Centri aiuto alla vita sotto attacco. «Noi sempre rispettosi della libertà della donna»

Di Valerio Pece
01 Maggio 2024
Giornaliste di Repubblica e delle Iene si infiltrano con microfoni nascosti dei centri pro life in cerca di scandali. E a Brescia si studia un Daspo per i cattolici. Parla Elisabetta Pittino, presidente di FederVita Lombardia

FederVitaLombardia-APS è l’associazione che in Lombardia coordina i Centri di Aiuto alla Vita (Cav), i Movimenti per la Vita (Mpv) e le Case di Accoglienza per madri in difficoltà. Un patrimonio preziosissimo, fatto di 74 realtà, 3.194 soci e oltre 830 volontari, in gran parte donne, che dalla metà degli anni ’70 testimonia il valore e la bellezza della vita, specie in quelle fasi in cui questa è più fragile. Elisabetta Pittino, da pochi giorni riconfermata all’unanimità presidente della Federazione, racconta a Tempi questi giorni convulsi, occupata com’è a difendere i Cav da un attacco mediatico senza precedenti. Tutto ciò mentre a Brescia, sua città natale, un esponente del Partito democratico propone di comminare il Daspo urbano anche a quei cattolici che pregano davanti agli ospedali.

È palpabile l’insofferenza che la norma sulla riorganizzazione dei consultori sta creando a sinistra.

È profondamente triste vedere l’avversione ideologica contro le donne, da qualsiasi parte provenga. Le persone, in questo caso le madri e i loro figli, dovrebbero essere più importanti di ogni ideologia. La nuova norma, in applicazione dell’art. 2 della legge 194 del ‘78, si limita a richiamare la possibilità, per i consultori, di permettere l’intervento di associazioni esperte che si occupano di donne incinte in difficoltà. I Cav, che dal lontano 1975 fanno esattamente questo, sono nati proprio perché la madre che aspetta un figlio fosse davvero libera dalle pressioni e dalle violenze che spesso la costringono ad abortire. Oggi, invece, sembra di assistere a una guerra contro la maternità: sì all’aborto a tutti i costi, non importa se a rimetterci sono le donne e quei bambini che nel grembo materno vorrebbero solo continuare a vivere. E nella guerra in corso ecco che anche i Centri di Aiuto alla Vita sono oggi sotto attacco. Letteralmente.

In che senso?

Nel senso che giornaliste di quotidiani importanti, oppure inviate di programmi come Le Iene, munite di telecamere e microfoni nascosti, si sono infiltrate in alcuni Cav fingendosi donne incinte bisognose di aiuto. Un attacco simultaneo avvenuto nei Centri di Aiuto alla Vita di Milano, Torino e Roma. Per ora.

Elisabetta Pittino, presidente FederVita Lombardia
Elisabetta Pittino, presidente di FederVita Lombardia

Qual è l’intento di questi blitz?

Quello di trovare atteggiamenti, da parte dei volontari, che possano essere raccontati come atti di costrizione, colpevolizzazione o giudizio verso donne che stanno vivendo il dubbio se abortire o meno. A loro purtroppo non interessa sapere ciò che avviene veramente nei Cav, la natura degli aiuti che vengono proposti. Eppure conoscere per poi informare dovrebbe essere la prima cosa. Passano sopra le drammatiche sofferenze delle donne senza alcuna pietà, dei loro bisogni veri non gli importa nulla. L’intento è solo quello di portare avanti la loro ideologia screditando il nostro operato. Queste giornaliste, però, cercheranno invano, perché quello che tentano in ogni modo di “registrare” è un approccio che non ci appartiene.

FederVita Lombardia come sta proteggendo i suoi Cav?

Stiamo innanzitutto ricordando a tutti i volontari che, al di là dell’intento diffamatorio emergente, i Centri di Aiuto alla Vita sono sempre stati rispettosi della libertà della donna, limitandosi all’ascolto, all’offerta di aiuto e alla vicinanza vera. Li informiamo anche che potrebbe capitare anche a loro che qualcuno tenti di infiltrarsi in questo modo scorretto, ma che non devono temere. Piuttosto l’invito è a non farsi influenzare, e continuare a operare come sempre, cioè rispettosi e amorevoli verso la donna e il bambino. La verità viene sempre a galla e l’amore non si cancella. Certo, pensare che una volontaria che si spende gratuitamente per le donne in difficoltà debba essere messa sotto accusa, per di più con metodi a dir poco ambigui, è oggettivamente scoraggiante.

