Un lungo corteo, con le pentole in mano come nel 2000, quando il governo dichiarò bancarotta. Nel mirino Cristina Fernandez de Kirchner (nella foto), vedova di Néstor Carlos Kirchner, cinquantaquattresimo presidente argentino e suo predecessore alla Casa Rosada, incontrato a una manifestazione della Joventud peronista. Studi universitari in giurisprudenza, militante fin da giovanissima nel Faep (Frente de Agrupacionés Eva Perón) è stata eletta nel 2007 con amplio consenso, e ha dichiarato orgogliosamente: «No soy pogre, soy peronista» (non sono liberale, sono peronista). Una manifestazione di decine di migliaia di persone la scorsa settimana ha invaso le strade di Buenos Aires: la Kirchner, infatti, da poco rieletta per il suo secondo mandato, sembra voglia modificare la Costituzione per concorrere a un terzo. La manifestazione è stata anche occasione per sfogare la rabbia dovuta alla situazione economica del paese, sempre più drammatica: l’inflazione, secondo fonti dell’opposizione, è al 30%, secondo il governo, invece, si attesta al 10%.
I DATI INAFFIDABILI DEL GOVERNO. A febbraio il settimanale brittannico Economist aveva spiegato che non si sarebbe più servito dei dati ufficiali forniti dall’Indec (Instituto Nacional de Estadística y Censos) argentino. Motivo? Gli uffici di statistica indipendente offrivano stime «a più del doppio dei numeri ufficiali» mentre ogni sede dell’Indec è «tappezzata di poster che sostengono la presidente». In sostanza il governo truccherebbe i dati reali, e in base alle stime di Pricestats (organizzazione con sede negli Usa) l’Argentina avrebbe invece uno dei tassi di inflazione più alti del Sudamerica. Inoltre, per evitare la fuga di capitali, il governo ha imposto numerosi limiti alle importazioni e alle esportazioni (chi vuole importare qualcosa, anche un souvenir da vacanza, deve infatti certificare di aver venduto in un paese straniero qualcosa dal valore corrispondente all’oggetto in questione). Inoltre la presidente ha preso la decisione di (ri)nazionalizzare l’impresa energetica YPF, controllata fino ad oggi dal colosso iberico Repsol. Una virata populista e nazionalista che sembra non piacere agli argentini.
VOTO AI SEDICENNI. La Kirchner, però, non sembra scomporsi. «Queste proteste non mi innervosiscono» ha dichiarato in un recente intervento televisivo, specificando che chi manifesta è evidentemente benestante, e quindi danneggiato dalle politiche in favore delle fasce deboli. «Bastava guardarli in faccia» ha dichiarato Al Buenos Aires Herald Juan Abal Medina, capo di gabinetto. «Non si tratta di una protesta spontanea, ma orchestrata dall’opposizione». Inoltre «in democrazia, chi è in disaccordo col governo, ha il diritto di riunirsi in partito politico, correre per le elezioni e vincere». Il calo di popolarità, però, sembra un dato di fatto. Decine di cartelli recitavano: «Cristina, il voto non dà l’impunità per le truffe morali o per distruggere l’economia». Ha destato ulteriore perplessità la volontà, espressa dal governo, di cambiare la legge elettorale per dare il voto anche ai sedicenni. Anche perché sembra che nelle scuole, negli ultimi mesi, vengano inviati esponenti del partito kirchnerista (in cui milita tra l’altro il figlio della presidente) per “indottrinare” gli studenti.