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Shalit, Reibman: «E’ sempre un dilemma ma Israele non abbandona i suoi»

Il portavoce della comunità ebraica di Milano, Yasha Reibman, spiega a Tempi.it perché Israele è disposta a scambiare più di mille uomini per un solo soldato: «Negli ultimi 30 anni gli israeliani hanno scarcerato 7 mila detenuti palestinesi per liberare 19 soldati prigionieri e riavere 4 salme. Senza contare che Shalit è un semplice caporale»

Leone Grotti
19/10/2011 - 11:46
Esteri
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Gilad Shalit, soldato israeliano rapito nel 2006 da Hamas, è libero, sta bene e ha riabbracciato ieri la sua famiglia in Israele. In cambio, Tel Aviv ha liberato 1.027 detenuti palestinesi, tra i quali molti attentatori, assassini e terroristi. «La logica non è nuova» spiega a Tempi.it Yasha Reibman, portavoce della comunità ebraica milanese. «Israele ha sempre cercato di seguire la tradizione di non abbandonare mai i suoi soldati».

Certo che il numero mille per uno, stupisce.
Ci sono sempre stati scambi con proporzioni incredibili. Negli ultimi 30 anni gli israeliani ne hanno scarcerati 7 mila per liberare 19 soldati prigionieri e per riavere 4 salme. E bisogna pensare che Shalit è un semplice caporale, non un generale o un politico, è un cittadino qualunque. Israele non vuole lasciare nessuno indietro.

Non sono pochi quelli che hanno protestato. Anche il premier Netanyahu, dopo aver espresso la gioia per la liberazione, si è subito rivolto alle famiglie delle persone uccise dai detenuti liberati.
Ogni volta che si prende una scelta del genere, si apre un dilemma: da un lato c’è una vita umana, che ha un valore non calcolabile con la matematica, dall’altro ci sono terroristi e uomini pericolosi per Israele, senza contare il dolore dei parenti delle vittime.

Sono stati fatti diversi tentativi, militari e diplomatici, per liberare Shalit. Come mai le trattative sono andate in porto solo ora?

E’ un mistero, solo il tempo potrà dirci cosa è successo davvero. Israele ci ha sempre provato, in tanti modi, ma non era mai riuscito a portare a termine l’operazione. Ci sono due letture, una pessimista e una ottimista.

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Partiamo da quella pessimista.
La prima, dunque, è che fossero costretti. Cioè, il ragionamento potrebbe essere questo: la situazione può a tal punto peggiorare nei prossimi mesi, a causa delle rivoluzoni arabe, e regimi ben più violenti di Hamas possono prendere il potere, che è meglio raggiungere un accordo ora, abbiamo l’ultima opportunità.

E la lettura ottimista?

Shalit è stato liberato perché ci sono dei nuovi spiragli di pace. E’ possibile ma è anche tutta da vedere, perché tanti accordi sono stati presi senza che a questi seguisse un reale cambiamento del clima. Speriamo di essere alle porte di un grande accordo di pace, anche se la strada verso la riconciliazione in Medio Oriente è costellata di speranze ed enormi delusioni.

In tutto questo Abu Mazen e Fatah hanno avuto un ruolo?

Difficile dirlo ma molti sostengono che la liberazione dei 1.027 detenuti sia uno schiaffo ad Abu Mazen, perché tra i liberati non ci sono uomini dell’Olp ma solo di Hamas.

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Tags: gilad shalitguerrahamasIsraeleliberazionepacepalestinaperché
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