C’è ben poco di “naturale” nella storia dell’orsa JJ4
La querelle sul programmato abbattimento dell’orsa JJ4, responsabile della morte di un giovane della cittadina di Caldes, viene presentata come uno scontro fra il partito dell’uomo e il partito della natura, ma di naturale nella presenza di un centinaio di adulti e di una trentina di cuccioli d’orso nel Trentino occidentale c’è molto poco, così come poco pare esserci nell’indignazione degli oppositori all’abbattimento dell’orsa assassina.
Il programma Life Ursus e i rischi del ripopolamento
Gli orsi di cui stanno parlando tutti i giornali sono stati inseriti nell’ambiente con un programma di ripopolamento iniziato nel 1999 che si chiama Life Ursus. Non ci sono arrivati per espansione spontanea dell’areale della popolazione plantigrada, come per esempio sta succedendo in Friuli, che da qualche anno conosce un’immigrazione di orsi sloveni sul suo territorio. Anche gli orsi trentini sono in realtà sloveni, ma non si sono trasferiti in Italia di loro volontà: ce li ha portati la Provincia autonoma di Trento con un piano finanziato dall’Unione Europea.
Quando si trasferisce fauna allogena, cioè originaria di un luogo diverso da quello in cui la si colloca, per quanto i piani siano ben congegnati (e non sempre lo sono), è facile che qualcosa vada storto, è facile che l’ambientamento crei problemi, vuoi agli equilibri ecologici generali, vuoi agli esseri umani chiamati a convivere con la nuova fauna. In questo caso, i problemi che si sono presentati pare siano due: gli esseri umani non sono più abituati alla convivenza con gli orsi, e gli orsi oriundi sloveni sono meno mansueti e timidi non solo degli orsi marsicani dell’Abruzzo, ma anche degli orsi bruni delle Dolomiti che li hanno preceduti e che si sono virtualmente estinti alla fine degli anni Novanta.
Le condizioni ideali per la convivenza tra uomini e orsi
Gli orsi sloveni, abituati a un territorio poco antropizzato, si sono ritrovati in un ambiente sì propizio alla loro proliferazione (secondo alcuni eccessiva, secondi altri nella norma), ma abitato da esseri umani, numerosi soprattutto in certe stagioni dell’anno, che hanno abitudini per nulla propizie alla convivenza con gli ursidi, come correre nei boschi, andare a spasso con cani, praticare il turismo alpestre: tutti comportamenti che facilmente sono interpretati come “provocazioni” da parte di un carnivoro predatore.
Comportamenti rari nelle popolazioni alpine del passato, più abituate alla presenza dell’orso ma anche estremamente risolute nel promuovere la causa della propria proliferazione a scapito di quella delle bestie selvatiche: agricoltori e allevatori alpini del passato hanno sterminato gli orsi per difendere le loro povere coltivazioni e i loro pochi capi di bestiame, che garantivano la loro sopravvivenza. È stata una lotta per la sopravvivenza fra due specie a rischio di estinzione, in un certo senso.
Oggi ci sarebbero le condizioni ideali per una convivenza fra uomini e orsi: l’economia e gli enti pubblici sono sufficientemente sviluppati da garantire il rimborso dei danni provocati al patrimonio agrozootecnico dai plantigradi, i mezzi di informazione per istruire la popolazione sui comportamenti corretti e sulla gestione di situazioni critiche sono potentissimi. Ma uomini e orsi non sono più quelli di una volta… La morale è la solita: quando il dentifricio è uscito dal tubetto, non si può più rimettere dentro. Volevate avere orsi nella vostra regione? Dovevate pensarci prima di sterminarli; indietro nel tempo non si torna: un ripopolamento non riporta le cose allo stato precedente, ma crea una nuova situazione, con nuovi problemi e con conseguenze indesiderate impreviste. Perché è un atto artificiale, è un intervento dell’uomo sulla natura e non una spontanea evoluzione della natura.
