
Siria. Le mezze verità di Erdogan (e dell’Europa)

Da politico scafato e attento alla comunicazione qual è, Recep Tayyip Erdogan ha firmato il 14 ottobre un editoriale sul Wall Street Journal per difendere l’invasione della Siria da parte della Turchia e la guerra ai curdi. L’articolo è molto efficace perché infarcito di mezze verità che da un lato raccontano le difficoltà di Ankara, nascondendo allo stesso tempo la loro origine e causa scatenante.
«SPESI 40 MILIARDI PER OSPITARE I PROFUGHI»
Nell’editoriale, il Sultano ricorda come la Turchia stia ospitando 3,6 milioni di rifugiati siriani sul suo territorio per i quali è arrivato a spendere «40 miliardi di dollari in educazione, assistenza sanitaria e alloggio». Spiega anche che «senza supporto finanziario internazionale non possiamo impedire ai rifugiati di andare in Occidente» e che dopo aver appurato che la «comunità internazionale non avrebbe compiuto i passi necessari» per farsi carico delle conseguenze della guerra siriana, non gli è rimasta altra scelta che invadere la Siria per creare una zona cuscinetto dove ricollocare un milione di rifugiati.
Erdogan sottolinea anche come l’Unione Europea, che ora critica la Turchia, non abbia voluto prima impedire la partenza dei foreign fighter alla volta della Siria e poi si sia rifiutata di farsi carico dei terroristi una volta che l’Isis è stato sconfitto dalle milizie curde. «Quanto hanno contribuito agli sforzi per porre fine alla crisi umanitaria in Siria? Quali iniziative politiche hanno sostenuto per fermare la guerra civile?», domanda il Sultano. «L’operazione militare “Fonte di pace” rappresenta una seconda possibilità [per l’Europa] di aiutare la Turchia a finire le guerre per procura che si combattono in Siria e a restaurare pace e stabilità nella regione. L’Unione Europea e il mondo dovrebbero sostenere quello che la Turchia sta cercando di fare», conclude.
LE VERITÀ NASCOSTE DA ERDOGAN
Il presidente della Turchia ha sicuramente ragione nel sostenere che il suo paese sta gestendo una situazione molto complessa. Ospitare 3,6 milioni di rifugiati è improbo e l’Ue ne sa qualcosa, visto che gli Stati membri non sono mai riusciti a trovare un accordo per garantire solidarietà a quei paesi, come l’Italia, che più hanno subito gli effetti della crisi migratoria.
Quello però che Erdogan non dice è che l’unico accordo davvero efficace e sostanziale siglato da Bruxelles è stato proprio con Ankara, che ha ricevuto ben 6 miliardi di euro per gestire quei rifugiati siriani che altrimenti avrebbero probabilmente fatto rotta verso la Grecia. Nessun altro paese dell’Ue ha ricevuto un appoggio simile per gestire la crisi.
LA TURCHIA HA LASCIATO PASSARE I TERRORISTI
Il Sultano ha buon gioco, inoltre, a rimproverare all’Europa di aver fatto poco o niente per stabilizzare la Siria, lasciando la Turchia sola (o quasi) nella gestione delle conseguenze della guerra. Ha ragione quando scrive che i paesi Ue non sono stati efficaci nel bloccare le partenze dei foreign fighter e non rischia di essere smentito quando rimprovera agli Stati membri di non aver voluto gestire la scomoda presenza in Siria dei reduci dell’Isis.
Detto questo, però, Erdogan finge di non sapere che proprio la Turchia si è scavata da sola la fossa dalla quale ora cerca faticosamente di risalire. È vero che l’Europa non ha impedito ai foreign fighters di partire (posto che non sempre era possibile), ma qual è il paese che ha fatto finta di non vedere che migliaia e migliaia di terroristi islamici atterravano negli aeroporti turchi per poi varcare il confine con la Siria, stranamente lasciato sguarnito per almeno sei anni dalle guardie di Ankara?
