Parigi. C’è un motivo ben preciso per cui la Francia di Emmanuel Macron guida il fronte europeo contro le sanzioni a Rosatom, ossia il colosso dell’atomo russo: oltre il 40 per cento dell’approvvigionamento di uranio naturale di Parigi proviene dal Kazakistan e dall’Uzbekistan, Paesi in cui la quasi totalità dell’uranio naturale è controllata da Rosatom, e nel 2022 un terzo dell’uranio arricchito necessario al funzionamento delle sue centrali nucleari è arrivato dalla Russia. È quanto emerso da un rapporto dettagliato di 99 pagine della ong Greenpeace, secondo cui dietro “l’intoccabilità” di Rosatom ci sarebbe la mano della Francia e il suo bisogno vitale dell’uranio russo.
«Nucleare e sanzioni, la Francia dipende da Putin»
«Contrariamente a ciò che affermano i difensori dell’atomo, la dipendenza della filiera nucleare francese dalle autorità russe è immensa», afferma nel documento Greenpeace. Nel dettaglio, è il 43 per cento dell’uranio naturale a essere di provenienza kazaka e uzbeka. Uranio che viene trasportato attraverso dei convogli ferroviari fino al porto di San Pietroburgo, e in seguito caricato su delle navi cargo dirette in Francia sotto il controllo di Rosatom. «Questi trasporti possono essere effettuati solo in seguito all’ottenimento di una licenza rilasciata da Rosatom», sottolinea l’inchiesta. Durante tutto il 2022, mentre l’inquilino dell’Eliseo faceva la voce grossa contro Mosca e invitava ad inasprire le sanzioni, i cargo russi pieni di uranio continuavano ad attraccare nei porti francesi.
«Un ballo incessante tra San Pietroburgo e Dunkerque», ha commentato Pauline Boyer, responsabile della campagna sulla transizione energetica per Greenpeace. A bordo delle navi cargo in provenienza da San Pietroburgo, c’è l’uranio naturale, ma anche l’uranio arricchito russo. «È uno scandalo che la Francia continui a collaborare con Rosatom. La dipendenza creata da Rosatom è analoga a quelle prodotte dalle aziende del gas e del petrolio. Dovrebbe essere trattata allo stesso modo», tuona la ong.
I rapporti di Parigi con Mosca
Rosatom, fondata nel 2007 da Vladimir Putin per mettere a sistema le imprese operanti nel settore, è un’azienda pubblica che si occupa di tutti i processi di produzione dell’energia nucleare, dall’estrazione dell’uranio fino alla costruzione delle centrali. E oltre a vendere e distribuire in Francia l’uranio, Rosatom gestisce in Siberia l’unico impianto al mondo capace di riciclare l’uranio scaricato dalle centrali francesi. L’aspetto più imbarazzante è che la Francia, lo scorso anno, non ha soltanto continuato a importare l’uranio arricchito russo, ne ha triplicato le importazioni in termini di volume: 312 tonnellate, ossia il terzo della quantità necessaria al funzionamento delle sue centrali nucleari per un anno.
Come riportato dal Monde, già a novembre diverse inchieste avevano evidenziato che, nonostante le smentite dell’Eliseo circa una dipendenza di Parigi dal savoir-faire russo, il gruppo francese Orano (multinazionale che opera nel campo dell’energia, specialmente quella nucleare) continuava a spedire in Siberia l’uranio per essere riciclato: riciclaggio che per Parigi è fondamentale, poiché permette di abbattere drasticamente i costi di gestione. Lo è a maggior ragione in questo momento, con Edf, il colosso nazionale dell’energia, alle prese con metà del parco reattori fermo per manutenzioni dovute all’usura e sommerso da una montagna di debiti.
E la sovranità energetica?
«Come prima della guerra, la rotta dell’uranio continua a passare essenzialmente dalla Russia. Sono in fase di studio altre opzioni, ma non sono ancora state messe in pratica», ha detto al Monde un portavoce di Orano. Contattata dal quotidiano parigino, Edf ha spiegato che i trasporti in materia nucleare vengono organizzati in cooperazione con lo stato francese e che le informazioni sono confidenziali: «Edf massimizza la diversificazione delle sue fonti geografiche e dei suoi fornitori. Non siamo dipendenti da alcun sito, da alcuna società e da alcun paese per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento in termini di combustibili». Una risposta fumosa, evasiva, che conferma le ambiguità della Francia nei confronti della Russia: altro che la tanto sbandierata “sovranità energetica”. Le sanzioni sono importanti, dice Macron. Basta non toccare il nucleare francese.
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