Referendum 12-13 giugno: è possibile raggiungere il quorum?

Di Emanuele Boffi
09 Giugno 2011
Bersani è convinto di farcela, ma la storia recente dice che la sfida è quasi impossibile. Nessuna consultazione ha superato lo sbarramento del 50% più uno negli ultimi 16 anni (un quarto degli italiani non vota più). Non bastano i voti di tutte le opposizioni, servono anche quelli della metà degli elettori di Pdl e Lega Nord

Pier Luigi Bersani è fiducioso che il quorum sui referendum del 12 e 13 giugno sarà raggiunto: «Vinceremo facile, come a Milano». Nichi Vendola ha dichiarato che «sarà un referendum plebiscito».

Al di là del merito dei requisiti, la domanda, infatti, è: sarà possibile raggiungere il quorum? La legge stabilisce che, perché il referendum sia valido, occorre che voti il 50 per cento più 1 degli aventi diritto. Cioè 25.332.487 elettori. Un numero molto alto che i referendari ritengono alla loro portata, sfidando la mala sorte che dal 1995 colpisce i referendum. Da allora, infatti, nessuno ha superato la soglia, attestando la partecipazione intorno al 30 per cento (nel ’97 e nel 2000) e intorno al 25 (nel 2003, 2005 e 2009). Unica eccezione il referendum dell’aprile ’99 (abolizione della quota proporzionale) che sfiorò il traguardo col 49,6 per cento.

Facciamo dunque due conti, per capire se, stavolta, il quorum può essere raggiunto. Circa un quarto degli italiani non vota (un po’ meno alle politiche, dove l’affluenza sale all’80 per cento, e un po’ più alle amministrative che è intorno al 70). Qualche giorno fa, il quotidiano Il Messaggero, ha svolto un interessante ragionamento: se anche andassero a votare tutti gli elettori che nel 2008 hanno votato Pd (14 milioni) più quelli della sinistra radicale (1 milione e 150 mila), dell’Udc (2 milioni e 100 mila) si superebbe di poco la soglia dei 17 milioni. Ne mancano circa 8 per arrivare a 25. Il calcolo (un po’ a spanne) faceva scrivere al quotidiano romano che «per conquistare il quorum occorre che a questa cifra si aggiunga un numero di elettori pari almeno alla metà dei bacini di Pdl e Lega».

Silvio Berlusconi ha già detto che ritiene i referendum inutili e nel centrodestra – tranne qualche eccezione – tutti invitano all’astensione. Più variegata la posizione della Lega nella quale alcuni esponenti di primo piano (il governatore Luca Zaia, il sindaco varesino Attilio Fontana) hanno espresso la propria intenzione di votare. Il grande capo Bossi, dopo una prima apertura al quesito sull’acqua («è intrigante») ha poi fatto sapere, tramite Reguzzoni, che si asterrà. Per completare il quadro va aggiunta l’indicazione di Fli di «andare a votare» (e il No è, di fatto, un favore a chi vota Sì). 

Tuttavia, al di là delle indicazioni dei partiti, bisognerà vedere come si muoveranno gli elettori. I sondaggisti interpellati dal Messaggero sono cautamente scettici sul raggiungimento del quorum, anche se Nicola Piepoli fa notare che molto dipenderà dal dato dell’affluenza della domenica mattina. Se sarà alto, invoglierà a recarsi alle urne. Di questo è consapevole lo stesso Bersani che oggi, in un’intervista all’Unità dice: «Io vado a votare alle 10 di domenica mattina. È molto importante incoraggiare tutti ad andare a votare, noi dobbiamo dare un segno immediato di fiducia nella partecipazione”.

Molti fanno notare che al recente referendum sardo sul nucleare si è superato il quorum (59,3 per cento). Ma il dato è ambiguo. Nello stesso giorno si svolgeva sull’isola anche il voto amministrativo in alcune importanti città.

Da ultimo, c’è da segnalare il pasticcio che riguarda i voti all’estero. È infatti accaduto che i nostri connazionali hanno espresso il loro punto di vista sul nucleare utilizzando schede che riportavano il vecchio quesito (che poi è stato riformulato dalla Cassazione). Domanda: quei voti sono validi? Il ministero degli Interni ha comunicato che «risulta impossibile procedere a una nuova stampa e distribuzione per gli elettori residenti all’estero». E se quei voti, alla fine, risultassero determinanti per raggiungere il quorum? Il presidente emerito della Corte Costituzionale Cesare Mirabelli ha detto che «gli italiani all’estero hanno avuto la possibilità di esprimere il voto su un quesito che riguarda la stessa materia. In sostanza l’intenzione è la stessa, quindi ritengo che le schede dovrebbero essere conteggiate ai fini del voto e del raggiungimento del quorum».

Anche per un altro presidente emerito come Antonio Baldassarre «il trasferimento da un quesito all’altro operato dalla Cassazione indica che la sostanza era quella. I voti espresssi all’estero si possono ritenere validi». Ma Antonio Di Pietro non si arrende e annuncia che presenterà alla Cassazione un’istanza perché questi voti non siano conteggiati nel calcolo del quorum finale.

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