CHI HA FINANZIATO E ARMATO I RIBELLI SIRIANI?
E chi ha dato sostegno politico, militare e finanziario a quell’Esercito libero siriano che dal 2011 combatte contro il regime di Bashar al-Assad, spesso alleandosi con Isis e Al-Qaeda, destabilizzando il paese e innescando la crisi dei rifugiati? E dove si trova quella provincia di Hatay dove i ribelli hanno stabilito il loro quartier generale fin dal 2011? In Turchia o a Bruxelles? E chi ha autorizzato il trasferimento di armi turche ai ribelli siriani e ad Al-Qaeda tra il 2013 e il 2014, filmate dai giornalisti del Cumhuriyet su un camion dell’intelligence turca in procinto di attraversare il confine con la Siria? Erdogan o un leader europeo?
ERDOGAN HA FOMENTATO GUERRA E INSTABILITÀ
E, ancora, chi ha stretto nel 2015 un patto con l’Arabia Saudita per formare la coalizione militare “Esercito di conquista”, con base a Idlib, composta anche dai terroristi islamici di Ahrar al-Sham, alleati di Al-Qaeda? La Turchia o l’Unione Europea? E dove venivano addestrati i ribelli finanziati dagli Stati Uniti per combattere l’Isis, ma anche Assad, nel 2015? In Turchia o in Europa?
Erdogan negli ultimi otto anni ha fatto di tutto per fomentare la guerra e l’instabilità in Siria, lavorando alacremente per un “regime change” nella speranza di instaurare un governo dei Fratelli musulmani che avrebbe obbedito politicamente ad Ankara. Se si trova 3,6 milioni di rifugiati in casa, dunque, Erdogan non può lamentarsi che con se stesso e le proprie mire espansionistiche.
EUROPA CAMPIONE DI IPOCRISIA
Anche l’Europa, però, non è seconda a nessuno in quanto a ipocrisia. Il Consiglio dell’Ue ha disapprovato all’unanimità l’operazione turca, ma si tratta di un pronunciamento simbolico: Bruxelles non interromperà i fondi che versa alla Turchia ogni anno per le politiche di vicinato e di allargamento dell’Unione, né promuoverà il divieto di vendere armi ad Ankara, lasciando la decisione alla libertà dei singoli Stati.
Si dirà che Bruxelles non può mettersi contro un partner della Nato e che non può imporre sanzioni economiche a chi potrebbe minacciarla con l’invio di decine di migliaia di migranti in Grecia. Ma la verità è che quando in ballo ci sono altri interessi, queste libertà l’Unione Europea può prendersele eccome.
CAMBIA TUTTO QUANDO C’È DI MEZZO IL PETROLIO
Come notato da Repubblica, infatti, sempre nella stessa seduta Bruxelles ha adottato «misure restrittive nei confronti delle persone fisiche e giuridiche responsabili o coinvolte in attività di perforazione di idrocarburi nel Mediterraneo orientale». Si tratta nello specifico di quei funzionari turchi coinvolti nell’avvio di esplorazioni petrolifere al largo di Cipro di giacimenti assegnati a Eni e Total. Ankara, che ha occupato la parte nord di Cipro nel 1974, rivendica per sé quei giacimenti e nel 2018 ha sbarrato la strada con le armi alla nave inviata dall’Eni per le esplorazioni.
Per contrastare l’operazione turca e mettere pressione ad Ankara, la Francia ha mobilitato anche due navi militari per pattugliare le acque di Cipro: «La scorsa settimana due delle fregate più moderne della flotta francese sono arrivate a Larnaca, formalmente per partecipare ad esercitazioni con la minuscola marina locale. In realtà, devono dimostrare la volontà di non cedere un miglio alle pretese petrolifere di Erdogan».
Quando c’è da difendere gli interessi petroliferi, nota ancora Repubblica, «sono pronte a muoversi le cannoniere. Per difendere i curdi, invece, l’Europa tergiversa, usando parole dure senza provvedimenti concreti».
Foto Ansa
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