Pagellone delle pagelle delle Olimpiadi

Di Caterina Giojelli
13 Agosto 2024
I colleghi addetti all'escherichia coli, l'ossessione Vannacci, le capriole di Repubblica, l'affaire proposte di matrimonio, le elegie di Cazzullo, il Cio su Imane Khelif e il Golden Voyager. I nostri numeri sui Giochi di Parigi
Un rasserenante “Golden Voyager
Un rasserenante “Golden Voyager" alla cerimonia di chiusura delle Olimpiadi di Parigi (Ansa)

In attesa di una serie Netflix sulla tonsillite di Sinner che non ha presenziato a Parigi, il Corriere ha pubblicato ieri le pagelle delle Olimpiadi («4 all’antibiotico che non l’ha rimesso in piedi in due giorni»). Tra gli altri voti segnaliamo: 7 a quella cagata pazzesca della cerimonia d’apertura («che ha scandalizzato anche la Santa Sede»), 10 al bacio di Alice Bellandi alla compagna («è stato un atto politico»), 5 alla proposta di matrimonio alla ginnasta Alessia Maurelli fatta dal suo fidanzato («ci siamo chiesti se fare una proposta di matrimonio nel giorno del bronzo fosse il momento più opportuno»).

E ancora: 10 a Imane Khelif (il cui peccato mortale è «non incarnare un modello di donna convenzionale»), 9 al pisolino di Ceccon sulla panca («quel clamoroso ronf a cielo aperto sottintendeva aspre critiche agli alloggi degli atleti»), 10 e lode all’organizzazione francese («con il potenziamento della rete dei trasporti pubblici, impeccabili a qualsiasi ora»: bello perché lo stesso inviato del Corriere Aldo Cazzullo l’aveva definita «un mezzo disastro», i trasporti «inesistenti»), 10 e lode a Djokovic («ci siamo emozionati per il pianto a dirotto di Novak», e meno male che ha avuto l’upgrade dal pagellone di Wimbledon dov’era definito «immarcescibile, e sempre signore nella sconfitta»). Senna senza voto. 4 ovviamente ad Angela Carini («la cui olimpiade è durata 40 secondi e due settimane di feroci polemiche»).

Il pisolino di Thomas Ceccon nel parco del Villaggio olimpico (Ansa)
Il pisolino di Thomas Ceccon nel parco del Villaggio olimpico (Ansa)

L’afghana, i reporter dalla valle di lacrime, le supercazzole sull’amore alle Olimpiadi

Potevamo a questo punto non dare i numeri anche noi? Eccoli, a bocce ferme e polemiche sgonfiate, l’immarcescibile pagellone di atleti e professorini olimpici di Parigi 2024.

Voto 10 a Manizha Talash del team rifugiati. Mostrare la scritta “Liberate le donne afghane” le è costata la squalifica per violazione dell’articolo 50 del regolamento olimpico che vieta di usare slogan o fare dichiarazioni di natura politica sui campi di gara dei Giochi. Un vero «atto politico» contro l’orrore del patriarcato (quello vero), ad opera di una 21enne scappata dai talebani.

Voto 9 agli infaticabili colleghi addetti agli storytelling e arruolati nella divisione “valle di lacrime”: le lacrime di Gimbo Tamberi («la cosa più bella che potevamo vedere», «il nostro eroe», «il pianto di Gimbo commuove il mondo»), le lacrime di Myriam Sylla, le lacrime di Sofia Raffaeli, le lacrime di Nadia Battocletti, le lacrime di Chiara Pellacani, le lacrime di Nino Pizzolato, le lacrime di Ginevra Taddeucci. Soprattutto ai colleghi di riflesso costretti a scrivere articoli di spalla (“Coliche renali, cosa sono, come evitarle”, “Essere magri aiuta nello sport o è un fattore di rischio?”), in particolare a quelli che si sono specializzati in “Cos’è l’escherichia coli: i sintomi, come si trasmette, come si cura” e nel cercare foto di corredo: eroi.

Voto 8 a Federico Palmaroli in arte Osho, oro in vignette sulla Senna

Voto 7 alle capriole di Repubblica. Che se Salvini chiama la Senna «fogna», su una pagina denuncia il «tiro a segno sovranista su Olimpiadi e Macron» e difende il fiume dalla «campagna di semplificazioni» che si è scatenata in Italia; mentre sull’altra titola “Infezioni, ritiri e paure. La Senna inquinata rovina i giochi alla Francia”. E a quelle di Berizzi, sempre sul pezzo: «No, la pugile trans alle Olimpiadi no. Loro le medaglie le danno solo ai maschi che pestano la gente in strada. La destra peggiore di sempre». Poi dice che quella dell’atleta trans sono fake news della Russia.

