Inizia il processo ai “mandanti” dell’omicidio Paty. La sorella: «Chi sapeva non ha fatto niente»

Di Mauro Zanon
02 Novembre 2024
Alla sbarra gli adulti che fecero partire la campagna d'odio contro il professore francese decapitato per avere mostrato vignette su Maometto in classe. In un libro la sorella Mickaëlle denuncia i servizi segreti e le gerarchie scolastiche
Samuel Paty
Un mazzo di fiori e la scritta "io sono un professore" su una panchina accanto alla scuola in cui insegnava Samuel Paty (foto Ansa)

Parigi. Lunedì prossimo, 4 novembre, si aprirà a Parigi il processo degli adulti coinvolti nell’assassinio di Samuel Paty, il professore di Storia e Geografia decapitato da un jihadista di origini cecene per aver insegnato l’amore per la libertà d’espressione e la laicità attraverso le vignette satiriche su Maometto di Charlie Hebdo.

Fra gli imputati, ci saranno Brahim Chnina, il padre dell’allieva all’origine della menzogna che ha provocato la rappresaglia contro l’insegnante (aveva affermato che Paty aveva costretto gli studenti musulmani ad abbandonare la classe) e Abdelhakim Sefrioui, militante islamista schedato “S” dai servizi segreti francesi per la sua vicinanza ai milieux radicali. Il processo, che sarà interamente registrato, è molto atteso.

L’importanza sociale del processo sull’omicidio Paty

«Sarà un momento importante per il personale del sistema scolastico francese, e in particolare per gli insegnanti, che negli ultimi anni sono stati presi di mira con molta violenza», ha dichiarato Olivier Christen, il nuovo procuratore nazionale antiterrorismo, durante l’udienza di presentazione del processo lo scorso giugno. I genitori di Samuel Paty si aspettano «sentenze adeguate», ha affermato il loro avvocato, Virginie Le Roy. «Sono molto sensibili anche a tutto ciò che sta dietro al caso del figlio: il ruolo dell’insegnante, la difesa della laicità, etc. È un processo importante non solo dal punto di vista giudiziario, ma anche dal punto di vista sociale», ha aggiunto l’avvocato della famiglia Paty.

Nell’aprile del 2022, diversi membri della famiglia dell’insegnante avevano inoltre presentato una denuncia contro l’amministrazione, che ha portato la procura di Parigi ad aprire un’indagine preliminare e in seguito un’inchiesta giudiziaria per “mancata assistenza a una persona in pericolo” e “mancata prevenzione di un reato”. «La famiglia di Samuel Paty vuole soprattutto risposte, sapere chi ha fatto o non ha fatto cosa», spiega Virginie Le Roy.

Samuel Paty
La targa commemorativa dedicata a Samuel Paty nel luogo in cui il professore è stato decapitato (foto Ansa)

Le colpe di chi non ha protetto Paty

Quest’estate anche Mickaëlle Paty, una delle sorelle di Samuel, ha sollecitato il Tribunale amministrativo di Nizza per «ottenere una condanna simbolica dello Stato per la sua parte di responsabilità nell’attentato, in quanto non ha messo in atto i mezzi necessari per prevenirlo», ha sottolineato il suo avvocato, Carine Chaix. E ancora: «Le numerose colpe commesse dai vari agenti dei ministeri dell’Istruzione e dell’Interno sono responsabilità del loro datore di lavoro, lo Stato, che non ha protetto uno dei suoi agenti quando aveva i mezzi per proteggerlo in tempo e ha smentito pubblicamente la menzogna raccontata dallo studente che ha provocato la furia omicida del terrorista».

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Ma Mickaëlle Paty non si è fermata alla denuncia. In occasione del quarto anniversario della morte del fratello, lo scorso 16 ottobre, ha pubblicato un libro, Les Cours de Monsieur Paty (Albin Michel), che racconta gli ultimi undici giorni della vita di Samuel – dal giorno del famoso corso sulla libertà d’espressione intitolato “Situation de dilemme: être ou ne pas être Charlie” fino al giorno dell’assassinio – e allo stesso tempo è un atto di accusa verso i responsabili morali di quanto accaduto, verso quell’insieme di rinunce e reticenze che hanno prodotto l’indicibile.

