Il regime impone le celebrazioni solo nei pressi delle chiese. I sacerdoti fuggiti all'estero denunciano le persecuzioni subite per mano del presidente Ortega
Inizia la Settimana Santa, ma per la Chiesa in Nicaragua non è un periodo facile. Sono quasi 5 mila le processioni che la dittatura sandinista ha vietato in questo 2024. A denunciarlo è l’avvocato e ricercatrice Martha Patricia Molina autrice del rapporto Nicaragua: Una Chiesa perseguitata (Tempi l’ha già intervistata) e oggi torna a sentirla per capire la situazione. Dice Molina: «Questa cifra comprende le processioni che si svolgerebbero nei quattro venerdì di Quaresima, quelle di avvicinamento alla Domenica delle Palme e quelle che si svolgerebbero durante la Settimana Santa».
«Poche parrocchie effettueranno processioni attorno alle chiese e la stragrande maggioranza delle parrocchie le rimarranno all’interno delle mura, comprese le cattedrali delle diocesi ed arcidiocesi», ha scritto Molina nel suo ultimo rapporto, precisando che non si terrà nemmeno la Via Crucis penitenziale con partecipazione di massa promossa dall’arcidiocesi di Managua, che l’anno scorso vide la partecipazione di centinaia di fedeli cattolici, seppur costretti a rimanere nel perimetro esterno della cattedrale. Preoccupante anche che «i sindaci (tutti sandinisti) organizzino attività religiose per la Settimana Santa senza l’autorizzazione né la partecipazione della Chiesa cattolica».
Molina denuncia inoltre come alcune processioni, inizialmente autorizzate, siano state sospese questa settimana. «All’ultimo momento, un agente della Polizia nazionale si presenta e dà il contrordine alla processione. “Non partite”, pena la minaccia di essere imprigionati».
Non c’è libertà religiosa
A denunciare la feroce repressione è anche la chiesa evangelica, come spiega in un’intervista al quotidiano La Prensa il presidente dell’associazione cristiana Puerta de la Montaña, John Britton Hancock, i cui 13 pastori sono stati di recente condannati dalla dittatura per presunto riciclaggio. La Puerta de la Montaña aveva riunito nella cosiddetta “Plaza la Fe” oltre 200 mila persone lo scorso novembre per una giornata di preghiera in cui aveva denunciato gli abusi sandinisti, da cui la “vendetta” del regime. «Gli abusi sono evidenti. In Nicaragua non c’è libertà religiosa, né giustizia», spiega Britton Hancock.
Per dare forza ai cristiani perseguitati del paese centroamericano, i sacerdoti esiliati in Costa Rica e privati della cittadinanza dalla dittatura sandinista, Harving Padilla e Uriel Vallejos (che Tempi aveva intervistato due anni fa) hanno rotto la «legge del silenzio» che regna oramai a Managua indicendo una conferenza stampa (qui il video integrale) nella quale hanno riunito i parrocchiani, insieme ai sacerdoti del Costa Rica, precisando che «Gesù Cristo è con noi, non lascerà soli religiosi e parrocchiani, così come non ha lasciato solo noi».
Entrambi i religiosi appoggiano l’organizzazione di una Via Crucis per pregare per il Nicaragua dal Costa Rica sottolineando che «la Chiesa ha sempre continuato la sua attività religiosa pur non avendo quella libertà che aveva prima di uscire per le strade». «La Chiesa non resterà in silenzio nel dolore, nella sofferenza ma sarà sempre con la sua gente», ha assicurato padre Vallejos.
Opera profetica e pastorale
Don Harving Padilla ha parlato per la prima volta da quando, due anni e cinque mesi fa, si rifugiò in Costa Rica, dopo aver trascorso quasi un anno e mezzo confinato nel Seminario Maggiore Arcidiocesano La Purísima, a Managua, per sfuggire alle minacce della dittatura. Nel maggio 2022 era stato infatti assediato dalla polizia sandinista nella sua ex parrocchia di San Juan Bautista de Masaya, dove aveva rischiato di essere imprigionato (denunciammo l’assedio della polizia sandinista che lo costrinse a barricarsi in chiesa).
«Ho lasciato Masaya per evitare ai miei parrocchiani la pressione che c’era nei miei confronti, un assedio continuo, chiudevano le strade per non permettere loro di andare a messa. La mia decisione è stata per una migliore vita pastorale dei miei parrocchiani e adesso tocca a loro donare quella speranza nel Signore, uniti nella preghiera affinché tutto questo cambi», ha risposto padre Padilla a una domanda de El Confidencial durante la conferenza stampa. Per poi sottolineare come «oggi la Chiesa per continuare la sua opera profetica e pastorale» abbia «molte difficoltà perché in tante comunità non ci sono più preti per celebrare l’Eucaristia. Adesso è la Settimana Santa, molte comunità non potranno avere la veglia pasquale e toccherà ai fratelli laici, con tutta la formazione che la Chiesa ha dato loro, portare avanti il lavoro pastorale e missionario».
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