Preparano il regimetto giallogrigio

Di Luigi Amicone
12 Agosto 2019
Dal Corriere a Renzi, passando per Grillo, si prepara il governicchio che non vuole farci votare. Ma Salvini non faccia da solo

Se dalla spazzatura e i topi che infestano Roma non avevate ancora capito come governano costoro, beh avrete almeno notato che in 24 ore sono passati dal “fanculo Renzi” e “mai col Pd” (e Salvini che sospettava il ribaltone insultato di “ubriaco, raccontane un’altra”), al “bravo Renzi” e “pronti a governare col Pd”. Sono i famosi 5 Stelle. La scheggia impazzita del Parlamento italiano. Che non vuole mollare le poltrone. Perché oggi sono loro i poltronari più famosi. E numerosi. Domani, il giorno dopo le elezioni, sarebbero soltanto un pelo di sfiga. Un piccolo incubo del passato. Perciò, raccontane un’altra tu, pagliaccio di un Beppe Grillo.

Bravo Salvini. Missione compiuta. Adesso al più presto al voto. O davvero Roma della Raggi e Zingaretti sarà il modello dell’Italia che verrà. L’Italia della frontiera africana che passa da Napoli. Schiava di un parassitismo statale indomito, che ormai da troppo tempo dice no a tutto illudendosi di sopravvivere con l’elemosina di Bruxelles e le tasse di quel che resta dell’impresa e del lavoro privato italiano.

Già, perché l’alternativa al voto quale sarebbe? Sarebbe la “soluzione istituzionale” invocata dai neo fidanzatini Grillo&Renzi. Ribaltonisti benedetti dal Corriere della Sera e beatificati dal Fatto Quotidiano. Ma certo, con la scusa del “taglio dei parlamentari”, cioè con la scusa di continuare a togliere potere alla politica, i politici più fallimentari della storia politica italiana, pretenderebbero di fare ingoiare agli italiani una cosiddetta “soluzione unitaria” che è ostile a ogni normale corso di democrazia. 

Cioè ostile al normale ritorno alle urne allorché un governo non c’è più, come non c’è più dal momento in cui i bambini di Grillo sono rimasti soli soletti ad attaccarsi alle poltrone di Palazzo Chigi come una volta si attaccavano al ciuccio della piattaforma Rousseau. Si capisce che 20 mila miserabili euri valgano un pochino di più di 20 eroici clic. Ma questa, caro Grillo, sarebbe la vostra famosa “onestà-onestà-onestà” tàrattàttà?

Dunque, non il voto – come scrive troppo in fretta il De Bortoli del Corsera – sarebbe “sabbia gettata negli occhi”. Ma proprio la “soluzione istituzionale”, questa sì che sarebbe sabbia e sputazzo in faccia alla democrazia. Proposta indecente dell’inedita accoppiata Grillo-Renzi e sottoscritta da tutto il museo delle cere di piantone a Roma Capitale. 

Ma certo. Taglio dei parlamentari. Poi il referendum. E così avanti un altro paio d’anni in stile Monti. Totalmente sottomessi alla politica di Francia e Germania. Che è la vera ragione sociale (altro che la lotta alla corruzione!) del ventennio fascio-giustizialista con cui ci siamo insistentemente tagliati i testicoli della politica. 

Perché, prima con il tabaccaio dei Valori Di Pietro e adesso con i pagliacci del circo cinque stelle, a cosa è servito sfasciare la politica e “aprire il parlamento come una scatola di tonno”, riempire l’Italia di leggi anticorruzione paralizzanti ogni azione pubblica e di impresa, a cosa è servito il cambiare tutto per non cambiare niente se non a sottrarre alla politica il ruolo di mediare e rappresentare interessi, dunque anche il benessere di tutti, a tutto vantaggio degli interessi in Italia dei dilaganti poteri finanziari, economici, politici internazionali? Quando pensate a Mani Pulite non dovete eccitarvi pensando a quanto sono fichi Travaglio e Davigo. Dovete martellarvi gli zebedei pensando a quanto avete fatto ricchi e potenti quelli e avete impoverito e fatto fessi voi stessi.

Così oggi, in aggiunta ai begli anni fascio-giustizialisti, grazie alle comiche di Grillo&Renzi siamo diventati nel Mediterraneo una potenza politica tanto importante che non c’è legge italiana, e tanto più di ordine, sicurezza e confini italiani, che non possano diventare il set di Hollywood di un Richard Geere. Ed essere irrisa, sputazzata e violata, ogni legge italiana, pur che non piaccia alla sinistra, da una qualsiasi adolescente Carola, ricca e viziata, sia di Spagna o Alemagna, “purché se magna”.

In ultima sintesi la “soluzione” alternativa alle elezioni sarebbe quella dell’ultimo ventennio assistito dalla mafia giudiziaria. Ovvero. No Ilva per mandare a spasso col sogno della beneficienza di Stato 15 mila lavoratori, quasi l’1 per cento di Pil italiano. No termovalorizzatori per ripulire le città e trasformare in energia pulita i rifiuti. No all’autonomia delle Regioni per restituire risorse, responsabilità e dignità al lavoro degli italiani. No grandi opere, no Tav, no gronda di Genova, no ricerca di gas e idrocarburi sul nostro territorio per renderci indipendenti energeticamente… No tutto. Riforme come continuazione in altra tonalità del cabaret “decrescita felice” del signore mechato, boccolo grigio, avaro e tristanzuolo, di nome Beppe.