Le accuse della sorella di Paty in un libro

Samuel Paty libro sorella

«La situazione di pericolo grave e imminente in cui si trovava mio fratello non è stata presa in considerazione da nessuno», scrive Mickaëlle Paty nel suo libro. «I servizi segreti erano a conoscenza dei video che (Abdelhakim Sefrioui) aveva girato su mio fratello e postato sui social network, quindi perché non hanno effettuato un controllo su internet? O se hanno controllato, perché non hanno fatto nulla? Nessuno di questi servizi si è preso il tempo di leggere i commenti sotto questi video, che erano unanimi nel desiderio di ‘agire’ contro mio fratello? Questi utenti di internet pieni di odio credono che solo la Sharia sia legittima. Quindi chiunque venga a metterla in discussione o a mancare di rispetto alla umma deve essere punito per vendicare il profeta – è ciò che viene definito ‘jihad difensivo’. Questo è l’appello di Sefrioui contro mio fratello».

«Di fronte alla telecamera si presenta come un mufti, l’unica figura giuridica dell’islam in grado di emettere una fatwa (…). Chiamando mio fratello ‘delinquente’ per sei volte, Brahim Chnina e Abdelhakim Sefrioui si rivolgono specificamente ai musulmani. Chiedono la radiazione di mio fratello ai laici, ma esortano i correligionari a vendicare il profeta», aggiunge la sorella di Samuel Paty, rivelando che ci sono voluti tre mesi, assistita dal suo avvocato, per far sì che Facebook France rimuovesse il video di Brahim Chnina dal portale del governo Pharos per la segnalazione di contenuti illegali su internet, nonostante fosse indagato per associazione a delinquere con finalità di terrorismo.

«Forse hanno ucciso Samuel davanti alla sua scuola»

Mickaëlle Paty racconta anche l’indifferenza della gerarchia scolastica dinanzi alle paure di Samuel, che gli ultimi gironi del suo tragico destino andava a scuola incappucciato, con un piccolo martello nello zaino, che il padre gli aveva regalato per i lavoretti di casa quando era andato a studiare a Lione. Per l’ispettore inviato dal ministero era Samuel “l’autore dei fatti”, dunque il colpevole, e gli allievi erano le “vittime”. «La situazione è sotto controllo», diceva la preside alla vigilia del dramma.

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Infermiera anestesista, Mickaëlle è in sala operatoria la sera del 16 ottobre 2020, quando, poco dopo le 20, riceve un messaggio dalla madre, che da allora non ha mai più cancellato: «Forse hanno ucciso Samuel davanti alla sua scuola». Quel “forse” di speranza viene presto soffocato dal rumore dei telegiornali in edizione speciale che all’ospedale, in sala d’attesa, annunciano la morte tragica di un professore di Storia e Geografia di una scuola di Conflans-Sainte-Honorine, nel dipartimento delle Yvelines.

L’altra sorella di Paty, libraia: «Non comprate il libro»

Il libro di Mickaëlle Paty è stato accolto da tutti come un grande atto di coraggio per onorare la memoria del fratello. O meglio, quasi tutti. Perché l’altra sorella di Samuel, Gaëlle, proprietaria di della libreria La Chouette qui Lit a Marciac, nel dipartimento del Gers, ha deciso di non mettere in vendita il libro di Mickaëlle. In un post pubblicato sulla pagina Facebook della sua libreria, Gaëlle Paty ha invitato addirittura i lettori a «non acquistare questo libro» e i clienti abituali a non ordinarlo. «Vi saremmo grati se non ce lo chiedeste», si legge sul post pubblicato il 16 ottobre. E ancora: «La memoria di Samuel merita di essere onorata come si deve e non di essere utilizzata per fini politici contrari alle sue idee», ha scritto Gaëlle Paty. Una polemica familiare di cui non c’era decisamente bisogno.

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