Redditi online del governo, perché la sinistra alimenta l’invidia sociale?
Olof Palm, grande socialista, era solito affermare che la battaglia era contro la povertà, non contro la ricchezza. Se uno è un brillante imprenditore (e ce ne fossero dello stile di un altro socialista, Adriano Olivetti!) che guadagna, crea posti di lavoro, e paga le tasse, qual è il problema? Per me, che sono socialista, non ve ne è alcuno. Eppure, la giusta decisione del governo di pubblicare i redditi (pur non essendo tenuti a farlo), ha scatenato una serie di commenti che mi lasciano sgomento. Manca solo di sentire “il capitale è un furto e chi lo possiede è un ladro”: ma ci siamo quasi.
Perché alimentare, da sinistra, quella che a parer mio è una ingiusta fama di rancorosa invidia sociale di cui già gode la stessa sinistra italiana? Non a caso questo luogo comune dell’invidia sociale è stato proprio il tasto su cui hanno battuto i maestri di comunicazione che hanno confezionato le canzoncine e gli inni di Silvio Berlusconi. Se si analizzano anche i testi pronunciati da Berlusconi, tutti battono sempre su questa idea. Ed è rimasto così questo messaggio che oggi pesa, anche un po’ in maniera autolesionistica sulle spalle di una certa sinistra, quella cattocomunista, maestra di ipocrisia. Ma non tutta la sinistra, per fortuna, è questa: ed io credo, da socialista, che non fu mai troppo presto, il momento in cui togliemmo la falce e il martello dal simbolo del partito socialista italiano.
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