La preghiera del mattino
Berlusconi è solo “stressato” o vuole proprio affossare il governo Meloni?
Su Open Alessandro D’Amato scrive: «“Silvio, fermati! Avanti così finisce male”. “Il Cav ributta tutto all’aria”. Libero e la Verità prendono di petto Berlusconi dopo il martedì nero del Cavaliere. La registrazione in cui ammette di aver riallacciato i rapporti con Vladimir Putin mette in pericolo la nascita del governo Meloni. E allora ecco che il direttore del quotidiano degli Angelucci, Alessandro Sallusti, scrive addirittura una lettera “dolcissima” al presidente di Forza Italia per convincerlo a non affossare il sogno “non di Meloni, ma degli italiani”. Mentre Il Giornale mantiene un aplomb più istituzionale e titola “Rebus giustizia” segnalando il braccio di ferro tra Casellati e Nordio. E il Tempo pubblica una vignetta di Osho in cui il suo cagnolino terrorizzato dice: “Aiutatemi, vi prego, vuole farmi fare il sottosegretario”».
Ormai è evidente come esista in Italia un’assai consistente base elettorale conservatrice (in parte importante anche popolare) sostanzialmente indifferente alle sigle politiche che la rappresentano e impegnata solo a votare chi ha le migliori chance di prevalere sulla sinistra. Silvio Berlusconi nel 2008 con il Popolo della libertà aveva cercato di rispondere a questa realtà; poi, un po’ per la sua incapacità di agire “politicamente” nel partito che aveva fondato, un po’ per le trame di Giorgio Napolitano che trovarono la miglior sponda in Gianfranco Fini, questo tentativo fallì. Però sull’esperienza del Pdl, chi oggi è stato scelto come leader del popolo di centrodestra, al di là delle sigle ancora esistenti, dovrebbe riflettere.
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Su Affaritaliani Alberto Maggi scrive: «Il commento del filosofo, nonché ex sindaco di Venezia, è secco e risoluto: “Qui ci sono solo due possibilità, o Berlusconi vuole liquidare il governo Meloni ancora prima che nasca o si tratta di problemi senili di chi non riesce a controllare le proprie dichiarazioni”».
La politica è un’attività particolarmente stressante, basta considerare le difficoltà a mantenere lucidità dello stesso presidente degli Stati Uniti Joe Biden. E quindi questo fattore è determinante, come in qualche modo ritiene Massimo Cacciari, nello spiegare i comportamenti di un Berlusconi, protagonista di un’eccezionale vita d’azione ben oltre la politica e perseguitato da decenni da decine e decine di inchieste giudiziarie. Non va scordato però come l’assestamento del potere italiano che può provocare un governo Meloni avviene in un momento particolare nel quale i problemi non vengono solo dalla disperata Mosca (pur pericolosissima e da contrastare per la sua attività espansionistica), ma anche da una Washington che ha bisogno di alleati fedeli, da una Parigi particolarmente nervosa, da una Berlino spaurita e incerta, da una Pechino attenta a difendere gli spazi acquisiti, da una Turchia che ha ripreso una rilevante influenza nel Mediterraneo. In un’Italia che ha subìto trenta anni di disgregazione della sua democrazia, le influenze straniere sono particolarmente rilevanti e ogni nostro assestamento politico deve fare i conti con manovre di contro-assestamento.
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Su Dagospia si riprende un articolo di Carlo Bertini per la Stampa dove si scrive: «Per dare un’idea del potere che hanno le correnti nel Pd, quando hanno sospettato che vi fosse la mano di Enrico Letta dietro l’ipotesi di eleggere Alessandro Zan vicepresidente della Camera contro la figura di Fontana, hanno fatto cadere nel giro di due giorni questa candidatura, senza appello. Facile immaginare come ci sia rimasto Zan, che avrebbe potuto rappresentare una bandiera per il mondo Lgbt da uno scranno ben più alto di quello di parlamentare. Ma così è il mondo dem: Zan avrebbe tolto il posto a qualcuno, a dispetto di una vox populi in suo favore salita dai banchi dei deputati quando fece il suo ingresso in aula il giorno dell’elezione di Fontana presidente».
La disgregazione della democrazia italiana non ha colpito solo il centrodestra, anzi per molti versi i danni che ha prodotto sul centrosinistra sono ancora più profondi.
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Su Formiche Carlo Galli dice: «Quello che non va nel nostro paese non è la Costituzione, ma la scarsissima qualità del ceto politico e la sua irresponsabilità».
Ecco un’analisi particolarmente sbagliata: è la crisi dello Stato emersa con il 1992 che ha prodotto una classe politica sbandata, e non viceversa.
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