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Arrestato (e rilasciato) a Hong Kong il cardinale Zen. «Non pensavamo arrivassero a tanto»

L'ex arcivescovo di Hong Kong, 90 anni, è accusato di «collusione con forze straniere» in base alla legge sulla sicurezza nazionale. Da chi lo conosce in città filtra sgomento: «Siamo stupiti e addolorati»

Leone Grotti
11/05/2022 - 17:07
Esteri
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Il cardinale Joseph Zen Ze-kiun, arcivescovo emerito di Hong Kong

Il cardinale Joseph Zen Ze-kiun è stato arrestato a Hong Kong insieme all’avvocato e paladina della difesa dei diritti umani, Margaret Ng, e alla cantante attivista Denise Ho. Tutti e tre erano soci del “612 Humanitarian Relief Fund”, che ha aiutato dal punto di vista legale, psicologico e medico migliaia di attivisti durante le manifestazioni del 2019, raccogliendo donazioni e distribuendo oltre 31 milioni di dollari in aiuti. I quattro sono stati rilasciati nella notte su cauzione.

L’arresto del cardinale Zen

Il fondo, in seguito all’approvazione della legge sulla sicurezza nazionale e a un’indagine della polizia per violazione della stessa, è stato sciolto lo scorso 31 ottobre. La notizia dell’arresto del cardinale Zen è arrivata un giorno dopo quella dell’arresto di un altro socio dell’associazione, Hui Po-keung, docente universitario fermato dalla polizia mentre stava per imbarcarsi su un volo diretto in Germania all’aeroporto internazionale di Hong Kong. L’ultimo membro del fondo, Cyd Ho Sau-lan, si trova già in carcere per precedenti accuse.

Secondo quanto riportato dal South China Morning Post, mercoledì sera i quattro membri sono stati sottoposti a interrogatorio e non hanno ancora ricevuto denunce formali. L’accusa è di aver «collaborato con forze straniere». Il Vaticano ha dichiarato in una nota: «La Santa Sede ha appreso con preoccupazione la notizia dell’arresto del cardinale Zen e segue con estrema attenzione l’evolversi della situazione». Secondo quanto riportato dalla Afp, il cardinale, insieme a Ng, Hui e Ho sono stati rilasciati su cauzione.

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«Siamo stupiti e addolorati»

«Siamo stupiti e addolorati, non pensavamo che il governo di Hong Kong arrivasse a tanto», dichiara a Tempi una fonte interna alla città legata al prelato, che preferisce mantenere l’anonimato. Parole che ricalcano quelle di Maya Wang, responsabile di Human Rights Watch per l’Asia: «L’arresto di un cardinale novantenne per le sue attività pacifiche è scioccante, è il punto più basso mai toccato a Hong Kong. Illustra bene il crollo del rispetto dei diritti umani negli ultimi due anni».

Tra gennaio e febbraio il cardinale era stato attaccato duramente con quattro articoli dal Ta Kung Pao, quotidiano legato al Partito comunista cinese. Il giornale lo accusava di «avere a lungo abusato del suo status ecclesiastico per intraprendere attività contro la Cina e per fomentare il caos a Hong Kong». Riproponeva anche l’accusa trita e ritrita, vecchia di almeno 15 anni, secondo cui il tycoon oggi in carcere Jimmy Lai gli avrebbe donato fino a 2,6 milioni di dollari tra il 2006 e il 2013, soldi che il cardinale Zen avrebbe poi utilizzato in modo illegale. Ma come il prelato dichiarava a Tempi già nel 2011, «erano soldi di cui avevo bisogno come vescovo. Ho potuto aiutare molto la Chiesa con quel denaro».

Le tante minacce ricevute

Quegli articoli costituivano un segnale. Il cardinale era finito sotto attacco anche l’anno scorso, in occasione della celebrazione della Messa per ricordare le vittime di Piazza Tienanmen. Fuori dalla chiesa dove celebrava furono appesi cartelloni con il suo volto e le scritte: «Il settarismo invade la fede» e «il falso profeta».

Il cardinale Zen è inviso al Partito comunista cinese e rinomato in città e nel mondo per la sua incessante difesa dei diritti umani, della libertà religiosa e di espressione, dei diritti politici di un intero popolo e per questo è stato rinominato negli anni «la nuova coscienza di Hong Kong».

Una vita spesa per la Cina e la Chiesa

Come scrivevamo in un ritratto quattro anni fa:

«Non si è tirato indietro quando c’erano da ricordare i martiri cattolici cinesi, quando c’erano da difendere le scuole cattoliche dalla longa manus del partito comunista, quando c’era da scendere in piazza con i giovani studenti per salvare la democrazia della regione amministrativa speciale cinese, quando serviva un insegnante per i seminari nella Cina continentale, quando c’era da sostenere le comunità sotterranee, così come quelle ufficiali, dall’arroganza e dalle ingerenze del regime. Non ha mai fatto un passo indietro, rischiando l’incolumità personale, il potere acquisito (è lui che ha chiesto nel 2005, con due anni di anticipo, di non avere il mandato di vescovo rinnovato nel 2007 al compimento dei 75 anni di età per andare a insegnare in «Cina o in Africa») e la reputazione, cose che al nativo di Shanghai non sono mai importate più di tanto».

Già tre anni fa, ragionando sulla condizione delle libertà civili e politiche a Hong Kong, il cardinale Zen dichiarava a Tempi che «la situazione è gravissima. Andiamo verso la tragedia e solo un miracolo ormai può salvarci». Ancora non era stata imposta alla città da Pechino la legge sulla sicurezza nazionale che, come previsto, mette a rischio anche i cattolici e non guarda in faccia nessuno.

Il calvario di Hong Kong

Da quando è entrata in vigore, l’1 luglio 2020, a causa della legge sono già stati arrestati 175 tra attivisti, politici e giornalisti. Lo scorso fine settimana è stato eletto con oltre il 99 per cento delle preferenze (alla faccia della democrazia) a nuovo governatore dell’isola John Lee, che entrerà in carica solo a luglio. L’ex agente di polizia è stato ministro per la Sicurezza dell’esecutivo dell’attuale governatrice Carrie Lam e fino al giorno prima della sua candidatura anche il membro più importante del governo. Soprattutto, è il politico che nel 2019 ha cercato di far approvare al Consiglio legislativo la legge sull’estradizione, quella che avrebbe sottomesso Hong Kong al sistema giudiziario di Pechino e che scatenò le proteste oceaniche a favore della democrazia.

Nessuno ha dubbi su che cosa diventerà Hong Kong sotto il fedelissimo del regime comunista cinese. Lui stesso si è presentato alla città con un programma di un solo punto: «Far rispettare la legge sulla sicurezza nazionale». Che cosa questo significhi lo si è capito oggi, quando un cardinale di 90 anni è stato arrestato per aver aiutato dal punto di vista finanziario e legale tutti coloro che si sono battuti per chiedere al regime libertà e democrazia.

L’articolo è stato aggiornato alle 17:43 e alle 18 con gli ultimi sviluppi.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

Tags: Cinahong kongJoseph Zen Ze-kiunlegge sulla sicurezza nazionalepartito comunista cinese
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