Tempi
  • ACCEDI
ABBONATI
  • Esteri
    • Unione Europea
    • USA
    • Cina
    • Cristiani perseguitati
    • Islamismo
  • Politica
    • Elly Schlein
    • Giorgia Meloni
  • Giustizia
    • Magistratura
    • Carceri
  • Economia
    • Recovery Fund
    • Lavoro
    • Euro
    • Mutui
  • Ambiente
    • Clima
    • Crisi energetica
  • Salute e bioetica
    • Covid-19
    • Eutanasia
    • Fecondazione assistita
    • Aborto
  • Chiesa
    • Cristianesimo
    • Papa Francesco
    • Benedetto XVI
    • Luigi Giussani
    • Comunione e Liberazione
  • Sfoglia Tempi
    • Sfoglia Tempi digitale
    • Marzo 2023
    • Febbraio 2023
    • Gennaio 2023
    • Dicembre 2022
    • Novembre 2022
    • Ottobre 2022
    • Settembre 2022
Nessun risultato
Visualizza tutti i risultati
  • Esteri
    • Unione Europea
    • USA
    • Cina
    • Cristiani perseguitati
    • Islamismo
  • Politica
    • Elly Schlein
    • Giorgia Meloni
  • Giustizia
    • Magistratura
    • Carceri
  • Economia
    • Recovery Fund
    • Lavoro
    • Euro
    • Mutui
  • Ambiente
    • Clima
    • Crisi energetica
  • Salute e bioetica
    • Covid-19
    • Eutanasia
    • Fecondazione assistita
    • Aborto
  • Chiesa
    • Cristianesimo
    • Papa Francesco
    • Benedetto XVI
    • Luigi Giussani
    • Comunione e Liberazione
  • Sfoglia Tempi
    • Sfoglia Tempi digitale
    • Marzo 2023
    • Febbraio 2023
    • Gennaio 2023
    • Dicembre 2022
    • Novembre 2022
    • Ottobre 2022
    • Settembre 2022
Nessun risultato
Visualizza tutti i risultati
Tempi
ABBONATI
Home Interni

Salvarsi coi padroni o andare a picco con la Fiom? Grugliasco (Torino), i destini paralleli di due aziende in crisi

Alla Bertone, grazie all’alleanza in stile Marchionne tra dipendenti e manager, ora si producono Maserati. La De Tomaso (ex Pininfarina) rischia di essere affondata dalla vecchia logica statalista. Con il placet del sindacato

Marco Margrita
24/11/2013 - 2:00
Interni
CondividiTwittaChattaInvia

«Dove non c’è lavoro, manca la dignità». Lo ha detto papa Francesco a Cagliari nel settembre scorso, incontrando i disoccupati e i cassintegrati sardi. È esperienza quotidiana, in questa crisi, fare i conti con il dramma del lavoro che non c’è. La realtà consegna dunque ai sindacati una grande responsabilità. Una responsabilità che chiede, però, di cambiare necessariamente i paradigmi dell’azione e le categorie culturali. Il rischio, altrimenti, è quello di combattere una battaglia tutta ideologica, dove la concretezza del lavoro e dei lavoratori scompare e i loro rappresentanti diventano di conseguenza un freno all’innovazione, anche in termini di contratti. Il sindacato che, in Italia, ha imboccato l’involuzione a forza conservativa, avviluppato in una logica redistributiva tutta giocata nell’immediato e a favore dei lavoratori già “garantiti”, è la Cgil. In particolare la Fiom. Ce ne sarebbe abbastanza per dare ragione al populismo di Coluche, antesignano francese di Beppe Grillo: «I sindacati sono stati fatti per dare ragione a della gente che ha torto».

Torino è un buon punto di osservazione (e di comprensione). Una Torino che – al di là della retorica sulla “nuova via” della sinistra subalpina, che vanta una organica saldatura ai salotti borghesi e da un buon ventennio mantiene saldamente il timone della città – si trova a fronteggiare il “rischio declino”. Una parola che, rimbrottato dal sindaco Piero Fassino, l’arcivescovo Cesare Nosiglia ha pronunciato in due ultime omelie in occasione della festa di san Giovanni, patrono della città. Un messaggio tradizionalmente volto alla comunità nel suo complesso. Il declino si può scongiurare solo uscendo dalle vecchie logiche. Una sfida che per Torino ha assunto il volto di Sergio Marchionne e del suo affronto al “mito della concertazione”.

