Piazza Tienanmen, 33 anni dopo. Una piccola speranza sfida la censura del massacro

Di Leone Grotti
04 Giugno 2022
Per la prima volta dal 1990, in nessun angolo della Cina verrà ricordato pubblicamente l'anniversario del 4 giugno. Quest'anno l'oblio imposto dal regime comunista è caduto anche su Hong Kong. Ma una piccola protesta tiene viva la memoria
Una piccola statua della Dea della democrazia a Hong Kong per ricordare il 33esimo anniversario della strage di Piazza Tienanmen

Dopo 33 anni, il regime comunista cinese ha completato la sua lunga marcia per imporre l’oblio della strage di Piazza Tienanmen (nella quale secondo i documenti interni cinesi morirono almeno 10 mila persone). Per la prima volta dal 1989, infatti, in nessuna città della Cina verrà commemorato pubblicamente l’anniversario del 4 giugno. In nessun angolo dei suoi dieci milioni di chilometri quadrati verranno ricordati o anche solo pianti i giovani studenti massacrati dall’Esercito popolare di liberazione a Pechino su ordine del Partito comunista. Nella Cina continentale l’argomento è tabù già dal 1990, Hong Kong invece conoscerà una censura totale e oppressiva per il primo anno, dopo 24 mesi di applicazione della draconiana legge sulla sicurezza nazionale.

Il regime cancella la memoria

Fino a due anni fa, gli abitanti di Hong Kong hanno assolto al dovere della memoria organizzando ogni 4 giugno al Victoria Park una monumentale veglia di commemorazione. Decine di migliaia di candele hanno illuminato la notte per 30 anni di fila, risvegliando le coscienze e impedendo al mondo e alla stessa Cina di dimenticare come il governo abbia massacrato il suo stesso popolo pur di non concedergli un briciolo di libertà e democrazia.

Nel 2020, la grande veglia è stata abolita a Hong Kong dal governo con la scusa della pandemia di Covid-19. Chi ha disobbedito al divieto di riunirsi, è stato condannato al carcere. Nuove condanne sono state comminate dai tribunali nel 2021, gli organizzatori della veglia (da Lee Cheuk-yan a Chow Hang-tung) sono stati incarcerati, l’Alleanza di Hong Kong (organizzatrice dell’evento) è stata sciolta e nonostante questo la Chiesa cattolica ha sfidato i diktat del regime organizzando numerose Messe per ricordare le vittime.

L’oblio cala anche su Hong Kong

Quest’anno invece non solo l’accesso al Victoria Park è stato chiuso, per timore che singoli cittadini si riunissero anche solo in piccoli gruppi per accendere una candela, anche le Messe sono state abolite per impedire conseguenze legali per i sacerdoti e i fedeli, soprattutto dopo l’avvertimento arrivato con l’arresto del cardinale novantenne Joseph Zen.

Ogni altro richiamo alla memoria è stato cancellato con cura meticolosa negli ultimi due anni. La “Colonna della vergogna”, eretta a memoria delle vittime nell’Università di Hong Kong, è stata sradicata dal suo piedistallo. Le riproduzioni della Dea della democrazia, la statua eretta nella piazza di Pechino dagli studenti nel 1989, sono sparite dall’Università cinese di Hong Kong e dall’Università cittadina di Hong Kong. L’ateneo Lingnan ha invece rimosso un bassorilievo commemorativo. Allo stesso modo, è stato chiuso per sempre il Museo del 4 giugno, che raccontava la storia del massacro e raccoglieva cimeli e testimonianze storiche. La sua versione digitale, inoltre, non è più accessibile da nessun angolo della Cina. Di più, almeno 29 libri su Piazza Tienanmen sono stati ritirati dagli scaffali. La coltre pesante dell’oblio è così calata su ogni angolo del paese.

Una minuscola speranza

Il regime di Xi Jinping spera in questo modo di cancellare dalla memoria dei cinesi il ricordo del 4 giugno 1989, ma nonostante la repressione c’è ancora chi non si rassegna. Gli studenti dell’Università cinese di Hong Kong – come testimonia l’account instagram @finding_mannenoi – hanno disseminato l’ateneo di piccole statue, alte appena 10 centimetri, della Dea della democrazia, lasciando a fianco di ciascuna questo messaggio: «Congratulazioni, hai trovato questa piccola Dea della democrazia! Portala a casa e non dimenticare che cosa rappresenta!».

Luna (nome di fantasia), studentessa e organizzatrice dell’originale caccia al tesoro, ha dichiarato ai media: «È una sorta di ribellione. L’Università ci ha derubati della nostra statua, così abbiamo deciso di farne una nostra versione e di rimetterla al suo posto. Per noi la Dea della democrazia ha un significato politico, ma soprattutto emotivo».

Fino a due anni fa, Hong Kong avrebbe ricordato il massacro di Tienanmen e onorato la memoria delle vittime con veglie, preghiere, articoli di giornale, statue, musei, libri, maratone, dibattiti, flash mob. Oggi niente di tutto ciò è più possibile, anche pubblicare un messaggio sui social media può portare all’arresto. Restano solo, nascoste chissà dove, piccole statue di 10 centimetri a rappresentanza dell’anelito di libertà di un intero popolo. Una speranza piccola, minuscola, eppure presente. Per Hong Kong e per la Cina.

@LeoneGrotti

Foto Hkfp

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