Eppure non ci sarebbe bisogno di essere cattolici per comprendere l’indispensabilità delle realtà prolife nei consultori.

Assolutamente no! Il Movimento per la Vita e ogni singolo Cav sono laici, quindi aconfessionali e apartitici. Giorgio Pardi, primo medico in Italia a eseguire aborti dopo l’approvazione della 194, nonché direttore di quella clinica Mangiagalli dove Paola Bonzi fondò il primo Cav ospedaliero, parlava in modo assolutamente appassionato dei Centri di Aiuto alla Vita. Vedeva che la loro azione era focalizzata soltanto sui reali bisogni della donna, alla quale, per il direttore delle più grande clinica ginecologica del nord Italia, andava rispettosamente offerta anche una prospettiva diversa dall’aborto. L’ateo dichiarato Pardi (qui una sua storica intervista rilasciata a Tempi pochi mesi prima della sua morte, nda) si diceva entusiasta del lavoro svolto dal Cav della Mangiagalli, ricordando a tutti quelli che glielo chiedevano quanto bene questo avesse fatto con i pochi fondi a disposizione. Che il primo medico “abortista” d’Italia odiasse l’aborto, e chiedesse a gran voce che i Cav fossero ovunque potenziati, è una lezione che certe femministe dovrebbero fare propria.

Elisabetta Pittino con papa Francesco
Elisabetta Pittino con papa Francesco

Nella sua Brescia, intanto, è allo studio un Daspo per quei cattolici che pregano davanti agli ospedali. Che sta succedendo alla “Leonessa d’Italia”?

Un consigliere del Pd della giunta guidata dal sindaco Laura Castelletti, all’interno del provvedimento sul Daspo urbano annunciato dal Comune, ha chiesto di inserire anche le aree attigue agli ospedali cittadini. L’intento è impedire a chi fa parte di associazioni cattoliche anche solo di dichiararsi pubblicamente contro l’aborto. Faccio presente che questa modalità non appartiene ai Cav e ai Mpv, ma ritengo che pregare fuori da un ospedale sia un atto assolutamente pacifico. Pensando a tutte le violenze e alle aggressioni che avvengono quotidianamente, anche nella stessa Brescia, si fa fatica a capire come uno sparuto gruppo di persone che prega possa fare paura.

Reazioni della città che fu di Paolo VI?

Con una dichiarazione congiunta tutta l’opposizione ha chiesto al sindaco e alla sua giunta una esplicita presa di distanza. Andrebbe appena ricordato che lo strumento amministrativo del Daspo urbano non nasce certo per impedire la libera espressione del pensiero.

Da quel che si capisce non sembra che a Brescia si respiri una bella aria.

Non saprei. Posso solo dire che noi ci impegniamo ogni giorno per portare avanti la “cultura della vita”. E nel mare di nichilismo in cui siamo immersi non è poco. Devo dire però che Milano non sembra essere messa molto meglio…

Si riferisce a qualcosa di preciso?

Alla vicenda della statua di Vera Omodeo. Come Feder-Vita abbiamo espresso vicinanza alla famiglia dell’artista: il rifiuto del Comune di Milano di posizionare in piazza Duse la statua di una donna che allatta il proprio bambino è stato un gesto surreale. Chi ha paura della maternità? «Cosa c’è di non condivisibile in una donna che allatta?», faccio mie le parole pronunciate da Fiorello il giorno dopo il “gran rifiuto”. Da presidente di Feder-Vita mi sento di dire che anche questa decisione non crea un clima sereno per le donne che vogliono o si trovano a diventare madri. La verità intorno a quella statua è che la maternità non è solo un “valore” ma una “realtà”: affermare che questa «non rappresenta un valore condiviso» – queste le parole della Commissione dell’amministrazione Sala – è come rinnegare la nostra umanità. Siamo tutti figli.

Sia a livello locale che nazionale sembrerebbe predominare una congiuntura di morte.

È vero. Ma è altrettanto vero che il popolo della vita c’è, cresce, ed è sempre più consapevole di sé e della forza positiva che va costruendo nella società. Le donne che i Cav hanno aiutato a tenere i loro bambini raccontano la loro gratitudine; la realtà buona, quindi, si fa strada da sola. La gente sente il bisogno di liberarsi dalle catene dell’ideologia e tornare a sorridere alla vita. Malgrado il poco rispetto che Repubblica e Le Iene stanno dimostrando verso le donne in difficoltà, l’amore per la vita vincerà sempre.

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