori e mancanze – è sempre colpa di un altro, dalla Nato al polline dei ciclamini – e soprattutto sempre pronti a spostarci dall’altra parte, cioè ad annunciare “io l’avevo detto” anche se non era per niente così, questo secondo effetto dello scudetto milanista mi induce a partire di qui per questa breve analisi del successo della squadra di Stefano Pioli (bravissimo).

Parentesi: anomala, paradossale e vincente la strana coppia formata da un allenatore mai sopra le righe e da un giocatore eternamente oltre le righe (ZI, ovviamente). Chiusa parentesi.

Il Milan non era la squadra più forte. Adesso notiamo che era la più giovane come se fosse un di più, ma non sempre questo aspetto è positivo. Come dice James Bond al giovane Q «la giovinezza non è una garanzia di innovazione». Il Milan, però, è stato una squadra. Arrigo Sacchi si è affrettato da esaltare il collettivo, anche se Stefano Pioli non è figlio suo, pur essendo nato nella sua stessa regione. Più che nel gioco, io credo che la forza del collettivo si sia vista nella compensazione, nella capacità di colmare le mancanze degli altri. Il Milan ha perso per strada il suo muro difensivo, Simon Kjaer, e il suo totem offensivo, Zlatan Ibrahimovic – comunque importante nel ruolo di guru con il sigaro – e ha saputo farne a meno.

Il Milan potrebbe piacere a Greta Thunberg

Il Milan potrebbe piacere a Greta Thunberg (e mi martello dove non batte il sole mentre lo scrivo): pochi sprechi, molto riciclo, sostenibile. E noi non ci credevamo. Forse neanche loro, ma quando hanno cominciato a crederci si sono presi lo scudetto, producendo questa bella (con le dovute eccezioni che confermano la regola) ammissione di mancanza di fede di quasi tutti commentatori e pure di molti tifosi: ho visto imbandierate su Instagram tante persone di cui non immaginavo il milanismo. Ma questo fa parte del teatro, todos caballeros. Non era facile credere al Milan: delle prime quattro era quella con meno qualità media. Mi ha ricordato un po’ l’Italia all’Europeo, non la più forte, ma la più squadra.

E torniamo al primo punto. Quello del Milan è uno scudetto inclusivo. Delle tre potenze del Nord, il Milan è quello che suscita meno diffidenza. Gli interisti odiano i parenti rossoneri meno dei nemici juventini, gli juventini sono felici che lo scudetto non sia finito ai nemici interisti. Nel resto d’Italia, il Milan è il più “digeribile” dei tre potentati del Nord. Lo scudetto del Milan ha qualcosa di ecumenico, di conciliante. Nessuno è veramente incazzato. E, nel calcio italiano, dove all’ultima giornata abbiamo rivisto (a La Spezia) di cosa è capace la parte peggiore della tifoseria, questa è una piccola benedizione.

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