Scontro all’ultima pagina (o quasi)
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Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) –Il primo confronto sembra garantire una vittoria schiacciante, irrimediabile, definitiva: Matteo Renzi batte Ferruccio de Bortoli di 35 volte, per l’esattezza 350 mila a 10.100. Tanti sono i documenti che escono da una veloce ricerca su Google. Il gioco è semplice, basta affiancare i nomi di Renzi e di de Bortoli alla parola “libro” e ai titoli dei due saggi dell’estate 2017, i loro: Avanti. Perché l’Italia non si ferma, da una parte, contro Poteri forti (o quasi). Cioè i testi che l’ex presidente del Consiglio e l’ex direttore del Corriere della Sera hanno appena portato in libreria (il primo per l’editore Feltrinelli, il secondo per La nave di Teseo) con un clamore degno di Dan Brown.
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]Il confronto su Google dà forse un’idea, ma non è detto che sia compiutamente rappresentativo della realtà. Ed è ancora troppo presto per una gara sul numero di copie vendute. In maggio, due settimane dopo l’uscita, Poteri forti era già oltre quota diecimila: un risultato davvero notevole, per un saggio. Avanti, che doveva approdare in libreria quello stesso mese, è invece stato ritardato per una serie di continui “ritocchi” da parte del suo autore, ed è uscito il 12 luglio; si dice sia stato distribuito in centomila esemplari (la Feltrinelli, interrogata da Tempi, non conferma né smentisce), ma sembrano davvero tanti.
Resta il fatto che Avanti e Poteri forti non sono già più soltanto i due libri per l’estate 2017: ormai vanno oltre le chiacchiere da salotto; si sono trasformati in due feticci, quasi in due manifesti ideologici. Circondati da applausi entusiasti o da critiche feroci, suscitano curiosità crescente e polemiche senza fine. Del resto, il battage pubblicitario che li ha accompagnati ha surclassato ogni precedente operazione editoriale, nella saggistica politica.
Anticipazioni e scoop
Forse ce n’è una sola che resiste al confronto, ed è la campagna che fu genialmente giocata dalla Rizzoli oltre quarant’anni fa, con il saggio-romanzo Berlinguer e il Professore. Il testo, pura fantapolitica nel pieno della Prima Repubblica, uscì nell’estate 1975 con una copertina che lo attribuiva a un misterioso “Anonimo”, un elemento di mistero che ne aiutò molto il successo. Il libro, che soltanto un anno dopo si scoprì fosse stato scritto da Gianfranco Piazzesi, mitico direttore della Nazione, raccontava i clamorosi risultati di un “compromesso storico” ancora di là da venire, attribuito e realizzato dal segretario del Pci e da quello della Dc, Amintore Fanfani (era lui “il Professore”): in poche settimane vendette mezzo milione di copie in Italia e fu tradotto in sei lingue.
Altri tempi, certo. Nella calda estate 2017, Avanti di Renzi ha goduto di un’attenzione obiettivamente inusuale, da parte di giornali e televisioni, anche per l’oculata distribuzione delle anticipazioni di capitoli e capitoletti del libro: nella sua foga propagandistica, l’ex premier ha coperto ogni pubblicazione esistente, dal serioso Sole 24 Ore giù, giù fino quasi ai giornalini di quartiere e parrocchiali, regalando a ogni quotidiano e a ogni periodico un capitolo o un estratto in qualche modo ritagliato sul relativo bacino di lettori. Nessuno è stato escluso. Il settimanale Chi, per esempio, si è preso l’anticipazione del piccolo litigio tra Renzi e la moglie, critica per l’uso di un aereo di Stato per andare a sciare.
Pagine e pagine regalate, insomma. Poteri forti, invece, due mesi fa ha fatto il botto grazie a sole sette righe, quelle in cui Ferruccio de Bortoli (a pagina 209) ha inchiodato il ministro Maria Elena Boschi alla responsabilità di avere contattato nel 2015 l’amministratore delegato di Unicredit, Federico Ghizzoni, chiedendogli di acquisire Banca Etruria, l’istituto di credito aretino in grave difficoltà e del quale in quel momento era vicepresidente il padre del ministro, Pierluigi. Maria Elena Boschi, che per mesi aveva negato il minimo intervento nella vicenda, ha annunciato una querela che però non sembra essere ancora arrivata.
