
Dopo 33 anni, il regime comunista cinese ha completato la sua lunga marcia per imporre l’oblio della strage di Piazza Tienanmen (nella quale secondo i documenti interni cinesi morirono almeno 10 mila persone). Per la prima volta dal 1989, infatti, in nessuna città della Cina verrà commemorato pubblicamente l’anniversario del 4 giugno. In nessun angolo dei suoi dieci milioni di chilometri quadrati verranno ricordati o anche solo pianti i giovani studenti massacrati dall’Esercito popolare di liberazione a Pechino su ordine del Partito comunista. Nella Cina continentale l’argomento è tabù già dal 1990, Hong Kong invece conoscerà una censura totale e oppressiva per il primo anno, dopo 24 mesi di applicazione della draconiana legge sulla sicurezza nazionale.
Il regime cancella la memoria
Fino a due anni fa, gli abitanti di Hong Kong hanno assolto al dovere della memoria organizzando ogni 4 giugno al Victoria Park una monumentale veglia di commemorazione. Decine di migliaia di candele hanno illuminato la notte per 30 anni di fila, risvegliando le coscienze e impedendo al mondo e alla stessa Cina di dimenticare come il governo abbia massacrato il suo stesso popolo pur di non concedergli un briciolo di libertà e democrazia.
Nel 2020, la grande veglia è stata abolita a Hong Kong dal governo con la scusa della pandemia di Covid-19. Chi ha disobbedito al divieto di riunirsi, è stato condannato al carcere. Nuove condanne sono state comminate dai tribunali nel 2021, gli organizzatori della veglia (da Lee Cheuk-yan a Chow Hang-tung) sono stati incarcerati, l’Alleanza di Hong Kong (organizzatrice dell’evento) è stata sciolta e nonostante questo la Chiesa cattolica ha sfidato i diktat del regime organizzando numerose Messe per ricordare le vittime.
L’oblio cala anche su Hong Kong
Quest’anno invece non solo l’accesso al Victoria Park è stato chiuso, per timore che singoli cittadini si riunissero anche solo in piccoli gruppi per accendere una candela, anche le Messe sono state abolite per impedire conseguenze legali per i sacerdoti e i fedeli, soprattutto dopo l’avvertimento arrivato con l’arresto del cardinale novantenne Joseph Zen.
Ogni altro richiamo alla memoria è stato cancellato con cura meticolosa negli ultimi due anni. La “Colonna della vergogna”, eretta a memoria delle vittime nell’Università di Hong Kong, è stata sradicata dal suo piedistallo. Le riproduzioni della Dea della democrazia, la statua eretta nella piazza di Pechino dagli studenti nel 1989, sono sparite dall’Università cinese di Hong Kong e dall’Università cittadina di Hong Kong. L’ateneo Lingnan ha invece rimosso un bassorilievo commemorativo. Allo stesso modo, è stato chiuso per sempre il Museo del 4 giugno, che raccontava la storia del massacro e raccoglieva cimeli e testimonianze storiche. La sua versione digitale, inoltre, non è più accessibile da nessun angolo della Cina. Di più, almeno 29 libri su Piazza Tienanmen sono stati ritirati dagli scaffali. La coltre pesante dell’oblio è così calata su ogni angolo del paese.
Una minuscola speranza
Il regime di Xi Jinping spera in questo modo di cancellare dalla memoria dei cinesi il ricordo del 4 giugno 1989, ma nonostante la repressione c’è ancora chi non si rassegna. Gli studenti dell’Università cinese di Hong Kong – come testimonia l’account instagram @finding_mannenoi – hanno disseminato l’ateneo di piccole statue, alte appena 10 centimetri, della Dea della democrazia, lasciando a fianco di ciascuna questo messaggio: «Congratulazioni, hai trovato questa piccola Dea della democrazia! Portala a casa e non dimenticare che cosa rappresenta!».
Luna (nome di fantasia), studentessa e organizzatrice dell’originale caccia al tesoro, ha dichiarato ai media: «È una sorta di ribellione. L’Università ci ha derubati della nostra statua, così abbiamo deciso di farne una nostra versione e di rimetterla al suo posto. Per noi la Dea della democrazia ha un significato politico, ma soprattutto emotivo».
Fino a due anni fa, Hong Kong avrebbe ricordato il massacro di Tienanmen e onorato la memoria delle vittime con veglie, preghiere, articoli di giornale, statue, musei, libri, maratone, dibattiti, flash mob. Oggi niente di tutto ciò è più possibile, anche pubblicare un messaggio sui social media può portare all’arresto. Restano solo, nascoste chissà dove, piccole statue di 10 centimetri a rappresentanza dell’anelito di libertà di un intero popolo. Una speranza piccola, minuscola, eppure presente. Per Hong Kong e per la Cina.
Foto Hkfp