Con un mercato fuori controllo cresce il prezzo del gas. «Non facciamo guerra alla Russia»
Corre senza incontrare ostacoli sul suo percorso, il prezzo dell’energia: complice la riduzione delle forniture dalla Russia cresce a doppia cifra il prezzo del gas, toccando ad Amsterdam e Londra i massimi storici. «Si continua a ignorare la gravità del fenomeno – spiega a Tempi Gianclaudio Torlizzi, esperto di commodity ed energia – il mercato dell’energia in Europa è fuori controllo. Abbiamo già segnali di tagli produttivi da settori energivori che stanno producendo di notte o riducendo la produzione per ridurre i costi della bolletta».
Scontro Russia-Nato
A influenzare i prezzi ci sono certo le tensioni internazionali che vedono la Russia e la Nato ai ferri corti sul dossier Ucraina, ma anche le politiche energetiche europee. «Non puoi creare una crisi energetica senza minima contezza degli effetti collaterali – continua Torlizzi – noi dipendiamo dalla Russia per il 40 per cento del fabbisogno e fare la guerra al tuo principale fornitore non ha molto senso». Non ha senso soprattutto perché, se pure si avesse l’intenzione di arrivare ad una prova di forza, questa andava preparata prima accumulando scorte di gas e non facendosi trovare impreparati e, quindi, in condizione di debolezza.
Riserve al minimo
La situazione invece rischia di diventare critica con le riserve che toccheranno i minimi al termine dell’inverno, sempre non si verifichino sorprese proprio nei mesi più freddi quando i consumi sono ai massimi.
«Bisogna entrare nell’ottica che ci troviamo in una fase strutturale del mercato energetico, non temporanea» è il suggerimento dell’esperto, e di fronte ad un fenomeno destinato a durare ancora per mesi la soluzione non può essere che ad ampio raggio. Dalla messa in funzione del gasdotto Nord Stream 2 fino alla revisione delle politiche di riduzione delle emissioni passando per il ritorno a contratti di lungo periodo per le forniture di gas.
I prezzi non diminuiranno
«Non si può basare una politica sulla speranza che prima o dopo i prezzi scendano – conclude Torlizzi – oggi come oggi non ci sono motivi per cui i prezzi diminuiscano e nei prossimi giorni possono toccare i 300 euro al megawattora».
Questo vale soprattutto per l’Europa che, a differenza di Usa e Cina – quest’ultima ha spinto fortemente sul carbone –, non ha ancora messo in discussione le proprie politiche energetiche per far fronte alla crisi in atto.
Transizione verso dove?
La riduzione delle emissioni si scontra, infatti, con la necessità di contenere entro limiti di ragionevolezza i prezzi al consumo, condizione indispensabile per salvare tanto il mondo produttivo quanto per tenere al caldo le famiglie durante l’inverno.
La soluzione nell’immediato diventa inevitabilmente riconsiderare le decisioni prese nei mesi passati. È il caso della riaccensione della centrale a carbone alla Spezia: inevitabile sul piano economico, sempre che non si volesse sfruttare la leva della speculazione finanziaria e delle regolamentazioni stringenti per favorire una transizione accelerata verso un’alternativa green tutta ancora da trovare e costruire.
Foto Ansa
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