Torino è la città italiana a cui, più di ogni altra, tradizionalmente si pensa quando si parla di lavoro in fabbrica. La Torino della Fiat e del suo indotto. La one company town. In questa Torino, per la verità sempre meno operaia, è andata per la maggiore, prima della crisi mondiale che ci sta segnando, la narrazione di uno sviluppo tutto post-industriale. Una realtà di servizi, di cultura e di turismo. Con i grandi complessi industriali abbandonati a disposizione delle mire degli immobiliaristi. Le Olimpiadi 2006 sono state la vetrina di questo che si è rivelato essere solo un sogno. Perlomeno, una strada che non può essere quella maestra.

LEGGI ANCHE:

Operai al lavoro

C’è un lavoro che va fatto per essere felici, e non è neanche retribuito

20 Marzo 2023
Lavoro

«Non manca il lavoro, mancano i lavoratori, soprattutto giovani»

19 Marzo 2023

Dall’altra parte, opposta retorica, l’operaismo telegenico della Fiom. Figlio, o come minimo parente, di quella contrapposizione sindacale che nel 1980, a furia di picchetti e occupazioni, portò per reazione alla più celebre delle manifestazioni dei colletti bianchi: la marcia dei 40 mila. Una strategia sindacale da cui non a caso il resto della sinistra, secondo la “regola dei trent’anni”, ha ormai preso le distanze. Un sindacalismo, quello della Fiom, malato di ideologia.

Diecimila Maserati
Mirafiori, lo storico stabilimento Fiat di Torino, impiegava all’inizio degli anni Novanta ancora circa 50 mila dipendenti; oggi ve ne sono circa 12 mila includendo i cosiddetti “ terzisti”, ovvero le persone che vi lavorano dipendendo però da altre aziende. Numeri impressionanti con cui tuttavia qualcuno sembra non avere intenzione di fare i conti.

Poi venne, appunto, Sergio Marchionne. Bestia nera per la sinistra sindacale old labour e banco di prova per quella riformista. Il manager che nel gennaio 2011 chiese ai lavoratori di Mirafiori di esprimersi, con un referendum, sul “modello Pomigliano”: investimenti in cambio di revisioni di orari e garanzie. Perfino Piero Fassino, all’epoca ancora candidato sindaco, disse: «Se fossi un lavoratore della Fiat voterei sì al referendum sull’accordo a Mirafiori. Dal no hanno da perderci solo i lavoratori». La Fiom naturalmente si oppose e sappiamo come è andata a finire.

Ma per capire appieno che razza di “scontro di civiltà” sia in corso nel mondo del lavoro italiano, ci si deve spostare a pochi chilometri da Torino: a Grugliasco. Qui, lungo il medesimo corso Allamano, si trovano due stabilimenti, entrambi colpiti a morte dalla crisi del mercato, la cui sorte, dopo le operazioni di “rilancio”, è stata perfettamente opposta. Con fortune inversamente proporzionali all’invasività delle vecchie logiche sindacali. In un caso il salvataggio è riuscito, nell’altro è svanito. Parliamo della Bertone, dove ora si producono due modelli di Maserati (con l’obiettivo di connettere la fabbrica a Mirafiori nel “polo unico del lusso”), e della De Tomaso-ex Pininfarina, la quale, dopo investimenti stratosferici di denaro pubblico, in assenza di fatti nuovi, il 4 gennaio prossimo andrà incontro a un destino inesorabile: il licenziamento di tutti gli addetti.

Nello stabilimento della Bertone si lavora. Dopo sette anni di cassa integrazione, con il corollario di tavoli e promesse. In quella che era una roccaforte della Fiom, gli stessi delegati dei metalmeccanici della Cgil hanno sconfessato la linea di Landini e hanno accolto le richieste che la Fiat poneva per l’avvio della nuova produzione. Qui i lavoratori iscritti al “sindacato rosso” erano sette ogni dieci, però, quando si votò il referendum “à la Marchionne” sulle nuove condizioni di lavoro e contratto, tutte le rappresentanze di base si schierarono per il sì. I vertici dovettero cedere al “liberi tutti”. E il 30 gennaio di quest’anno si sono avviate le linee. Quasi tutti i 1.096 addetti sono rientrati in servizio e la Fiat, dopo un miliardo di euro di investimenti, vi ha prodotto diecimila Maserati, tra Quattroporte e Ghibli. Auto di lusso, circa 111 mila euro la prima e poco meno di 70 mila la seconda. Auto, in gran parte, prodotte – il superbollo italiano non è certo un alleato – per il mercato straniero: Stati Uniti e anche Cina, dove la casa automobilistica ha sempre faticato ad inserirsi. La scommessa e lo scarto dalla linea ideologica qui hanno ripagato chi li ha accettati, visto che la produzione è il doppio di quella degli impianti modenesi, dove la Macerati è nata.

