Bisogna festeggiare oltre la pena e, per i suoi figli, il senso di abbandono. Bisogna festeggiare quel malanimo un po’ lesso, scontato, che ha circondato in certi ambienti (che bella formula, e definitiva nella sua sprezzatura: in certi ambienti) la scomparsa di don Luigi Giussani, definito capo di una “minoranza antimoderna”, dunque uomo di tempra intellettuale, resistente, anticonformista, e intelletto indagatore, inquieto nel suo tempo. Si può lodare un uomo pensando di scarnificarlo? Si può, come dicono i Vangeli. Pensate che sconforto se questo piccolo grande prete così amato e così forte nelle sue convinzioni fosse stato digerito come i tanti militanti della “maggioranza moderna”, quelli che si definiscono sulla scia dell’ultimo letterato di tendenza, dell’elzevirista liberale dominatore dell’accademia, del patron laico delle idee di tutti.
LA RAGIONE SEMPLICE E PIANA
Fino alla fine, incurante della tutela della propria immagine, privo anzi di immagine e tutto sovrabbondante di sostanza, il vostro Gius, che non ho mai conosciuto ma ho imparato a rispettare e un po’ a conoscere attraverso i suoi allievi, è stato sacerdote diocesano semplice e leader complesso di piccoli popoli per ogni dove senz’altra pretesa che l’universalità, la passione, una ridefinizione dell’ortoprassi cristiana che ha fatto scandalo e tempesta. Questa storia di fare come se Cristo fosse davvero l’incarnazione di suo Padre, come fosse vissuto e poi morto e risorto, questa storia che sembrerebbe così semplice in base alla lettura anche affrettata del Vangelo, questa storia dell’avvenimento e dell’incontro ha avuto conseguenze felici e complicate per molti ragazzi e ragazze nel mondo, e ormai molti ragazzi invecchiati, anche, e invecchiati piuttosto bene. Ma le conseguenze più importanti per il mondo laico o per la sua parte maggioritaria e “moderna” sono state il solco dell’incomprensione, addirittura il baratro dell’inimicizia. Comunione e liberazione è il fenomeno più sottovalutato, più aborrito, più esorcizzato nella storia della cultura laica in Italia: i Comitati civici furono combattuti, ma Cielle fu fin dall’inizio oggetto di un vade retro ideologico senza scrupoli, perché è anche attraverso l’ignoranza degli altri, la loro riduzione a caricature delle nostre fobie, che alla fine l’ideologia trova il suo consistere.
Hanno evitato il dialogo, gli ideologi laici soddisfatti di sé, fino e oltre la soglia della morte, anche un piccolo dialogo umanissimo nella forma classica ed eccelsa dell’eulogia, e lo hanno evitato per una ragione molto piana e chiara e semplice: le domande di Giussani, combinate con la sua opera, erano di per sé imbarazzanti.