«Un jihadista non può cambiare. La Siria sarà un regime islamico totalitario»

Di Leone Grotti
11 Dicembre 2024
«Al-Jolani fa il moderato? Fossi in un cristiano, non andrei a dormire tranquillo. Questo non è il secondo capitolo della Primavera siriana, è la sua morte». Intervista all'inviato di guerra della Stampa, Domenico Quirico
Il leader jihadista Abu Muhammad al-Jolani predica in moschea a Damasco dopo la conquista della Siria
Il leader jihadista Abu Muhammad al-Jolani predica in moschea a Damasco dopo la conquista della Siria (foto Ansa)

«Un jihadista può cambiare nome quante volte vuole, ma non cambierà mai testa. Vale anche per la Siria. E i regimi islamici, pur con sfumature diverse, sono tutti uguali: stati totalitari con un solo dio, un solo libro e una sola legge. Tutto qui». Domenico Quirico conosce la Siria come le sue tasche, le fazioni, i gruppi, le sigle, le potenze straniere che appoggiano questo o quello, facendo il doppio e il triplo gioco. L’inviato di guerra della Stampa, rimasto ostaggio dei terroristi islamici per cinque mesi nel 2013, non si aspettava che Hayat Tahrir al-Sham (Hts) avrebbe preso Damasco in una settimana («e probabilmente non se l’aspettavano nemmeno loro»), ponendo fine a oltre mezzo secolo di potere degli Assad in Siria, e ora non crede al leader jihadista Abu Muhammad al-Jolani e alle sue professioni di fede moderata. «Se fossi un cristiano non andrei a dormire tranquillo», dichiara in un’intervista a Tempi.

Quirico, parlando alla Cnn con fare da statista, Al-Jolani ha promesso che il suo sarà un governo «basato sulle istituzioni» e che sarà rispettato «il volere del popolo». Gli crede?
È presto per tirare conclusioni su di lui e il suo gruppo, sono ancora frastornati dall’aver compiuto un’impresa che non si sognavano neanche. Siccome non sono stupidi, nel primo periodo affetteranno moderazione, volontà di dialogo, concedendo libertà alle donne, ai cristiani, agli alawiti, a tutti. Poi ovviamente, siccome sono quel che sono, tutto cambierà.

E che cosa sono adesso? Al-Jolani ha militato nell’Isis, poi in Al-Qaeda, poi si è messo in proprio.
Essere jihadista non è come essere iscritto a un partito, dal quale ci si può staccare. Un jihadista non si converte ad altro, la sua biografia è la sua storia e il suo futuro, ha una visione teologica della storia, del mondo, della guerra, della vita e della morte. Non può essere altro da ciò che è.

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Le cancellerie occidentali hanno gioito per la caduta del dittatore Bashar al-Assad. Ma un regime islamico sarà meglio di uno laico per i siriani?
I regimi islamici sono regimi totalitari di purificazione del mondo o di un pezzo di mondo. Fanno ciò che devono, cioè mettono in piedi uno stato totalitario con un solo dio, un solo libro e una sola legge. Poi ci possono essere diverse sfumature.

Quali?
L’Isis aveva un’idea planetaria di jihad, voleva ripulire tutto il mondo islamico per poi andare allo scontro finale contro i miscredenti. Al-Jolani, in questo senso, è sicuramente più moderato, nel senso che gli interessa purificare innanzitutto la Siria. Per ora il suo sogno è un califfato siriano, poi si vedrà. Bisogna riconoscergli che, staccandosi da Abu Bakr al-Baghdadi, ha avuto ragione. Al-Baghdadi si è trovato solo contro tutti, Al-Jolani invece ha un’idea più tattica, nazionalista, se così si può dire, assomiglia più ai talebani.

La Siria come l’Afghanistan?
I talebani sono jihadisti nazionalisti, a loro non interessa Gerusalemme, vogliono che l’Afghanistan sia una terra di dio, almeno secondo la concezione che loro ne hanno. Da questo punto di vista, Al-Jolani è stato più furbo di Al-Baghdadi: questi è morto, lui invece ha conquistato Damasco.

Un miliiziano di Hts esulta dopo la conquista di Damasco
Un miliiziano di Hts esulta dopo la conquista di Damasco (foto Ansa)

La rivolta siriana ha finalmente avuto successo, se così si può chiamare, 13 anni dopo?
No, perché la primavera siriana non era islamista, era un’insurrezione generale contro un modello di potere vecchio, stantio, corrotto, marcio, che cercava di restare a galla con tatticismi e violenza. I rivoluzionari del 2011 non ci sono più, sono stati spazzati via dai jihadisti. Questo, dunque, non è il secondo capitolo della primavera siriana, è una cosa completamente diversa.