Un flop da 60 milioni
Dalla De Tomaso, invece, è uscita un’unica vettura. Costo: circa 60 milioni di euro. L’azienda, acquisita dai Rossignolo, ora alle prese con l’incriminazione per distrazione di fondi pubblici, ha realizzato solo il prototipo della Deauville, pomposamente presentato al Salone dell’Auto di Ginevra. Sempre vagheggiando l’arrivo di mai concretizzatisi “soci stranieri”, ora indiani, ora cinesi.

L’impresa parte alla fine del 2009, quando, in seguito a un patto tra Regione Piemonte e famiglia Rossignolo, l’ente governato da Mercedes Bresso (centrosinistra) acquisisce gli ex capannoni della Pininfarina per 15 milioni di euro e li assegna in locazione a De Tomaso. Successivamente, il Piemonte stanzia altri 7,5 milioni per avviare l’innovazione all’interno dello stabilimento. Rossignolo fornisce giustificativi per oltre 6 milioni, evitando di chiedere l’ultima tranche, che secondo quanto previsto dalle leggi regionali avrebbe imposto una valutazione complessiva di tutto il progetto. Poi arriva la formazione professionale e lo Stato mette a disposizione 20 milioni per la sicurezza sul lavoro: l’azienda dei Rossignolo riesce a incassarne solo 7, perché poi inizia l’inchiesta e con essa gli arresti dei vertici, a partire dal patron Gian Mario Rossignolo. Intanto, la De Tomaso smette di pagare a Finpiemonte Partecipazioni, la controllata della Regione che ha in mano gli stabilimenti, la sua quota di affitto: un debito di 600 mila euro. Insomma, tra investimenti e stanziamenti, sono serviti 30,1 milioni circa per far partire la De Tomaso. Senza contare i soldi della cassa integrazione per circa 900 dipendenti (25 milioni) e i 2,6 milioni giunti grazie al Feg, un fondo per l’adeguamento alla globalizzazione.

Il tutto con un sostanziale accordo bipartisan all’insegna della spesa pubblica. E, come ha più volte denunciato la Fim Cisl, con «una paradossale indulgenza verso i vertici di De Tomaso di un sindacato come la Fiom, così impietoso nei confronti di un manager come Sergio Marchionne».

Insomma, dove i lavoratori scelgono da protagonisti, anche accettando sfide non prive di sacrifici, il declino trova una diga efficace. Dove, invece, la “mano pubblica” si dimostra troppo attiva e generosa, si trovano solo mani svelte a incamerare risorse. Con il sindacato intransigente incredibilmente pronto a transigere. Bisognerebbe, forse, tornare ad ascoltare gli operai. Ma il vertice della Fiom è troppo occupato a esibire presunte partigianerie in difesa della Costituzione (la più bella del mondo ovviamente) e il proprio sostegno a quel movimento No Tav che a certi lavoratori non si fa scrupolo di tirare le pietre. Un sindacato che si fa partito, ma perde per strada i lavoratori.

Tags: bertonecesare nosigliacgilcislfiatfiomgrugliascoLavoroMaseratimaurizio landinimercedes bressomirafiorino tavpiero fassinopininfarinapomiglianosergio marchionnesindacatisindacatotorino
CondividiTwittaInviaInvia

Contenuti correlati

Operai al lavoro

C’è un lavoro che va fatto per essere felici, e non è neanche retribuito

20 Marzo 2023
Lavoro

«Non manca il lavoro, mancano i lavoratori, soprattutto giovani»

19 Marzo 2023
Giorgia Meloni Cgil

Né applausi né fischi. Doppia vittoria della Meloni al congresso Cgil

18 Marzo 2023
Lavoratori

Sempre più anziani, sempre meno adulti. Il paradosso del lavoro in Italia

13 Marzo 2023

Migranti, non c’è lavoro senza formazione

8 Marzo 2023
Operai edili al lavoro in un cantiere di un parcheggio sotterraneo in costruzione. Genova, 13 Novembre 2021.
ANSA/LUCA ZENNARO

Le imprese chiedono «più immigrazione o chiudiamo bottega»