La reazione molto antropocentrica degli animalisti
Molto poco naturale e molto antropocentrica è anche la reazione degli animalisti e di quanti in genere si stracciano le vesti di fronte all’ipotesi dell’abbattimento di uno o più orsi. Eliminando una bestia feroce che ha causato una vittima l’essere umano si comporta in maniera assolutamente naturale: protegge la propria incolumità come specie e come singolo individuo. Invece gli animalisti portano sull’orso il tipico sguardo antropomorfizzante che trasforma l’animale in un essere umano, in quanto tale soggetto di diritti, il principale dei quali è l’inalienabile diritto alla vita. L’antropomorfizzazione dell’orso è palese nel testo del decreto con cui il Tar di Trento ha sospeso l’ordinanza per l’abbattimento di JJ4: i giudici utilizzano il termine “reclusione” come soluzione alternativa all’eliminazione dell’animale, proprio come si farebbe per un essere umano che evita la pena di morte per il suo delitto ma finisce per il resto della vita dietro alle sbarre.
Gli animali non hanno diritti come singoli individui
Gli animali non hanno diritti come singoli individui – non smetteremo mai di spiegarlo – perché non sono soggetti morali come gli esseri umani, cioè in grado di distinguere il bene dal male e di scegliere fra i due. Se fossero soggetti morali, avrebbero non solo diritti ma anche doveri; ma doveri gli animali non ne hanno, perciò non hanno nemmeno diritti. Nei loro confronti l’uomo ha il dovere di non essere crudele – cioè di non infliggere sofferenze immotivate o superflue ad esseri senzienti – e di non estinguere intenzionalmente le varie specie.
L’uomo ha il dovere di riconoscere l’alterità della natura, dalla quale lui stesso proviene e senza la quale non sussisterebbe, e quindi non ha il diritto di eliminare l’una o l’altra specie per intero. Ma proprio perché è anche parte del regno animale e della sua catena alimentare, ha il diritto di uccidere gli animali per le sue proprie necessità (alimentazione, incolumità, riti, eccetera), dentro ai limiti morali di un soggetto morale.
L’aggravante dell’antropomorfizzazione dell’orso
“Recludere” un orso perché ha ucciso una persona non è in nessun modo più rispettoso della sua vita animale che ucciderlo: se verrà recluso in una gabbia, sicuramente soffrirà di più che a essere soppresso. Con l’aggravante dell’antropomorfizzazione, che è un disconoscimento radicale della sua natura. Capisco che per la mentalità dominante oggi è difficile capirlo, ma rispetta di più l’orsità dell’orso un cacciatore che cerca di ucciderlo, mettendo in gioco nell’azione anche la sua stessa vita, che non un animalista che si batte per evitare la sua uccisione come se si trattasse di un essere umano condannato alla sedia elettrica in Texas. Il primo riconosce l’alterità dell’orso rispetto all’umano, il secondo la mistifica.
L’inutile e dannoso attivismo umano
Come molti altri programmi di ripopolamento di animali selvatici nel mondo, Life Ursus prevede – fatelo sapere ai giudici del Tar di Trento – l’eventualità della rimozione degli individui che si sono dimostrati pericolosi, e anche il loro abbattimento a protezione della pubblica incolumità. Dovrebbe essere ovvio che chi si è assunto la responsabilità di immettere nell’habitat animali pericolosi per l’uomo si è anche dato gli strumenti per contrastare tale pericolosità, compresi quelli estremi. Ma resta da chiedersi se tutti questi programmi di ripopolamento della fauna giovino veramente alla biodiversità e a una vita più naturale per uomini e animali. Non si vuole fare di tutta l’erba un fascio, ma sta di fatto che i cambiamenti climatici e lo spopolamento di vaste aree di territorio stanno già inducendo fenomeni di colonizzazione da parte di vecchie e nuove specie di fauna.
Lupi, orsi e linci stanno già ripopolando spontaneamente l’arco alpino e la catena degli Appennini, lo sciacallo è arrivato da tempo in Italia dalla soglia di Gorizia ed è già sceso sotto il Po. Altre sorprese arriveranno nei prossimi anni. C’è proprio bisogno di tutto questo attivismo umano finanziato con denaro pubblico, quando la natura sta già provvedendo da sé a manifestarci la sua vitalità indomabile? Ritrarsi, astenersi dai propri progetti, lasciare l’iniziativa alla natura e interagire con le realtà che spontaneamente si presenteranno: non sarebbe meglio piuttosto di questa prometeica volontà di dirigere la natura, travestita da animalismo, ecologismo, naturalismo?
Foto Ansa
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