Non siamo affatto catastrofisti. Tant’è che riconosciamo a Salvini di aver obbligato i grillini a misurarsi con l’arte del governo. E al governo Conte l’arte di almeno tre provvedimenti importanti in un anno: la chiusura dei porti ai commerci di esseri umani, droga, armi, prostituzione impiantati nel Mediterraneo dalle mafie nordafricane in combutta con le ricche Ong europee. La pace fiscale che ha dato ossigeno a milioni di cittadini e imprese soffocate nella morsa di una più che decennale crisi economica. Flat tax al 15 per cento per le partite Iva fino a 65 mila euro. Niente male.

Adesso, dopo aver giustamente staccato la spina al governo in condominio con il venditore di bibite (o “bibitaro” come lo stesso Grillo ribattezzò Di Maio in una memorabile intervista al giornale di De Bortoli), l’unica cosa che Matteo Salvini non deve fare per non finire come il postdemocristiano Matteo Renzi, è chiamare un referendum sulla propria persona. Come ha dimostrato in modo spettacolare l’ottobre referendario che schiantò il brillante ma troppo autocentrato simpaticone fiorentino, non c’è niente di più funesto in politica che il personalismo e la sovraeccitazione di sé.

Quello che Matteo Salvini deve fare, e al più presto, e pestando duro, denunciando le manovre del regime romano, è una conferenza stampa congiunta con Berlusconi e Meloni. Lanciare la piattaforma del centrodestra unito. E opporsi fino a minacciare un aventino antifascista se cercheranno di mantenere in vita artificialmente una legislatura morta e sepolta.

Ma vi sembra tanto strano che Beppe Grillo e Ferruccio De Bortoli vadano a braccetto e strillino all’unisono, “altro che elezioni, qui bisogna fermare i barbari”? Vi sembra tanto pazzesco che Renzi e Boldrini dei porti aperti all’Africa, il Corriere della Sera di quelli che erano puliti come Palamara e La Repubblica di quello che chiedeva a Renzi notizie buone per guadagnare in Borsa, la Raggi del non si sa quanti miliardi di buco Capitale e la Civiltà Cattolica dell’internazionale obamiana, strombazzino ai quattro venti l’urgenza di un qualsiasi esecutivo da topolini nel formaggio, pur di impedire al popolo l’esercizio della democrazia?

Votano e rivotano in tutta Europa, dalla Spagna alla Gran Bretagna, dalla Grecia alla Polonia. Ma qui in Italia no. Perché oibò? Perché devono continuare a tenere uno Stato dove i contribuenti del Nord pagano per tutti e quelli del Sud non siano messi nelle condizioni di non dipendere da Roma, collettore da Bolzano a Canicattì, e come si vede, con la bella dama grillante, principe gabelliere e di estorsioni legali senza nemmeno essere capace di tenere pulite le strade Capitoline.

L’élite romana che vive di questa parassitismo non vuole mollare la presa. Terrorizzata dalla comparsa dell’ennesimo grande leader di destra (e di destra perché doveva cadere il Muro di Berlino Est per ritrovarci il muro delle sinistre a Ovest, il politico corretto, il regime delle parole alate, delle belle coscienze e, insomma, della borghesia che se la suona e se la canta, dunque la libertà oggi non può venire che da destra) vorrebbe sfruttare il coraggioso realismo di Salvini per rivenderci un’ammucchiata d’Arabia, da Grillo a Boldrini, da Renzi alla Bonino. E questo, secondo i giornaloni nazionali, sarebbe “il cordone di sicurezza”. Ma siete matti voi. O come Ferruccio De Bortoli e gli altri “saggi”, avete così un sacco di soldi che vi interessa niente consumarli qui piuttosto che presso la corte di Merkel o Macron, poiché i soldi vi fanno liberi di partire quando volete. Liberi e cosmopoliti perché i vostri conti possono spostarsi con un clic. Come sulla piattaforma Rousseau. E sul Banco Paribas.

Con il voto subito, entro fine ottobre, ci attenderebbero finalmente riforme serie: l’autonomia, la giustizia, la scuola. Oppure, con la famosa “soluzione” alla romana, senza il voto, per parafrasare l’Augusto del Noce che profetizzò l’Ulivo di D’Alema e di Prodi, dopo il peggiore della storia repubblicana, Oscar Luigi Scalfaro, ci attenderebbe ancora un volta un cattolico Presidente della Repubblica steso come coperchio su un regimetto fatto di clericalismo politico senza popolo. Un regime impiantato sull’uso politico della giustizia. E gestito da postdemocristiani senza fede insieme a post comunisti senza fede. Cioè la quintessenza del grillismo.

Foto Ansa

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