7 Marzo 2023
Per commentare questo contenuto occorre effettuare l'accesso con le proprie credenziali.

Video

Caorle 2023
Video

Chiamare le cose con il loro nome. Tutti a Caorle a giugno

Redazione
6 Marzo 2023

Altri video

Lettere al direttore

Pier Paolo Pasolini

Perché i ciellini sono così affascinati dai “corsari” Pasolini e Testori

Peppino Zola
28 Marzo 2023

Read more

Scrivi a Tempi

I nostri blog

  • La preghiera del mattino
    La preghiera del mattino
    Alla Francia nella tempesta mancava solo un maxi scandalo finanziario
    Lodovico Festa
  • Il Deserto dei Tartari
    Il Deserto dei Tartari
    Lo stupro e la contrattualizzazione del rapporto sessuale
    Rodolfo Casadei
  • Memoria popolare
    Memoria popolare
    Arringa cristiana e popolare per il «diritto dei turchi a restare turchi»
    A cura di Fondazione Europa Civiltà
  • Lettere al direttore
    Lettere al direttore
    Ribadiamo: l’inchiesta di Bergamo sulla pandemia ha solo «valore catartico»
    Emanuele Boffi
  • Good Bye, Lenin!
    Good Bye, Lenin!
    La vita «ordinaria, tragica e bella» di Elena Bonner
    Angelo Bonaguro

Foto

Foto

Cura: quale integrazione tra territorio e domicilio?

22 Marzo 2023
Foto

“Bisogna pur aver fiducia di qualcuno”. Il concorso dei Nonni 2.0

13 Marzo 2023
Foto

Cosa c’è di allegro in questo maledetto paese?

10 Febbraio 2023
8/2/2014 Milano Giornata Banco Farmaceutico
punto raccolta farmaci presso Farmacia Foglia C.so di Porta Romana 56
Iconphotos/Paolo Bonfanti
Foto

Inizia oggi la Giornata di raccolta del farmaco: ecco come e perché aderire

7 Febbraio 2023
Benedetto Antelami, Deposizione dalla croce, Duomo di Parma
Foto

Davanti alla Deposizione di Antelami. Quello che non avevo mai “visto”

3 Febbraio 2023

Altre foto

Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994

Codice ISSN
online 2499-4308 | cartaceo 2037-1241

Direttore responsabile
Emanuele Boffi

Editore
Contrattempi Società Cooperativa
Via Traù, 2 – 20159 Milano
[email protected]
C. F. / P. Iva 10139010960
Iscrizione ROC n. 30851

Redazione
Via Traù, 2 – 20159 Milano
+39 02.51829864
[email protected]

  • Chi siamo
  • Scrivi a Tempi
  • Iscriviti alla newsletter
  • Pubblicità
  • Privacy policy
  • Preferenze Privacy
  • Sfoglia Tempi digitale
  • Gestione abbonamento
  • Abbonati con carta di credito
  • Abbonati con bonifico/bollettino
  • Archivio storico

Copyright © Contrattempi Società Cooperativa. Tutti i diritti sono riservati | Contributi incassati nel 2022: euro 211.883,40. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70

Nessun risultato
Visualizza tutti i risultati
  • ACCEDI
  • Sfoglia Tempi
    • Sfoglia Tempi digitale
    • Marzo 2023
    • Febbraio 2023
    • Gennaio 2023
    • Dicembre 2022
    • Novembre 2022
    • Ottobre 2022
    • Settembre 2022
  • Esteri
    • Guerra Ucraina
    • Unione Europea
    • USA
    • Cina
    • Cristiani perseguitati
    • Terrorismo islamico
  • Politica
    • Elly Schlein
    • Giorgia Meloni
  • Giustizia
    • Magistratura
    • Carceri
  • Scuola
    • Scuole paritarie
    • Educazione
  • Ambiente
    • Clima
    • Crisi energetica
  • Salute e bioetica
  • Chiesa
    • Cristianesimo
    • Papa Francesco
    • Benedetto XVI
    • Luigi Giussani
    • Comunione e Liberazione
  • Cultura
    • Libri
  • Economia
    • Recovery Fund
    • Lavoro
    • Euro
    • Mutui
  • Società
    • Obiettivi di sviluppo sostenibile
    • Razzismo
    • Politicamente corretto
    • Lgbt
    • Sport
  • Spettacolo
    • Cinema
    • Tv
    • Musica
  • Tempi Media
    • News
    • I nostri blog
    • Video
    • Foto

Welcome Back!

Login to your account below

Forgotten Password? Sign Up

Create New Account!

Fill the forms bellow to register

All fields are required. Log In

Retrieve your password

Please enter your username or email address to reset your password.

Log In

Add New Playlist