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Perché Mario Draghi ha in mente il Quirinale

Crisi energetica, incertezza pandemica e caos organizzativo, media e virologi ingovernabili, campagna elettorale in rampa di lancio. Al premier conviene andare al Colle di corsa

Lorenzo Castellani
22/12/2021 - 6:30
Politica
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Un particolare del Palazzo del Quirinale (foto Ansa)

I grandi generali del passato, quelli che vincevano le guerre, avevano tutti la non comune capacità di capire quando era necessario aprire un nuovo fronte. Poteva poi andare bene oppure male, ma la strategia conservava sempre la sua validità. Oggi i banchieri centrali, che gestiscono eserciti moderni che stampano moneta e regolano il commercio, si trovano spesso in situazioni simili a quelle degli alti ufficiali militari.

Scenario globale a tinte fosche

Nel 2014, forzando la mano con l’introduzione del Quantitative Easing, Mario Draghi ha aperto un altro fronte della battaglia alla crisi economica dei debiti sovrani. Ha fatto ciò che si doveva e poteva al momento giusto. Anche nella politica accade spesso la stessa cosa, eppure sono in pochi a capire quando il vento è cambiato. In queste ultime settimane, nel suo nuovo ruolo Mario Draghi dimostra di aver ben compreso come stanno le cose nella politica italiana e dove è necessario puntare il timone.

Lo scenario globale inizia a mostrare tinte fosche. La crisi energetica, sottovalutata e mal compresa da tutti i media, è più grave di quanto si potesse prevedere. Le politiche green, le manovre espansive dei governi, gli errori europei nella politica commerciale del gas verso la Russia (accordi con Gazprom e il rallentamento di North Stream 2) hanno portato i prezzi delle materie prime alle stelle. Corrono i prezzi dell’energia, si strozzano le catene del valore, i metalli volano: l’impatto sulle industrie e sulle casse dello Stato è imponente. Il rischio è che la ripresa economica e le politiche del Next Generation Eu siano frenate dall’inflazione.

Tempi a Caorle per il Premio Luigi Amicone 2023 - Chiamare le cose con il loro nome Tempi a Caorle per il Premio Luigi Amicone 2023 - Chiamare le cose con il loro nome Tempi a Caorle per il Premio Luigi Amicone 2023 - Chiamare le cose con il loro nome
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Partiti pronti alla campagna elettorale

Sul fronte pandemico la situazione non è migliore. Dopo tre turni di vaccinazione si continua a parlare di restrizioni, Dad, quarantene, mascherine e tamponi. I media non aiutano: sensazionalismo, allarmismo, emergenza permanente sono il sistema che mantiene alti gli ascolti e l’attenzione. In Italia, inoltre, è passata sul piano comunicativo la linea di Speranza e dei suoi consulenti-virologi fondata sul “contagio zero” e sul rischio zero. Una realtà impossibile da raggiungere, che non potrà che spingere verso nuovi lockdown e misure restrittive se seguita fino in fondo. L’incertezza scientifica e procedurale regna sovrana, portando l’Italia ad attriti non necessari con gli altri paesi europei.

La lotta politica ai no vax sta per perdere la propria forza giustificativa, il capro espiatorio in questa situazione caotica ha una vita breve. Nemmeno il sangue freddo di Draghi può fermare queste tendenze e questi processi isterici. Sul piano politico, nel 2022 non potrà che andare peggio. Il governo ha blindato la legge di bilancio, ma dall’anno nuovo ci sarà un vero assalto alla diligenza. Governi Draghi o qualcun altro, i partiti da dopo l’elezione del presidente della Repubblica inizieranno la propria campagna elettorale per le politiche del 2023. Difficile disegnare riforme complessive o anche solo far avanzare qualche nuova idea nel corso del prossimo anno.

Draghi ha in mente il Quirinale

C’è chi ingenuamente sostiene: senza Draghi crolla tutto, le riforme si bloccano, i partiti sperperano. Non esiste che un sistema così complesso possa dipendere da un uomo soltanto. Il presidente del Consiglio ha impostato il lavoro, ora tocca ai ministeri, agli enti locali e alla pubblica amministrazione realizzare nella pratica le riforme e utilizzare le risorse. Draghi può fare poco sul piano pratico. Soltanto un paese senza bussola e senza istituzioni può credere che un individuo singolo possa fare tutto.

Il premier, che è invece uomo di sistema, sa bene che questo non può avvenire, che un uomo solo non può imbrigliare gli istinti naturali della politica. Per questo ha in mente il Quirinale, non solo per il prestigio e la durata, ma perché è un posto di sistema prima che di comando. Relazioni internazionali, capacità decisionale sulla composizione dei governi, autorevolezza, influenza mediatica sono le tessere del puzzle del capo dello Stato. Valgono molto di più di un anno scarso di governo in mezzo alla tempesta e alla partigianeria. E questo l’ex banchiere centrale Draghi lo sa molto bene.

Tags: campagna elettoraleCovid-19crisi energeticamario draghinext generation euquirinale
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