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Trump come Obama (pessime notizie dall’Arabia Saudita)

Il presidente Usa ha chiesto a Riyad e agli altri leader sunniti di combattere il terrorismo islamico. Trump non è ingenuo, ma ha bisogno di vendere armi ai sauditi

Leone Grotti
22/05/2017 - 12:29
Esteri
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The GCC summit in Saudi Arabia

Una politica estera all’insegna del pragmatismo e soprattutto degli affari. Sono questi i due principi cardine che hanno ispirato il primo viaggio di Stato all’estero di Donald Trump, che ha scelto come tappa principale l’Arabia Saudita. Accolto con tutti gli onori da re Salman, nel suo discorso davanti ai leader di oltre 50 paesi musulmani, il presidente degli Stati Uniti ha scelto da che parte stare.

«ELIMINATE IL TERRORISMO». Domenica a Riyad Trump ha lasciato da parte la retorica esplosiva sull’islam e sul terrorismo radicale islamico. Spiegando che «non siamo qui per darvi lezioni su come vivere, cosa fare e chi essere», ha parlato dell’Isis e degli attentati in Occidente e in Medio Oriente non come «di una guerra tra diverse fedi, diverse sette o civiltà», ma «una guerra tra il Bene e il Male». I paesi musulmani del Medio Oriente, ha detto il presidente Usa, «non possono aspettare che siano gli americani a distruggere questo nemico per loro. Un futuro migliore è possibile solo se le vostre nazioni sradicano terroristi ed estremisti. Eliminateli dai vostri luoghi di culto, dalle vostre comunità, dalla vostra terra santa e dalla faccia della terra».

ATTACCO ALL’IRAN. La presa di posizione di Trump comprende un pesante attacco all’Iran, che ha appena rieletto il “moderato” Rohani alla presidenza, accusato di «finanziare, armare e addestrare terroristi, milizie e altri gruppi estremisti che diffondono distruzione e caos nella regione». Duro anche l’attacco contro Assad, «che ha commesso crimini atroci». Il presidente degli Stati Uniti, in sintesi, ha cercato la collaborazione dei sauditi e degli altri paesi sunniti per «porre fine alla crisi umanitaria in Siria, sradicare l’Isis e riportare stabilità nella regione».

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I CRIMINI SAUDITI. Trump non è un ingenuo. Sa benissimo che nel «magnifico Regno saudita» i più basilari diritti umani vengono violati tutti i giorni. Sa che in Yemen i sauditi, nella loro guerra contro gli houthi sciiti,  si sono macchiati degli stessi crimini contro l’umanità che imputano a Damasco. Sa anche che il terrorismo islamico è finanziato e armato non solo dall’Iran, ma anche dall’Arabia Saudita (principalmente in Siria) e che l’interpretazione wahhabita dell’islam che gli sceicchi propugnano ed esportano in tutto il mondo a suon di petrodollari, contribuisce a formare ideologicamente i terroristi islamici del presente e del futuro (emblematico l’esempio di Molenbeek).

400 MILIARDI DI ACCORDI. Il presidente Usa è perfettamente a conoscenza di tutte queste cose (che in campagna elettorale ha denunciato apertis verbis per attaccare la sfidante Hillary Clinton, finanziati dagli sceicchi) ma ha deciso lo stesso di puntare sull’alleanza con l’Arabia Saudita. Il motivo è semplice: follow the money. Nel suo discorso di domenica, Trump ha spiegato di aver stretto accordi per 400 miliardi con i sauditi e che questi «creeranno migliaia di posti di lavoro qui e in America». Tali accordi comprendono la vendita di navi da guerra, missili, veicoli blindati, aerei, munizioni e altro ancora per un valore pari a 110 miliardi di dollari. E l’obiettivo è di arrivare a 350 miliardi entro i prossimi 10 anni.

TRUMP COME OBAMA. Da questo punto di vista, Trump non cambia di una virgola la politica portata avanti da Obama. I giornali sottolineano spesso che durante l’amministrazione democratica i rapporti sono scesi ai minimi storici. Ed è vero: Obama ha stretto l’accordo nucleare con Teheran, il più grande nemico di Riyad, non ha bombardato la Siria, ha sostenuto i ribelli siriani in modo incostante, ha appoggiato gli acerrimi nemici dei sauditi in Egitto (i Fratelli Musulmani durante la presidenza Morsi ai tempi delle Primavere arabe) e si è rifiutato di intervenire in Yemen.

100 MILIARDI DI ARMI. Nonostante tutto questo, Obama non ha tradito i sauditi nell’unico settore che conta davvero: la vendita di armi. Riyad è il più grande compratore di armamenti americani e il presidente democratico tra il 2008 e il 2015 ha approvato la vendita agli sceicchi di quasi 100 miliardi di dollari di armi. Nell’ottobre 2010, Obama ha annunciato il più corposo contratto di vendita di tutti i tempi fra due Stati: 60,5 miliardi di forniture acquistate dai sauditi.

C’È POCO DA ESULTARE. Per continuare a firmare contratti faraonici, migliorare la performance dell’economia americana e creare centinaia di migliaia di posti di lavoro in patria, come promesso in campagna elettorale, Trump ha scelto di gettarsi tra le braccia del «cosiddetto alleato saudita», come l’ha chiamato una volta Obama. I grandi quotidiani di tutto il mondo esultano, perché questa scelta significa un abbassamento del volume della retorica anti-islamica. Ma se la presa di posizione geopolitica trumpiana è una buona notizia per l’economia americana, il resto del mondo ha poco da esultare: non è consegnando politicamente il Medio Oriente ai sunniti e ai sauditi che si fermerà la guerra interna all’islam che da decenni destabilizza la regione. Per quanto riguarda il terrorismo islamico, poi, non sarà certo la concezione estremista saudita della religione coranica a farlo sparire: un nespolo, dicono in Romagna, non può fare i fichi.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

Tags: arabia sauditaassadBarack Obamahillary clintoniranIsisIslamSiriaTerrorismo Islamico
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