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La Croce dipinta della Galleria nazionale dell’Umbria, datata 1272, mi risveglia sempre un insieme di sentimenti non facile a decifrarsi. Sarà per lo sfolgorante impatto cromatico, per la dimensione monumentale (poco meno di cinque metri d’altezza), per le linee che tracciano la figura di Cristo, simili a ferite d’arma da taglio, per le macchie rosso sangue delle stigmate e dei segni dei chiodi e per quella del costato, dal quale il filo d’acqua mista a sangue più che sgorgare zampilla lievemente, di fatto l’insieme dei sentimenti probabilmente si ricapitola in quel “timor di Dio” che esegeti, teologi e catechiste spiegano in termini talvolta discordi.
Il Maestro senza nome
Basta questa Croce, che infonde nell’osservatore meno infatuato il vivo senso della morte di Cristo e nel contempo, per la potenza dell’espressione, la certezza della risurrezione, a richiamare tanta gente nella grandiosa mostra allestita a Perugia, che si concentra e s...
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