«Matteo, rilancia tu il Paese»
«Mai mi sarei aspettato di finire su tutti i giornali per quelle poche righe», sorride Ferruccio de Bortoli. «Anche perché il libro è pieno di altri aneddoti, che personalmente reputo ben più interessanti». È vero. Del resto, nelle memorie di oltre 40 anni di professione (e con 166 querele da direttore), l’attuale presidente della Longanesi ha potuto scegliere fior da fiore. E il condensato in 330 pagine è ricco di storie, episodi e vicende. Dai contrasti con Silvio Berlusconi, e con i suoi avvocati, a quelli con l’autore concorrente: Renzi.
I libri, come i due autori, sono molto diversi per carattere e stile. L’ex direttore del Corriere, per esempio, ammette pentimenti e qualche errore: «Con Renzi non escludo di avere qualche colpa personale», scrive de Bortoli. «Avendolo definito “un maleducato di talento”, devo ammettere che un po’ maleducato con lui sono stato anch’io». Il segretario del Pd, al contrario, è decisamente assai meno portato per l’autocritica. Nelle 240 pagine di Avanti, anzi, il termine compare una sola volta, ma non riguarda affatto lui, quanto l’intervento in Libia, che Renzi reputa sbagliato: «I leader che lo hanno deciso non hanno mai fatto autocritica». Quanto a sé, l’unico rimpianto, l’unico errore riconosciuto è paradossale per un politico che invece viene spesso rimproverato per il solipsistico complesso del potere personale: «Per quieto vivere – scrive – ho scelto troppe volte di non impormi». Renzi, peraltro, ha scelto anche di omettere dal saggio la parola Consip: ma, trattandosi di un libro che s’intitola Avanti, forse l’ex premier è convinto che l’inchiesta giudiziaria che coinvolge suo padre e lo ha lambito più volte non abbia futuro. Si vedrà più… avanti.
Già due giorni dopo l’uscita del libro, però, Renzi ha incassato una salva di fischi, soprattutto per le pagine dedicate alla staffetta a palazzo Chigi con il suo predecessore, Enrico Letta. Renzi sostiene oggi di essere stato «costretto» a quello spodestamento dalla sinistra del Pd, che nel gennaio 2014 reputava il governo Letta inadeguato. Secondo Avanti sarebbe stato l’ex capogruppo Roberto Speranza a guidare la congiura, dicendogli: «Matteo, rilancia tu il Paese andando a governare». La sinistra del Pd ha risposto picche, e Speranza in particolare ha negato ogni pressione. Letta, invece, è rimasto in disparte: «Sono convinto che il silenzio esprima meglio il disgusto e mantenga meglio le distanze».
Risultati fino alla noia
Quel che forse più è spiaciuto a Letta è il brano in cui Renzi ricorda il momento del passaggio di consegne, là dove accusa il predecessore di «eccesso di broncio». In quella pagina, Avanti schizza vetriolo: «Ci sono intere carriere – scrive Renzi – costruite sul vittimismo anziché sui risultati». Attenzione: la parola non è scelta a caso, perché sono proprio i risultati il (presunto) vanto di Renzi. A dire il vero, è per elencarli tutti che pare aver voluto scrivere il libro, come se la sconfitta al referendum del 4 dicembre li avesse appannati e il giovane segretario del Pd volesse lucidarne il ricordo: il braccio di ferro con l’Europa sui migranti, le leggi sui diritti civili, il Jobs Act, la “buona scuola”, la riforma della giustizia… La risposta più dura è venuta da Mario Monti, che fondamentalmente ha accusato Renzi di non capire nulla di economia e di ripetere slogan e accuse «come un disco rotto».
Una certa coazione a ripetere, in effetti, si nota. Ecco, uno psichiatra potrebbe forse leggere il saggio proprio come un sostituto di coperta di Linus. L’effetto complessivo è quello di una gran noia. Si potrebbe dire, con una metafora, che certi libri sono peggio di una battaglia perduta.
Foto Ansa
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