Perché i ribelli non hanno avuto successo?
Loro non volevano più Assad e la sua cricca, come i jihadisti, ma non avevano idea di che cosa fare dopo. Erano coraggiosi, ma avevano pochi mezzi e nessuno li ha aiutati. I jihadisti invece sanno benissimo cosa vogliono: uno stato islamico. Ma che cosa c’entra questo con i sogni della rivoluzione siriana? Quei rivoluzionari non ci sono più: sono stati spazzati via.

Assad ha resistito al potere per 13 anni dallo scoppio della Primavera araba. Com’è possibile che il suo regime si sia dissolto in questo modo in una sola settimana?
Credo che la ragione principale sia l’assenza di Hezbollah, troppo debole per intervenire in suo soccorso dal Libano. Nel 2013 Assad era messo anche peggio di una settimana fa, ma Hezbollah lo salvò e lui lentamente riconquistò la maggior parte del territorio che aveva perso. Ma non ha imparato niente, perché ha ricominciato con la stessa corruzione e la stessa violenza di prima. Perché qualcuno avrebbe dovuto rischiare la vita per lui?

La caduta di Assad è un colpo durissimo per l’Iran. Gli ayatollah perdono in una sola volta un alleato prezioso e il canale per fare arrivare le armi a Hezbollah in Libano. Il regime di Ali Khamenei saprà riprendersi?
Sicuramente la visione della mezzaluna sciita esce a pezzi da questa vicenda. Ma come ho detto spesso era già parzialmente fallita, perché troppo al di sopra delle possibilità di Teheran. Territorialmente l’asse sciita ora non esiste più. Penso però che l’Iran abbia gestito questa fase difficile in modo molto pragmatico e intelligente.

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Perché?
L’Iran non è caduto nel tranello di Israele, che voleva lo scontro diretto per distruggere il regime con gli Stati Uniti a fianco. Gli ayatollah invece, o meglio i Guardiani della rivoluzione, hanno capito che era meglio subire piuttosto che farsi trascinare in un gioco dal quale sarebbero usciti perdenti.

E ora che cosa ne sarà della Siria? Ognuno se ne prenderà un pezzetto?
Vedremo se ci sarà una balcanizzazione o somalizzazione, come preferisco dire io. I curdi forse si prenderanno il Kurdistan, se Recep Tayyip Erdogan glielo lascerà. Il presidente turco allargherà la sua fascia di sicurezza molto più a sud rispetto a quella che già occupa. Israele ha già invaso il Golan siriano, l’Isis potrebbe rialzare la testa e sarà favorito dal caos. E poi ci sono ancora i russi, che controllano le loro basi sul Mediterraneo, che sono anche le terre di origine degli alawiti. Potrebbe anche nascere un “alawistan” sotto protezione russa.

A proposito di minoranze. Gli alawiti o i cristiani avranno vita dura sotto il nuovo regime di Al-Jolani?
Gli alawiti rischiano davvero grosso. Come mi dissero i miei rapitori, mentre ero loro ospite non volontario, i terroristi vogliono ucciderli tutti, fino all’ultimo bambino. Prima che andassero al potere con la dinastia Assad, vivevano come dei pariah: erano praticamente dei servi della gleba, se incontravano un sunnita per strada dovevano scendere dal marciapiede.

Due terroristi islamici posano davanti a un'immagine sfregiata di Bashar al-Assad
Due terroristi islamici posano davanti a un’immagine sfregiata di Bashar al-Assad (foto Ansa)

E se i sunniti facessero un grande governo di coalizione, anche con cristiani e alawiti?
Per carità, tutto è possibile, anche che gli asini volino. Ma è improbabile. I jihadisti hanno molta memoria e senza dubbio non hanno dimenticato che i cristiani hanno sostenuto il regime di Assad. Se io fossi in un cristiano siriano, scapperei, non andrei a dormire tranquillo. Magari li lasceranno stare all’inizio, poi però faranno i conti.

I siriani potranno almeno godere della rimozione delle sanzioni internazionali che hanno immiserito il paese?
Bisogna aspettare che Donald Trump entri alla Casa Bianca, vedremo cosa vorrà fare. Di sicuro la popolazione siriana ha patito tanto in questi anni: è un miracolo che siano sopravvissuti.

Nel 2021 l’Afghanistan è caduto di nuovo in mano ai talebani, tre anni dopo è il turno della Siria. L’Occidente non dovrebbe preoccuparsi per il dilagare del terrorismo islamico?
Se posso permettermi, l’Occidente avrebbe dovuto preoccuparsi senza prendersi periodi di vacanza. Dopo la fine del califfato dell’Isis a Mosul ci siamo raccontati la favola che il terrorismo islamico era stato sconfitto. Vada a guardare che cosa succede nell’Africa subsahariana oggi! I jihadisti dilagano e noi siamo così miopi da fare finta di niente, fino a quando il pericolo non sarà così evidente che saremo costretti a occuparcene.

@LeoneGrotti

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