Voto 6 alle supercazzole sui Giochi de l’amour à la Corriere: «È stata l’Olimpiade dell’amore, degli abbracci, dei baci. Voto altissimo per tutto questo amore senza categorizzazione e pregiudizi – scrive Vanity Fair nel suo pagellone -. Se dobbiamo proprio fare un appunto: abbiamo qualche dubbio che le Olimpiadi siano il posto giusto per una proposta di matrimonio. Non è questione privata?». Maledetti fidanzati guastafeste della fasciosfera che spostate i riflettori dai baci gay alle unioni convenzionali!

Le Olimpiadi della lirica di Cazzullo, Berizzi troll russo e l’ossessione Vannacci

Voto 5 alle elegie estatiche di Aldo Cazzullo. In particolare l’elegia del quarto posto dietro il quale

«non c’è solo la poesia dell’occasione perduta, la malinconia della rosa non colta; c’è la forza di una squadra, di una scuola, di un movimento».

E l’elegia di Thomas Ceccon:

«Un gigante spavaldo. Un Cyrano che ha tagliato il baffo solo per ragioni aerodinamiche. In mondovisione è rimasto per un minuto a cavallo del cordolo che delimita le corsie: otto secondi in più del tempo che ha impiegato a vincere l’oro. Poi ha baciato l’acqua, come una fidanzata».

Ma soprattutto l’elegia di Imane Khelif che inizia con:

«Doveva esserci un’atmosfera del genere nella Parigi della Restaurazione: era il 1815 quando una donna di colore veniva esibita negli “zoo umani”, che riscuotevano all’epoca grande successo. Si chiamava Saartjie Baartman, piccola Sara in afrikaner. Era nata in Sudafrica, parlava olandese, e aveva caratteristiche diffuse nella sua etnia, i khoikhoi: le natiche molto carnose e le piccole labbra della vagina prominenti. La chiamarono la Venere ottentotta, pagavano per vederla, ridevano di lei e nel contempo ne avevano paura. Le distrussero la vita».

E finisce con:

«Il 7 gennaio 1601, a Rouen, la città dove era stata arsa viva Giovanna d’Arco, si doveva bruciare una donna, Marie, che aveva una relazione con un’altra donna. Arrivò un medico coraggioso, Jacques Duval, visitò la condannata e dimostrò che era un ermafrodito, che si sentiva uomo e infatti si faceva chiamare Marin. I giudici capirono e lo mandarono libero. L’ermafrodito di Rouen è il primo caso attestato di una persona che decide da sé il proprio sesso».

Per concludere che il caso di Imane non c’entra nulla, «è ancora diverso»: «Non è una persona ermafrodita; è una donna, è una pugile, è una finalista olimpica. È un’atleta che ha incarnato lo spirito dei Giochi, di competizione e di libertà». Ah, ecco.

Voto 4 alle immancabili esternazioni di Vannacci e all’onnipresente ossessione antiVannacci. Perché per un Vannacci trasformato dallo zoo catodico in un Ipse dixit ci sarà sempre un moralmente superiore Luca Bottura a ridurre la vittoria del volley e di Paola Egonu ad un “Vannacci suca #vannaccisuca” (argento a Paolo Brusorio sulla Stampa con “A Parigi la Waterloo dei vannacisti”)

La Senna, il Cio e quella ciofeca del Golden Voyager

Voto 3 al sindaco di Parigi Anne Hidalgo che già nel 2023 tramava per il successo dei pisolini di Ceccon, spiegando perché nel villaggio olimpico sarebbe mancata l’aria condizionata: «Ho molto rispetto per il comfort degli atleti ma penso molto di più alla sopravvivenza dell’umanità». E degli ultratopi: «Basta diffondere fake news – ha sbottato la settimana scorsa – bisogna dire la verità, la Senna è balneabile e ne siamo felici, non c’è nessun atleta che si sia ammalato»

Voto 2 ai telecronisti che hanno ripetutamente chiamato Lin Yu Ting di Taiwan “cinese”, meno male che non sono Bruno Vespa o Bob Ballard.

Voto 1 al presidente del Comitato Olimpico Thomas Bach secondo il quale non esiste un sistema «scientificamente solido» per distinguere uomini e donne. Pari merito con quella ciofeca extraterrestre del Golden Voyager che ballava insieme a quelli che sembravano gli spermatozoi di Woody Allen in Tutto quello che avreste voluto sapere eccetera (ma dopo un tuffo nella Senna) alla cerimonia di chiusura dei Giochi.

 

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