Tutto per Riccardo Bonacina era Vita

Di Giancarlo Giojelli
12 Dicembre 2024
Il suo lavoro era carità e la carità era diventata il suo lavoro. Non era solo un impegno sociale, ma personale e coinvolgeva tutta la sua famiglia. Tutto, il giornale, le opere, l’amore per il teatro, in lui conviveva: tutto era vita, opera e amicizia
Riccardo Bonacina ricorda Testori al Meeting di Rimini (Foto Flickr Meeting)
Riccardo Bonacina ricorda Testori al Meeting di Rimini (Foto Flickr Meeting)

Ieri mattina è mancato, all’età di 70 anni, Riccardo Bonacina, grande giornalista e fondatore di “Vita”, per tanti maestro e amico. Pubblichiamo il ricordo di uno di loro. I funerali si terranno venerdì 13 alle ore 11 nella basilica di Sant’Eustorgio (piazza Sant’Eustorgio 1) a Milano.

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Ognuno di noi ha una casa e attorno alla casa un giardino, scrive in un racconto Dino Buzzati, e nel giardino un giorno come un altro, ma diverso dagli altri, scopre una gobba. Per alcuni è piccola, per altri più grande, per altri ancora enorme. Ogni gobba è un segno, una cicatrice, un amico, qualcuno di caro che ci ha lasciati. È più si cresce più le gobbe nel giardino si fanno alte, fino a chiudere la vista, almeno in apparenza. Perché quelle gobbe, forse questo Buzzati lo intuiva, lo sperava, ma non osava scriverlo, sono anche montagne da scalare per avere una vista più grande, uno sguardo più in là.

Nel mio giardino ci sono tante gobbe, e alcune di queste sicuramente confinano con il giardino di Riccardo: Pino, Marcello, Giovanni, Luigino, Emanuele, Roberto. E tanti altri ancora. Riccardo per me è una amicizia, l’amicizia stabile di un teatro, una compagnia stabile nel tempo, il tempo della vita.

Sul Piz Boè e fra gli Incamminati

Riccardo è la scalata di una montagna, il Piz Boè, noi due da soli salendo e scendendo dalla via sbagliata, con le scarpe sbagliate e le corde sbagliate e lui che mi dice: «Siamo nei guai, diciamo un Angelo di Dio». E l’Angelo ci ha assistito quel giorno, e siamo tornati alla baita scendendo dal sentiero pieno di aghi di pino, giurandoci di non dire nulla agli altri (ovviamente lo sapevano tutti pochi minuti dopo).

Riccardo è la Compagnia stabile degli Incamminati che aveva costruito con Giovanni Testori, Emanuele Banterle e Franco Branciaroli. Tre parole: una compagnia stabile nel tempo che ora è eterno, ed è eterno cammino. Il teatro con loro era vita vera. Giovanni ed Emanuele lo hanno preceduto e dall’alto di quelle montagne ci hanno aiutato a guardare lontano. Il Monte Rosa, le Dolomiti, la Grigna sotto la quale Riccardo è cresciuto, sulla quale Riccardo tante volte è salito.

Da sinistra, in primo piano: Franco Branciaroli con Giovanni Testori. Alle loro spalle, Emanuele Banterle e Riccardo Bonacina (Foto Valerio Soffientini)
Da sinistra, in primo piano: Franco Branciaroli con Giovanni Testori. Alle loro spalle, Emanuele Banterle e Riccardo Bonacina (foto Valerio Soffientini)

Riccardo era il cuore che aveva portato nei giornali, radio e tv dove abbiamo lavorato insieme. Si parlava seriamente e Testori ci diceva sempre di prendere sul serio tutto della vita. Ho la registrazione di una frase che mi disse un giorno Giovanni, e che mi ripeto spesso, sempre più spesso: «La vita è una cosa terribilmente seria e che non può essere buttata ma che va percorsa. È come un grande dono, è un grande sacrificio, e va attraversata tutta, tutta, messa sulle proprie spalle, mai evitata perché diventi il luogo di speranza e non di disperazione». Questa frase ora mi sembra forse la più adeguata a descrivere l’impegno di Riccardo con la vita, la vita “tutta, tutta”, avrebbe detto Testori.

Ma si scherzava, anche perché la drammaticità della vita non escludeva una lieta ironia tra noi, e Giovanni ci aveva accompagnato anche in questo.

Il giornale, l’opera, la carità, l’amicizia. Tutto per Riccardo era Vita

Che maestro è stato per noi Testori, e quanta amicizia ci ha regalato. Poi l’avventura di Vita. Ecco la parola che torna sempre se penso a Riccardo, la Vita, una avventura che aveva costruito con Giuseppe [Frangi, ndr] e altri amici. Prima un giornale e poi un’opera che ha coinvolto migliaia di persone. La vita di Riccardo era una vita di impegno nella carità, quella vera, non fatta di melassa buonista, ma di opere che sempre la fantasia e il cuore gli facevano nascere dentro. Il suo lavoro era carità e la carità era diventata il suo lavoro. Così aveva lasciato un importante programma televisivo per la scommessa di Vita.

Non era solo un impegno sociale, era coinvolto personalmente in tutto e coinvolgeva tutta la sua famiglia in questa impresa. Nicoletta ne era consorte, ne divideva la sorte, l’entusiasmo e anche l’ironia. Due dei nostri figli erano stati battezzati insieme e Giovanni aveva letto un messaggio per loro. Un altro messaggio di vita.

Riccardo era passato dal giornalismo scritto alla tv, dalla radio al teatro, all’impegno nella costruzione di una gigantesca rete sociale che unisce le opere del terzo settore, senza dimenticare l’amore per il teatro e senza mai lasciare nulla. Tutto in lui conviveva, tutto era Vita.

Mi domandavo cosa tenesse tutto insieme, e la risposta stava in una grande amicizia. Riccardo era capace di una grande amicizia, perché senza farne una bandiera sapeva guardare alla vera grande amicizia, quella che gli aveva fatto recitare quel giorno, su quella montagna, quella preghiera all’Angelo. L’Angelo che ora lo accompagna davanti alla vera Maestà della Vita.

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