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Home Esteri

Lo scandaloso processo di Asia Bibi. Ecco i sette motivi per cui è stata assolta

Testimoni inattendibili, dichiarazioni contraddittorie, presunte confessioni estorte senza prove e versioni dei fatti cambiate più volte. Ecco perché i giudici della Corte Suprema hanno ritenuto le prove dell'accusa «senza alcun valore»

Leone Grotti
31/01/2019 - 3:00
Esteri
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Testimoni inattendibili, dichiarazioni contraddittorie, presunte confessioni estorte senza prove e versioni dei fatti cambiate più volte. La politica o la religione non c’entrano niente con l’assoluzione di Asia Bibi, la donna cattolica accusata di blasfemia per avere bevuto nel 2009 un bicchiere d’acqua infettando così la fonte dei musulmani. La madre di cinque figli da martedì è definitivamente libera, dopo che il ricorso islamista contro la sua assoluzione è stato respinto. Elenchiamo di seguito i sette motivi principali, sentenza alla mano, per cui i giudici della Corte Suprema hanno assolto Asia Bibi. A leggerli, viene da chiedersi come sia possibile che sia stata condannata a morte in primo e secondo grado e costretta a passare 3.420 giorni in prigione.

SOLO DUE SU TRENTA

Secondo l’accusa, Asia Bibi avrebbe pronunciato frasi blasfeme nei confronti del profeta Maometto «davanti a 25-30 donne». Eppure «solo due di loro, le sorelle Mafia Bibi e Asma Bibi, hanno testimoniato contro l’imputata. Tutte le altre non sono comparse davanti alla Corte in tribunale per appoggiare il caso».

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IL RITARDO E L’AVVOCATO FANTASMA

La notizia di reato contro Asia Bibi è stata formalmente registrata solo cinque giorni dopo lo svolgersi dei fatti. «In assenza di ogni plausibile spiegazione, bisogna notare che questa Corte ha sempre considerato il ritardo sospetto, estendendo il beneficio del dubbio all’accusata. Inoltre, l’accusatore ha affermato che la notizia di reato è stata formulata per iscritto da un avvocato, ma non è stato in grado di indicare il suo nome. Anche questo aspetto solleva molti dubbi sulla veridicità dell’accusa».

TUTTI I TESTIMONI SI CONTRADDICONO

Ci sono poi le testimonianze contraddittorie dei testimoni. Durante il contro-interrogatorio della difesa, in tribunale, Mafia Bibi ha rilasciato diverse dichiarazioni mai fatte durante la sua testimonianza iniziale. Ha detto: che Asia Bibi avrebbe ammesso la sua blasfemia davanti a «oltre mille persone» (mai citate prima); che la confessione sarebbe avvenuta in casa sua e che erano presenti «molti Ulema» (circostanze mai rivelate prima).

Asma Bibi, invece, contraddicendo la sorella ha dichiarato che la presunta confessione sarebbe stata fatta a casa di un vicino, Rana Razzaq. Ha inoltre affermato che alla riunione c’erano «oltre duemila persone».

Muhammad Afzal, un altro testimone, ha invece dichiarato che la riunione è avvenuta a casa di Mukhtar Ahmad, tesi che contraddice sia Asma che Mafia Bibi.

Qari Muhammad Salaam, il mullah che ha formalmente registrato l’accusa contro Asia Bibi e che non era presente quando Asia Bibi avrebbe commesso blasfemia, ha dichiarato che la notizia gli fu riportata da Mafia, Asma e un terzo testimone mentre si trovava in casa sua. Più tardi ha detto che si trovava con Muhammad Afzal e Muhammad Mukhtar. In questo modo ha contraddetto quest’ultimo, che ha dichiarato che era in casa sua quando gli altri quattro l’hanno informato dei fatti. Salaam ha anche affermato che la confessione di Asia Bibi è stata pronunciata a casa di Mukhtar Ahmad, contraddicendo le dichiarazioni delle due donne. Questo insieme di contraddizioni, scrive la Corte, «solleva dei dubbi sulla consistenza delle prove».

LE DATE NON COMBACIANO

Alcuni testimoni hanno affermato che la notizia del reato è stata riportata a Salaam il giorno stesso dei fatti, il 14 giugno 2009. Questo contraddice la versione dello stesso Salaam, che sostiene di essere stato informato due giorni dopo i fatti.

CHI HA ISCRITTO LA NOTIZIA DI REATO?

La notizia di reato è stata iscritta, secondo quanto scritto nel documento stesso, dal poliziotto Mehdi Hassan alle 5.45 presso la località Chandar Cot. Salaam invece ha dichiarato di averla consegnata al responsabile della stazione di polizia. Il poliziotto Muhammad Rizwan ha contrariamente affermato di averla registrata lui stesso.

Il poliziotto Muhammad Arshad, inoltre, ha affermato inizialmente di avere arrestato Asia Bibi e di averla portata subito al commissariato. Durante l’interrogatorio della difesa ha aggiunto di averla arrestata verso le 4-5 del pomeriggio, prelevandola da casa, nel villaggio di Ittanwali. In un’altra occasione, però, ha affermato di essere arrivato nel villaggio alle 7 di sera e di esservi rimasto per un’ora.

IL LITIGIO

Sia Asma che Mafia Bibi hanno dichiarato di non aver mai litigato con Asia Bibi al pozzo dell’acqua. Invece sia un poliziotto indipendente che ha condotto un’indagine sia il proprietario dei campi dove le donne stavano lavorando hanno dichiarato che «c’è stato un litigio tra di loro». Poiché l’accusa non ha riconosciuto il poliziotto come «testimone ostile», la Corte Suprema ha ritenuto che «le sorelle Mafia e Asma non possano essere ritenute attendibili e di conseguenza una condanna a morte non può essere decretata sulla base delle loro testimonianze».

LA PRESUNTA CONFESSIONE «NON HA VALORE»

La Corte ha pertanto definito la presunta confessione di Asia Bibi del reato «una prova dal valore nullo». Se anche la confessione fosse realmente avvenuta, «l’imputata si trovava in un ambiente ostile e intimidatorio, dunque non può in ogni caso essere ritenuta volontaria e non può costituire la base della condanna, soprattutto se si tratta di una condanna a morte».

@LeoneGrotti

Foto Ansa

Tags: asia bibiblasfemiacorte supremaCristiani PerseguitatiPakistanprocessoprocesso asia bibi
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