L’inarrestabile ascesa dell’islamismo nelle scuole francesi
Parigi. Ieri, in Francia, era la giornata nazionale della laicità, il 116esimo anniversario della sacra legge del 1905 sulla separazione tra Stato e Chiese. E sono passati diciassette anni dall’approvazione del testo legislativo che vieta agli studenti e alle studentesse francesi di indossare a scuola simboli o abiti che manifestino in modo ostentato un’appartenenza religiosa.
Né corsi di nuoto né alberi di Natale
Ma nonostante il quinquennio del socialista François Hollande, con i corsi di morale laica e la carta della laicità da imparare a memoria, e le attuali battaglie per la laïcité condotte con vigore dal ministro dell’Istruzione Jean-Michel Blanquer, i liceali francesi di confessione musulmana continuano ad avere più di qualche problema con il principio cardine della République. È quanto emerso da un’inchiesta dell’istituto Ifop commissionata dall’associazione Licra (Lega internazionale contro il razzismo e l’antisemitismo) per il suo magazine Droit de vivre, secondo cui il 65 per cento dei liceali musulmani considera le leggi di Allah superiori a quelle della République, e ritiene che l’islam sia «l’unica vera religione».
Ci sono poi le richieste di natura alimentare, per avere un menu halal per esempio. Un liceale su due (per la precisione il 47 per cento) ha dichiarato di aver visto uno dei suoi compagni chiedere “un menù conforme” ai precetti della propria religione. Il 31 per cento dei licei, secondo il sondaggio dell’Ifop, ha avuto a che fare con studenti che, in nome delle loro convinzioni religiose, si sono rifiutati di partecipare a corsi di nuoto. Il 27 per cento degli istituti ha inoltre riscontrato «proteste per i pranzi di Natale, per gli alberi di Natale o per la galette des Rois (dolce francese che si mangia in occasione dell’Epifania, ndr) col pretesto che sono legati alla religione cristiana», si legge nell’inchiesta.
Chi condanna l’omicidio di Paty?
L’altro tema di primo piano affrontato dallo studio dell’Ifop, è l’assassinio di Samuel Paty, il professore di storia e geografia del collège du Bois d’Aulne decapitato al grido di Allah Akbar nell’ottobre 2020 per aver mostrato in classe le caricature di Charlie Hebdo su Maometto. Secondo i dati raccolti, il 13 per cento degli studenti musulmani non condanna in alcun modo l’assassinio di Samuel Paty. E la percentuale sale al 21 nei licei delle banlieue situate nelle cosiddette “zone di educazione prioritaria”. «La gioventù musulmana è permeabile all’ideologia islamista», ha dichiarato al settimanale Marianne Jean-Pierre Obin, professore ed ex ispettore generale del ministero dell’Istruzione che da anni si batte per allertare l’opinione pubblica sulle ripetute violazioni del principio di laicità da parte di molti studenti musulmani.
Nel 2004, Obin pubblicò un rapporto che già metteva in guardia l’istituzione scolastica dall’avanzata di un certo oscurantismo religioso, che entrava in conflitto con i valori francesi. Lo scorso anno, in un libro choc, «Comment on a laissé l’islamisme pénétrer l’école» (Hermann), ha raccontato dall’interno i danni provocati dall’incursione dell’islamismo tra i banchi di scuola con la complicità della sinistra progressista. «Ho scritto questo libro per rompere il silenzio che regna sull’ascesa dell’islamismo, sui danni che provoca ai giovani e alla nostra scuola pubblica», si legge nell’introduzione. Ma ancora oggi, il silenzio continua a essere assordante. E il rapporto pubblicato ieri non cambierà certo la situazione.
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